tutto ancora in potenza,
poi c'è la scelta degli smalti,
poi c'è il fuoco.
Tutto può e deve succedere.
Alcuni pezzi hanno già la strada segnata,
altri sono un qualcosa di simile ad un foglio bianco...
Alcuni pezzi per il prossimo forno: pezzi crudi, qualche biscotto; tutto ancora in potenza, poi c'è la scelta degli smalti, poi c'è il fuoco. Tutto può e deve succedere. Alcuni pezzi hanno già la strada segnata, altri sono un qualcosa di simile ad un foglio bianco... Tazzine per Laura Chawan e yunomi per Miya, Filippo, forse Maurizio...
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oggi avevo tra le mani un pezzo,
uno di quelli cotti nell'infornata del 30 aprile scorso, di quelli preparati per Open House. è vero, non ho scritto le consuete disamine sull'ultima infornata, confesso di non averne avuto voglia, succede, il fatto è che girando quest'oggetto tra le mani è accaduto un fatto: c'è che altre volte mi è capitato, osservando una ciotola, un piatto, fatti da me, di rivedere le mie mani mentre lo foggiano, o anche di ritornare al momento in cui l'ho rivestito, smaltato; oggi no, non proprio, oggi sulla superficie ruvida, grezza; sui bordi frastagliati e rotti; nella consistenza pesante e grossolana; nella decorazione solo abbozzata; in tutto questo ho rivisto le mie mani per quello che sono, come ritratte; in tutto questo c'è come vedo ora me stesso. non tragga in inganno la sequenza di aggettivi non proprio lusinghieri, mi piace questa ciotola, mi piace molto ma il punto non è questo, il punto è che mi rendo conto di quanto la realizzazione di un oggetto la si possa considerare riuscita quanto più esso è in grado di definire il suo artefice. lo so, è cosa ovvia, in via teorica lo sapevo già, volevo solo condividere un nuovo piano, direi emotivo, di comprensione di questo semplice concetto. Si tratta di un katakuchi cotto nel dicembre del 2013, lo ripropongo perché attinente la tema delle rocce naturali usate nella composizione degli smalti; non posso riprendere il vecchio post perché tutto ciò che ho pubblicato prima del giugno 2014 è andato perduto.
Due ciotole, due smalti simili, quasi uguali ...quasi. Tutte e due le ciotole sono realizzate con grès antracite, una, quella di sinistra nella foto in alto, senza piede, è fatta a pizzico e rifinita al tornio, l'altra è foggiata interamente al tornio. Non sono ingobbiate. L'aspetto caratteristico è che lo smalto è molto simile, si tratta di quello che chiamo il TKTG, il tenmoku secondo la ricetta Karatsu con terra di Tolfa. In questo caso ho utilizzato una versione con un contenuto di feldspato ridotto: Feldspato K 1/3 Cenere di legna lavata 1/3 Terra di Tolfa 1/3 Ossido di Fe rosso 8% La terra di Tolfa è presa in due punti poco distanti tra loro ed è l'unica cosa che differisce, a parte la forma, tra le due ciotole. Sul bordo di entrambe i pezzi c'è una colatura di Dry Yellow Ochre: sono quelle colature verdastre che si vedono meglio sulla ciotola senza piede. Si tratta di un rivestimento semi-lucido, di colore bruno-rossastro;
la ciotola senza piede ha delle venature verdastre mentre sull'altra tendono al grigio metallico. Il resto è un fatto di gusto individuale. Una ciotola corpo in gres grigio antracite ingobbio composto da gres bianco con 10% di ocra gialla smalto composto da: Peperino di Marino* 65% Cenere di legna lavata 25 Terra di Tolfa** 10 * roccia di origine vulcanica, un cugino dei tufi e delle pozzolane (non me ne vogliano i geologi) contiene la componente vetrosa (silicio) ed è ricco di quella fondente (alcali) ma, rispetto ad altre rocce vulcaniche, credo che la componente di allumina sia più scarsa, ecco perché favorisce le colature vetrose; ** roccia con forte componente di caolino, quindi molto refrattaria. Le colature, tipiche degli smalti di cenere, qui sono favorite dalle caratteristiche del Peperino, così in questa ciotola sono piuttosto abbondanti e sul fondo si è raccolto uno specchio di componente vetrosa. Il fatto è che il peperino di Marino sembra piuttosto fusibile per la presenza di alcali che fungono da fondente. Per ridurre le colature bisogna bilanciare meglio i componenti aumentando la quantità di roccia di Tolfa, ricca di caolino, quindi più refrattaria. In generale il caolino si usa negli smalti proprio per introdurre la componente stabilizzante (l'allumina). A seguire due ingrandimenti; da questi si dovrebbe apprezzare la grana un po' ruvida e la presenza di granuli; si tratta di minerali che non si sono fusi, credo si tratti di minerali di silicio contenuti nel peperino, ad ogni modo, per evitarli è sufficiente macinare la roccia più finemente. Per il resto... per avere un'idea più precisa, bisognerebbe affidarsi al tatto. Infine, per quello che conta, vorrei dire che a me 'sta ciotola piace;
osservandola, tenedola tra le mani rivela in qualche modo la sua origine vulcanica. Quando si dice un tipico smalto di cenere...
In attesa di concludere la realizzazione del forno, a proposito, dovrei scrivere sull'avanzamento dei lavori, in attesa, dicevo, studio e lavoro per la prossima produzione. I lavori in corso: un paio di coppie di don'buri per Momo - a cui devo molto di più che un paio di coppie di ciotole, ma adesso questo lo posso fare e so che a lei fa piacere; qualche piatto per la famiglia Aborigeni - qui vale più o meno il discorso di prima; c'è l'oliere per mamma alla quale sto già lavorando e di cui ho detto in un post di qualche tempo fa; qualche tazza, che poi c'è sempre qualcuno cha vorrebbe una tazza; infine devo preparare qualcosa per un evento a maggio... ma di questo non vorrei dire, un po' perché la cosa non è ancora definita e definitiva, un po' pure per scaramanzia. Qhuindi c'è da fare e, in effetti, qualcosa sto facendo. Prima di pubblicare le foto dei lavori in corso, che per la verità, al momento non ho, vi lascio questa pagina del mio taccuino dove ho appuntato un paio di note su di un'antica unità giapponese, il sun (circa 3 cm) che talvolta viene ancora usata proprio per piatti e ciotole e sulle dimensioni e le proporzioni tipiche utilizzate per la ciotola da riso Tipicamente le chawan avevano dimensioni di circa 12 cm di diametro (4 sun) e altezza di circa 6 cm (2 sun). Le dimensioni e la proporzione diametro/altezza hanno origine anatomica come spero si intuisca dai disegni.
Questa coppia è realizzata al tornio, in grès rosso chamottato;
l'ingobbio è realizzato con semplici pennellate di bianco dentro e fuori tipo hakeme; lo smalto è composto da uno strato sottile di Dry Yellow Ochre a cui è sovrapposto un velo di smalto Coreano, su alcune aree, soprattutto all'esterno, il rivestimento è così sottile da lasciar trasparire l'argilla e l'efferato, ovviamente, è arido mentre, dove è più spesso, crea chiazze verdastre; la cottura è la solita: cono9 in riduzione; la dimensione è sempre di 18-20 cm alla bocca. Interessante il raffronto con la coppia di don'buri di Disamina 2 che hanno lo stesso rivestimento ma sono realizzate con un grès differente e non hanno la pennellata di ingobbio. Tutte queste coppie di donburi hanno un diametro alla bocca di 18-20 centimetri.
I due pezzi di questa coppia sono realizzati al tornio in grès rosso; non c'è ingobbio; il rivestimento, dato sul biscotto, è competo da uno strato sottile di TKTG (tenmoku tipo Karatsu con terra di Tolfa Gialla) su cui è sovrapposto un nuka dato con un certo spessore; la cottura, come per tutti gli altri, è in riduzione a cono 9. Questa coppia è realizzata al tornio, in grès;
non c'è ingobbio, il rivestimento è composto da uno strato sottile di Dry Yellow Ochre a cui è sovrapposto un velo di smalto Coreano che, dove è più spesso, crea le chiazze grigio-verdi; la cottura è la solita: cono9 in riduzione. |
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Ottobre 2023
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