Nel post del 9 settembre scorso ho accennato a questo particolare motivo decorativo detto uma-no-me, "occhio di cavallo" in italiano. Si tratta di una serie di ovali concentrici disposti intorno ad una circonferenza, di solito posta a cornice di piatti. Si tratta di un motivo tradizionale antichissimo, probabilmente non è nemmeno nota la sua l'origine, è un tipo di decorazione talmente ben codificata fin dalla più remota antichità che ha richiesto l'intervento degli antropologici per essere decodificato; ecco, gli antropologi, secondo uno degli studi più accreditati le cose starebbero così: per propiziare la pioggia, necessaria ad buon raccolto, bisognava assicurarsi i favori dei dragoni, che vivono nell'acqua, ai dragoni piacciono le cavalle, mettere delle cavalle sulle rive dei fiumi, però, era un problema poiché queste erano una delle principali forze da lavoro e quindi, furono sostituite dalle raffigurazioni dei loro occhi; chiaro? spero di si; vero? probabile; quanto meno verosimile; gli antropologi ricercano motivi pratici, legati alla vita quotidiana, per spiegare aspetti culturali. Il signor Osugi (che si legge con la g di gatto, noi scriveremmo Osughi) però, ha un'idea diversa; probabilmente diversa, non è un argomento facile; (tutte le foto di questo post riprendono il suo negozio, sotto c'è lui *); Osugi, dicevo, ci ha dato un'altra possibile interpretazione della decorazione a occhio di cavallo: secondo lui potrebbe trattarsi di una rappresentazione del cosmo; il signor Osugi non è antropologo ma ha passato la sua vita tra le ceramiche e si direbbe che lo abbia fatto con grande passione, il suo punto di vista è più che rispettabile; così è difficile, se non impossibile, sapere quale lettura sia quella vera, e magari è possibile che in qualche modo siano vere entrambe, comunque non è interessante fare confronti, quanto, invece, lo è ascoltare storie diverse. Osugi, inoltre, ci ha spiegato che, tradizionalmente, questi piatti avevano 3 o 5 o 7 occhi e che normalmente erano utilizzati in particolari cerimonie legate ai riti di passaggio dall'infanzia all'età adulta. Nei piatti contemporanei, però, questa regola del numero dispari sembra si sia persa. **]+* Se una o più foto pubblicate in questo post dovessero ledere i diritti e/o la privacy dei soggetti ritratti sarà sufficiente darcene comunicazione e le foto saranno immediatamente rimosse.
Dal nostro viaggio abbiamo riportato anche qualche nuovo libro Come dice il titolo, tutto quello che si sta facendo a Karatsu e i protagonisti contemporanei. Un libro che presenta le raccolte di stoviglie (ceramica, vetro e lacca) di appassionati del settore. Il testo e completato da note sui ceramisti che hanno realizzato i pezzi presentati. Una bella raccolta di foto dei lavori di giovani ceramisti che si rifanno alla tradizione mingei, completata di note sui ceramisti che hanno realizzato i pezzi presentati. Questo libro e il precedente sono molto interessanti perché presentano le ceramiche... come dire... nel loro ambiente, nello svolgimento delle proprie funzioni. Si torna ad un concetto di cui ho già fatto cenno: le stoviglie in ceramica, per essere apprezzate al meglio, devono stare sulle tavole, coi cibi dentro, più che sugli scaffali. Raccolta di bottigliette e tazzine da sakè
Utile perché già da un po' stavo pensando di produrre qualche set di tazzine da caffè ... era chiaro... che poi ad una cerimonia del te non ci siamo mai andati, nemmeno a Kyoto, voglio dire, di chawan ne abbiamo viste e fotografate a decine, figuriamoci, qua e là le foto salteranno fuori, sicuro, ma quello che è interessante è la varietà di stoviglie; l'uso di tante forme e dimensioni diverse... era chiaro, stavo dicendo, che venisse una gran voglia di confrontarsi con tanta varietà; quindi il tema per il prossimo forno, più o meno, mi sembra chiaro. Qualche foto in più e i successivi sviluppi
come al solito nella pagina "Attualità" A circa 1000°Ci silicati basso fondenti (quelli che si sono formati durante la Decomposizione - vedi post precedenti) fondono e circondano i granuli di silice e i minerali della argille rimasti facendo diminuire la porosità.
La presenza di calcio nell'impasto argilloso o nello smalto produce composti tra questo e gli allumino-silicati, in particolare il metacaolino. Lo stesso accade per gli altri fondenti, quali sono gli alcali (Na e K). L’oggetto subisce un ritiro del 2 – 4 %, ma in alcuni casi può arrivare al 10%. In questa momento sono presenti sia la fase liquida che quella solida, la formazione di silicati rende sempre più rigida la fase liquida, che quindi, richiede temperature sempre più elevate per continuare il processo. Attorno ai 1200°C si completa la fusione dei silicati basso fondenti, mentre la metacaolinite inizia a decomporsi producendo silice e un allumino-silicato con struttura e composizione uguale a quella della Mullite naturale. A livello chimico, l'ossido di alluminio Al2O3, che fonde molto più tardi, agisce come una sorta di scheletro chimico quando la silice entra in soluzione, stabilizzando ulteriormente la massa di argilla. Questo ci aiuta a capire parte della magia: perché il pezzo non finisce squagliato sulla mensola del forno. Questi processi di fusione a temperature elevate che rendono l’argilla dura, vitrea e non porosa, vengono detti processi di vetrificazione. Se a questo punto aumentiamo ulteriormente la temperatura l’oggetto si affloscia e poi fonde trasformandosi in un liquido. Ogni argilla ha la sua temperatura di vetrificazione. Le terraglie tenere che contengono molte impurità, vetrificano a basse temperature, esse si afflosciano a temperature alle quali argille come il caolino non hanno ancora cominciato a vetrificare, ecco perché è importante cuocere l’argilla alla temperatura a cui raggiunge la massima durezza senza afflosciarsi e fondere. Questa è la cosiddetta temperatura di maturazione. Nell’oggetto di argilla le interazioni tra la porzione fusa e fluida e la porzione che rimane solida sono simili a quelle che si verificano in natura quando la lava vulcanica viene a contatto con rocce preesistenti (metamorfismo di contatto). Però i prodotti finali ottenuti, ossia le ceramiche, hanno i solito una composizione diversa da quella delle rocce naturali. Una delle poche eccezioni è costituita dalla Mullite, un minerale molto raro in natura e comune, invece, come componente delle porcellane e delle altre ceramiche che cuociono ad alta temperatura. La terracotta e le terraglie a bassa temperatura non sono cotte fino al punto di maturazione, quindi non arrivano a vetrificare completamente. Infatti restano porose, al contrario del grès e della porcellana che, se cotti fino al punto di maturazione, diventano impermeabili proprio perché perdono la porosità. Questo, però, non vuol dire che terracotta e terraglia perdono forza; un corpo argilloso poroso può essere molto resistente in virtù del legame vetroso che comunque si sviluppa tra le particelle. In conclusione, è importante capire il comportamento dell'argilla che si sta usando nei confronti del processo di vetrificazione in modo da portarlo avanti abbastanza da produrre la resistenza e il colore desiderati ma non tanto da produrre distorsioni. Quindi ognuno decide in modo arbitrario il grado di vetrificazione adatto al materiale a disposizione. Bisogna, poi, ener conto del fatto che alcune argille vetrificano entro un ampia gamma di temperature (ad esempio i grès), mentre altre entro limiti strettissimi richiedendo, quindi, un attento controllo della cottura (è il caso delle terraglie e delle terrecotte). Per una più approfondita conoscenza di questo processo è importante provare un’argilla a temperature inferiori e superiori a quella con cui si intende lavorare e a sottoporla a velocità di riscaldamento maggiori e minori di quelle di lavoro. Questo aiuta ad individuare la corretta modalità di cottura (velocità e temperatura massima) per l'argilla utilizzata. La cottura, allora, non è solo la fusione della silice e dei silicati in forma di vetro al fine di cementare un gruppo di rocce microscopiche, si tratta, piuttosto, di conversione e inversione della silice (di cui parlerò la prossima volta), dello sviluppo di nuovi cristalli come la mullite, dello sviluppo della chimica della fusione, della dissoluzione della silice e di una moltitudine di altre cose. Tutto ciò rende possibile la produzione di prodotti aventi una grande varietà di proprietà fisiche partendo dallo stesso pezzo di argilla, regolando soltanto la scheda di cottura. Ora viene la parte dura, riorganizzare tutta la massa di immagini di cose viste, fotografate, di chiacchiere con ceramisti, venditori, appassionati, le osservazioni sull'uso delle ceramiche nei ristoranti, e sul gusto nell'esporle nei negozi e nelle gallerie; si tratta, ora, di rivedere le foto e qualche schizzo cercare di ricordare quello che non abbiamo potuto fotografare, di scrivere quello che ci è stato raccontato; metabolizzare; inoltre, se non facciamo ordine subito poi dimentichiamo, inesorabilmente; spero di riuscire a dare una qualche forma a tutto questo, così da renderlo interessante e, quindi, pubblicabile. Tanto per dire, un giorno a Tokyo vediamo dei bei pezzi di ceramica in una vetrina nel quartiere di Ginza, un paio avevano un ché di familiare, Federica traduce la targhetta e scopriamo che sono due ciotole di Shimaoka. Shimaoka Tatsuzo (1919-2007) è uno dei grandi esponenti del movimento mingei, è stato nominato Tesoro Nazionale Vivente ... va bene, ne parlerò un'altra volta comunque è uno importante davvero così entriamo da Takumi dentro vediamo prodotti di artigianato popolare giapponese, al primo piano c'è quasi solo ceramica; scopriemo che era il negozio di Yanagi Soetsu; ecco, Yanagi è stato il teorico del movimento mingei, anche di questo dovrò parlare, comunque si tratta di un movimento d'arte popolare, tra i ceramisti c'era Hamada Shoji, Takumi era un luogo d'incontro per gli artisti mingei; dentro c'era proprio una mostra sul movimento mingei. Chi ama la ceramica giapponese capisce cosa sto dicendo per glia altri, se sono interessati, cercherò, appena possibile, di dare le informazioni basilari su questo movimento d'arte popolare e sui principali personaggi che lo hanno caratterizzato. Per concludere, nel prosieguo del viaggio ci siamo resi conto che attualmente, almeno a Tokyo, c'è una grande attenzione per il recupero di questo importante movimento artistico e molti giovani ceramisti stanno ripercorrendo e reinterpretando ciò che è stato fatto il secolo scorso.
Lasciamo Kyoyo;
prima di partire entriamo in un piccolo negozio di antiquariato vicino al nostro albergo che si rivela un posto magico; il signor Osugi un vecchietto curvo, con molta voglia di parlare, ci intrattiene raccontando e spiegando qualsiasi pezzo guardiamo, tra le centinaia ordinate sugli scaffali, lui ci dice qualcosa che lo rende interessante ottima tecnica mercantile ma pure grande passione. Lui ci lascia fare le foto, è cosa rara, addirittura nel mercatino domenicale sotto il tempio Toji non abbiamo potuto riprendere alcuni banchi. Comunque, della bottega del signor Osugi torneró a parlare. Intanto un piatto con decorazione a "occhio di cavallo" Che poi due cose,di quelle già note, ci hanno colpito Il fatto che le stoviglie giapponesi appaiano molto più belle quando sono all'opera, per così dire, quando contengono il cibo; a un certo punto ci siamo accorti che osservando un pezzo esposto su di un qualche scaffale o in vetrina, ci viene da immaginare con quale cibo stia meglio; l'altra cosa riguarda il gusto che hanno qui per gli accostamenti eterogenei è difficile che le nostre ciotole siano uguali tra loro e coordinate con le ciotolette e i piattini delle altre pietanze. Il risultato, per esempio, è questo vassoio servito in un'izakaya di Kyoto (l'izakaya è più o meno l'equivalente di una birreria con cucina). Mercatini a Kyoto Kyo yaki e raku yaki
e non e` poco yaki, diciamo che sta per ceramica, quindi, ceramica raku e ceramica kyo ma poi qui arriva il bizen, il tamba, i seto... tanto da vedere, poco da fotografare, vietato quasi ovunque peccato nella galleria della locale associazione ceramisti una gentile signora ci ha fatto un piccolo regalo, ha preso da una vetrina due chawan preziosissime di Shimizu e ce le ha fatte toccare, tenere in mano, non e` poco, Shimizu (credo si scriva cosi) e` stato patrimonio nazionale vivente ora non e` piu vivente e noi andiamo avanti |
AutoriVesuvioLab Archivio
Ottobre 2023
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