Kurt Vonnegut
estratto da: Quando siete felici, fateci caso
[ed. minimum fax]
visto da qui, in una giornata grigia e ventosa di metà marzo,
mi sembra così chiaro; vero?
"Un’altra cosa che potreste fare, come optional, è rendervi conto che ci sono sei stagioni, non quattro. La poesia delle quattro stagioni è completamente sbagliata per questa parte del pianeta, ecco forse perché siamo quasi sempre così depressi. Insomma, spesso e volentieri la primavera non sembra affatto primavera, e novembre non c’entra niente con l’autunno, e così via. Ecco la verità sulle stagioni: la primavera sono maggio e giugno! Cosa c’è di più primaverile di maggio e giugno? L’estate sono luglio e agosto. Fa un caldo boia, no? L’autunno è settembre e ottobre. Le vedete le zucche? Sentite l’odore di quel falò di foglie secche. Poi viene la stagione chiamata «Chiusura». È il periodo in cui la natura chiude i battenti. Novembre e dicembre non sono l’inverno. Sono la chiusura. Poi arriva l’inverno, gennaio e febbraio. Accidenti! Quanto sono freddi! E poi cosa arriva? Non la primavera. La riapertura. Che altro potrebbe essere aprile?"
Kurt Vonnegut estratto da: Quando siete felici, fateci caso [ed. minimum fax] visto da qui, in una giornata grigia e ventosa di metà marzo, mi sembra così chiaro; vero?
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La regola aurea, valida per tutti [...]: non avere nella tua casa nulla che tu non sappia utile, o che non creda bello.
W. Morris da La bellezza della vita William Morris è stato uno dei padri del movimento Arts and Crafts, le affinità di questo movimento con il movimento Mingei, di cui ho parlato nel blog, sono piuttosto evidenti, non so se vale la pena approfondire perché, a differenza di quanto accaduto in Giappone, l'Ars and Crafts appartiene alla storia europea e credo che la sua storia e i suoi contenuti siano più noti comunque in rete è facile reperire materiale informativo, quello che mi interessa qui è aggiungere un piccolo tassello alla riflessione sul senso del nostro lavoro. «Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: "Salve, ragazzi. Com'è l'acqua?" I due pesci giovani nuotano un altro po', poi uno guarda l'altro e fa "Che cavolo è l'acqua?"».
David Foster Wallace Solo per dire che i periodi di (forzata) inattività anche se possono sembrare effetto di cause esterne (anche se sono effetto di cause esterne) consentono uno sguardo più distaccato su ciò che sto facendo come se il lavoro che vedo sviluppato qui sul blog o nei pezzi in lavorazione sia il lavoro di un altro e questo aiuta perché puntato sul lavoro mi capita di non vedere quello che ho intorno.
Riporto una citazione di Shoji Hamada
a me sembra piuttosto significativa Making pottery should not be like climbing a mountain; it should be more like walking down a hill in a pleasant breeze fare ceramica non dovrebbe essere come scalare una montagna; dovrebbe essere come scendere già da una collina con una piacevole brezza tempo fa avrei detto che si tratta di un'idea tipicamente orientale di interpretare il lavoro oggi credo che questa affermazione abbia un valore universale a patto, naturalmente, di accettare il fatto che dietro la leggerezza del gesto ci sia tutta la fatica per assimilare quel gesto. Sperduto tra i boschi del Kyushu, la più meridionale delle quattro grandi isole del Giappone, c'è un piccolo villaggio di montagna: Onta;
un luogo che sembra fuori dal mondo, quanto di più distante si possa immaginare dal moderno Giappone delle grandi metropoli, dei grattacieli, dei treni super veloci, della tecnologia avanzatissima; un luogo lontano 300 anni dal ritmo frenetico del resto del paese, un antico centro di produzione di ceramica artigianale che ha mantenuto integri il proprio sistema di vita e i metodi di lavoro attraverso i tre secoli dalla sua fondazione. Onta fu scoperta e portata alla notorietà da Soetsu Yanagi che qui ritrovò tutti gli elementi tipici del movimento mingei: produzione artigianale di ceramica funzionale per l'uso quotidiano, fattura di qualità, robusta e durevole, prezzi ragionevoli ed un forte legame al territorio. Yanagi raggiunse, per la prima volta, Onta nel 1931 dopo aver visto alcuni pezzi tipici di questa produzione in vendita in un negozio di Fukuoka. Arrivò a piedi perché all'epoca praticamente non c'erano strade asfaltate che raggiungessero il villaggio. Onta fu fondata nel 1705 da tre ceramisti: Yanase, Sakamoto e Kuroki, che individuarono, in questo luogo, la presenza degli elementi necessari alla produzione della ceramica: l'argilla, naturalmente di ottima qualità e facile reperibilità; i boschi che avrebbero garantito la legna per alimentare i forni; un fiume che avrebbe fornito l'acqua e l'energia per macinare l'argilla. I tre diedero vita ad un sistema unico per la produzione della ceramica che mantiene ancora oggi inalterate le proprie peculiarità. Oggi, a Onta, vivono dieci famiglie, ognuna con un proprio laboratorio, un proprio forno ed un negozio, tutte discendenti direttamente dai tre fondatori, che lavorano rispettando le stesse regole di 300 anni fa; le conoscenze sull'arte della ceramica vengono tramandate di padre in figlio secondo uno schema sociale di tipo patrilineare; ad ogni famiglia è consentito il possesso di soli due torni in laboratorio, a causa della produzione limitata di argilla, questo significa che quando il nipote è in grado di lavorare al tornio suo nonno si deve ritirare; si tratta di un limite che ha consentito e consente di preservare il territorio e la materia prima per le generazioni successive; le donne hanno un ruolo di supporto, di fatto conducono un lavoro molto duro che riguarda la preparazione dell'argilla, la trasportano dal luogo di macinazione alle vasche dove viene disciolta, ai trogoli fino ai forni di essiccazione; ad Onta, tutt'oggi non vengono impiegati corrente elettrica e utensili azionati a motore in nessuna delle fasi produttive: per la macinazione dell'argilla si usa il kara-usu, un meccanismo, composto da una trave di legno imperniata al centro ad un fulcro che ne consente l'oscillazione come fosse un'altalena, ad un capo è fissata una sorta di secchio di legno dall'altro capo c'è un martello: il secchio è riempito gradualmente dell'acqua corrente del fiume, riempiendosi si abbassa, quando è in basso si svuota rapidamente, consentendo la caduta del martello sul cumulo di argilla da macinare; il kara-usu emette un tipico rumore: un lungo cigolio seguito da un colpo secco, l'insieme di questi meccanismi, costantemente in funzione, scandisce il ritmo in tutto il villaggio da tre secoli ed è stato codificato tra i cento suoni tipici del Giappone. Anche la tecnica usata al tornio è un elemento caratteristico, mentre i moderni ceramisti centrano una palla di argilla sufficiente a tirare su un pezzo nella sua interezza, qui iniziano con la quantità di argilla sufficiente a realizzare la base inferiore del pezzo al quale aggiungono un rotolo di argilla per foggiare la parte superiore. Questo metodo è detto neritsuke ed è un ibrido tra la lavorazione al tornio ed il colombino. È una tecnica che richiede particolare maestria nel gestire la velocità della ruota del tornio che, naturalmente, è a pedale. L’argilla di Onta è molto liscia, dal colore giallo bruno, che in cottura vira sul marrone scuro per l’alto contenuto di ferro; insieme all’ingobbio, che in cottura diventa color crema chiaro, Ontayaki è molto apprezzata per le stoviglie perché, si dice, esalta il colore del cibo. La produzione prevede diversi stili decorativi tra i quali: chatter marking o tobi-kanna, una tecnica realizzata mediante l'uso di una lama metallica flessibile che salta (quasi vibra) sulla superficie del pezzo, mentre questo gira sul tornio, lasciando una serie di incisioni regolari; lo uchi-hakeme una decorazione a pennello con cui si passa un ingobbio bianco molto grezzo che copre solo parzialmente la superficie; la yubi-kaki con cui si generano motivi decorativi passando le dita sull'ingobbio ancora fresco così da rimuoverlo lasciando trasparire il colore sottostante. Le decorazioni sono realizzate prevalentemente con ossido di ferro su ingobbio bianco. Un'altra peculiarità è l'assenza di firma sui pezzi, di fatto non è consentito ai ceramisti di Onta di firmare la ceramica di propria produzione, la ceramica prodotta qui è unicamente e semplicemente Ontayaki, anche questo, credo sia stato apprezzato da Soetsu Yanagi insieme agli aspetti generali, lo stile di vita tradizionale e l’approccio semplice alla ceramica aderivano perfettamente alla visione della produzione artigianale di Yanagi espressa nella definizione del movimento mingei. Anche Bernard Leach ha visitato questo luogo diverse volte tra gli anni ’50 e ’60 ampliandone la notorietà e lasciando qualche traccia del suo passaggio come, ad esempio, l'impiego del manico. (vedi post del 28/9/2014) Mi rendo conto,
la descrizione sommaria e superficiale di un movimento sviluppatosi in Giappone nella prima metà del secolo scorso può sembrare cosa stravagante, ad essere buoni, altrimenti inutile o peggio... Però un punto di arrivo, che credo sia sensato, ce l'ho, quindi, avanti. Yanagi Soetsu nel 1926 fa un viaggio in Corea, di solito le cronache omettono di dire che nel frattempo la Corea era stata dichiarata, direi suo malgrado, una colonia giapponese; particolare irrilevante per chi vuol sapere del movimento Mingei? non lo so; comunque, quello che YS vede lì è un artigianato vivo, un artigianato fatto da gente comune che produce per gente altrettanto comune, YS non è interessato ad artisti affermati che creano pezzi pregiati e nemmeno alla creazione degli utensili per la cerimonia del tè, tradizionalmente riservati alla nobiltà, ai ceti ricchi o destinati all' esportazione; è attratto, piuttosto, dalla produzione artigianale di oggetti per uso quotidiano. Si tratta di un'idea che si sviluppa chiaramente in contrasto ai principi della produzione su vasta scala di tipo industriale, altrettanto chiaramente l'embrione deve essere nel movimento, prima inglese, poi europeo, denominato Arts&Crafts; si prefigge di difendere e rilanciare l'artigianato tradizionale, tutto quel bagaglio di conoscenze tecniche che aveva garantito per secoli la produzione di stoviglie, tessuti, lacche, oggetti in legno per tutti i ceti sociali. Si trattava di salvare le tradizioni popolari, non per mera conservazione ma per dargli un senso nuovo, compatibile con le esigenze di una nuova epoca. Pare che succeda sempre quando grandi e profonde trasformazioni sono in atto. Tanizaki dice che nei decenni a cavallo tra il XIX e il XX secolo, in Giappone, sono avvenuti più cambiamenti di quanti non ne siano avvenuti nei quattro o cinque secoli precedenti. In estrema sintesi YS fa alcune cose: nel 1924 fonda il Korean Folk Crafts Museum dove raccoglie la produzione artigianale di quel paese; nel 1926 dichiara formalmente la nascita del movimento mingei insieme ai ceramisti Hamada Shoji e Kawai Kanjiro; nel frattempo inizia la raccolta di materiale in giro per tutto il paese: umili stoviglie, poco apprezzate spesso dimenticate su scaffali polverosi, prodotti artigianali generalmente di epoca Edo e Meiji (diciamo tutto il nostro '800); in questi anni scrive il testo con cui getta le basi filosofiche del movimento mingei (tradotto in inglese da Bernard Leach col titolo "The Unknown Craftsman") con questo libro si propone di spiegare, dal punto di vista di un giapponese, che la vera bellezza può essere trovata solo in oggetti creati con uno spirito di innocenza, di altruismo e in stretta armonia con la natura; una bellezza insita e innata in opere semplici come sono gli oggetti quotidiani quali stoviglie, mobili, tessuti; nel 1936 fonda a Tokyo il Japanese Folk Craft Museum detto Mingeikan, il museo delle arti popolari giapponesi dove raccoglie la sua collezione degli oggetti di antiquariato raccolti in tutto il Giappone. Con sintesi wikipediana, i criteri caratterizzanti dell'arte e dell'artigianato mingei sono più o meno questi:
Nella prossima puntata cercherò di sviluppare meglio questi principi. Ricapitolando, il movimento mingei, così come l'Arts and Craft, rappresenta la reazione culturale ai grandi cambiamenti sociali in atto; non nega la modernità ma a contempo afferma un nuovo senso di identità nazionale giapponese; afferma l'idea che umili prodotti artigianali possano essere intrinsecamente belli; sostiene il recupero dell'artigianato popolare di precedenti epoche come punto di partenza per la nuova produzione artigianale; promuove la creazione di vaste collezioni raccolte in musei così da favorire la conoscenza collettiva; avvia l'ambizioso tentativo di convincere le classi medie ad adottare un nuovo stile di vita ibrido che combina entrambe le caratteristiche giapponesi e occidentali. Forse sto arrivando al punto... Nota
ho aggiornato il post del 5 ottobre scorso Mingei 1 - Introduzione perché nel testo pubblicato mancava una parte. La parola Mingei deriva dall'abbreviazione di due parole giapponesi: minshuteki kogei che significano "artigianato popolare" ed è stata coniata nel 1926 da Yanagi Soetsu (YS da ora in poi). YS è colui il quale ha concepito l'intero movimento mingei; in realtà lo ha fatto insieme a due ceramisti: Hamada Shoji e Kawai Kanjiro, che poi, probabilmente non si può prescindere nemmeno da Bernard Leach, l'inglese che amava la ceramica e viveva in Giappone; anzi, a pensarci bene, non si può fare a meno di pensare che YS abbia letto di quelle idee che circolavano già da qualche decennio in Europa, idee nate in Gran Bretagna nella seconda metà del XIX secolo raccolte sotto l'etichetta di Arts&Crafts, YS non era sicuramente a digiuno delle esperienze di William Morris e John Ruskin non poteva non rendersi conto del fatto che la rivoluzione industriale stava travolgendo il Giappone dell'inizio del '900 così come aveva fatto in Inghilterra il secolo precedente. YS apparteneva ad una famiglia agiata, quindi ha potuto dedicarsi agli studi, e ha studiato, da giovane, la cultura occidentale: l'arte, la scienza, la letteratura, la filosofia, lo ha fatto perché in quegli anni in Giappone, oltre alla rivoluzione industriale, era in corso un'altra specie di rivoluzione: l'occidentalizzazione. Credo di aver capito che all'inizio del '900 i giapponesi considerassero tutto ciò che aveva dato forma alla vita quotidiana, gli oggetti, gli usi, come vecchio e superato di fronte al nuovo che arrivava da occidente e questo, associato alla nuova capacità di produzione industriale di merce a basso costo e largo consumo aveva come conseguenza il rapido abbandono di cose, anche quelle di uso quotidiano, come potevano esserlo, ad esempio, le stoviglie. In quattro righe sono usciti fuori tre, quattro temi sui quali sono stati scritti e si scrivono interi trattati: l'Arts and Crafts, la rivoluzione industriale, l'occidentalizzazione del Giappone. Comunque, con una certa faccia tosta decido di procedere come se nulla fosse, tanto probabilmente nessuno è arrivato a leggere fin qui. Mingei
la parola è venuta fuori qua e là nei racconti del viaggio in Giappone, così mi sono ripromesso di parlarne, certo, con la consueta superficialità, e allora ho iniziato a fare qualche ricerca, ho letto qualcosa, mi serve giusto l'essenziale, pensavo, poi lo elaboro e ne faccio una sintesi; ma non ha funzionato. Del resto, si sa, per fare un buon riassunto di un certo argomento è necessario capirlo, chiarirsi prima le idee; il punto è che più vado avanti più si aprono strade, richiami storici, collegamenti culturali, significati antropologici, insomma, la mia superficialità è messa a dura prova, il mio bagaglio culturale appare del tutto inadeguato. E' chiaro, sto mettendo le mani avanti, ma qualche cosa, comunque, la voglio tirare fuori. Sicuramente, per sviluppare l'argomento saranno necessari più post ma ora non sono nemmeno in grado di scrivere un indice. Quindi il senso del post di oggi... be', credo che sia un modo per partire, uno stimolo, come dire, ecco, adesso ho iniziato, quindi devo andare avanti, in qualche modo. Più o meno lo stesso metodo con cui procedo nel presentare il lavoro vero e proprio, quello sulla ceramica, cerco di far vedere tutto, dagli schizzi iniziali fino alla produzione finale passando per le varie fasi, documentando più o meno tutto, anche le cose che non funzionano, i pezzi venuti male. Proverò anche qui lo stesso processo, spero di rendere l'argomento interessante e sennò pazienza. Concludo dicendo sul mingei solo due cose: si pronuncia con la g di gatto anche se non c'è la lettera h; si tratta di un movimento culturale e filosofico decisivo nello sviluppo delle arti applicate nel Giappone del XX secolo, sapere di cosa si tratta è importante per capire e apprezzare anche la produzione ceramica, dagli anni '20 del '900 praticamente fino ad oggi, e non solo del Giappone. |
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Ottobre 2023
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