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Alabastron, una forma ritrovata

9/5/2025

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Alabastron
Nome: Una forma ritrovata
Corpo in gres a grana fina; modellato a tornio e colombino.
Privo di ingobbio.
Smalto Dry Yellow Ochre di J. Jelfs.
Cottura in forno a gas. Cono 10 in riduzione
Supporto in ferro forgiato da Martino Stenico
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Il racconto di una bottiglia

8/12/2024

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Bottiglia
Nome: La mappa degli eventi
Corpo in gres a grana media modellato al tornio
Ingobbio: caolino/ball clay 50/50 + Ossido Ferro Rosso 8%
Smalto Dry Yellow Ochre di John Jelfs (tutto il carb. Ca sostituito da cenere di legna lavata)
​Cottura: in forno a legna - Cono 10 - Riduzione
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Piattone

22/5/2022

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​Ampio, irregolare, aperto.
Impasto refrattario a grana media/grossolana.; colore nocciola. 
Foggiatura veloce, senza ripensamenti, senza ritocchi sulle crepe che si aprono lungo il perimetro.
Tre strati di smalto nuka dato a getto che rivelano le successive sovrapposizioni.
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Cratere #2 - Prima prova

8/5/2022

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Un primo passo nella ricerca di un equilibrio soddisfacente tra forma, colore e tessitura superficiale.
Devo dire che le forme mi piacciono e rispondono agli obiettivi del progetto. Anche la tessitura superficiale mi pare che vada bene. Sui colori non so. Rispondono al requisito di "vulcanico" che l'oggetto cratere richiede ma non sono del tutto convinto. Quindi il prossimo tentativo dovrà essere rivolto proprio a questo aspetto. Vedremo ...

Entrambe le ciotole hanno un rivestimento a base di roccia vulcanica. in fondo sempre di crateri parliamo.

Intanto qui abbiamo la Parabola di Nanni Valentini rivisitata.
Avevo bisogno di una forma semplice, adatta a evidenziare la figura (il disegno) lasciando alla materia una funzione di mero supporto alla figura stessa. La Parabola di Valentini mi è sembrata particolarmente adatta allo scopo.
Corpo in gres a grana fine con aggiunta un po' di refrattaria a grana media per dare struttura.
ingobbio: non presente.
Rivestimento: un velo di irabo su tutta la superficie, interna ed esterna, composto da due parti di trachite del Cimino e una di cenere di legna. All'interno uno smalto saturo di ferro. Unghiata di tufo sul bordo.
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La seconda ciotola, il mio Cratere, ribalta l'ordine delle priorità rispetto alla Parabola ed esalta la materia rispetto al disegno. Si tratta di una forma che ho già realizzato e comincio a sentirla mia.
Corpo: gres refrattario a grana media ricco di ferro.
Ingobbio: hakeme (pennellate a spirale dentro e fuori.
​Rivestimento: un velo di irabo su tutta la superficie, interna ed esterna, composto da due parti di trachite del Cimino e una di cenere di legna. Solo all'interno una passata di smalto sempre a base di trachite del Cimino (qui c'è anche quarzo). Ditate di Dry Yellow Ochre.
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CRATERE al ME.SIA S.PACE

6/6/2021

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Venerdì abbiamo inaugurato la vetrina al ME.SIA S.PACE col mio "Cratere - Ceramica, ferro e vulcano". (vedi post precedente).Diverse condizioni di luce (naturale e artificiale) restituiscono diversi riflessi cromatici. 
Il rosso sul basamento di ferro e quello della ciotola all'interno del cratere sono di rame. Tutto il resto è ferro.
Il basamento è stato realizzato da Martino Stenico, fabbro.
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Due pezzi simili

8/9/2020

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Due pezzi simili.
​Ne avevo già fatto uno di questo genere tempo fa ma un giorno, esposto ad un mercato, lo hanno fatto cadere; ci sono rimasto male e ho voluto rifarlo.
Già che c'ero l'ho riprodotto in due versioni.

Le due ciotole rappresentano una delle più sincere espressioni del mio modo di fare ceramica.

Ciotola A

La prima è più o meno una replica dell'originale, per quanto sia possibile riprodurre a memoria un oggetto volutamente irregolare. Si tratta di una grossa ciotola bruno-nerastra, ruvida e slabbrata, decorata all'interno da una pennellata di ingobbio bianco che, all'esterno, produce solo colature. All'interno ci sono anche macchie giallastre. Lo smalto, sottilissimo, impercettibile, è quello che chiamo "corano" ed è composto semplicemente da cenere di legna, feldspato e quarzo.
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​Avete mai visto la roccia lavica di recente formazione, ancora ruvida, nerastra, screpolata?
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Ciotola B

Nella seconda versione ho sostituito l'ingobbio tradizionale con porcellana. Si tratta di una modalità nuova, per me, che ho utilizzato anche in un vaso della stessa infornata (vedi foto del 27 agosto 2020 sulla pagina Instagram di Cono9 "amarvicio"). Qui lo smalto è uno Jun dato sempre piuttosto sottile, non sottilissimo, ma abbastanza per restare trasparente e non riuscire a sviluppare il suo tipico colore azzurro, ad eccezione di un pallido alone dove un po' meno sottile (temo che in foto questo effetto cromatico non appaia).
Il ritiro in cottura della porcellana, decisamente maggiore rispetto a quello dell'argilla del corpo, produce una marcata  screpolatura. Quasi una pelle squamosa.
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Forno di maggio - Studi

20/7/2019

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Daniel Rhodes negli anni '70 ha scritto un testo didattico dal titolo Pottery Form.
Si tratta di un testo notevole per la semplicità con cui trasmette le basi necessarie a comprendere e a gestire le forme delle tipologie più comuni della ceramica funzionale.
Ci tengo a sottolineare i due obiettivi: comprensione e gestione.
Rhodes parla con chiarezza, scompone i pezzi negli elementi costitutivi e ciononostante riesce a dare la visione d'insieme dell'oggetto. Lo fa con un linguaggio discorsivo, riducendo all'essenziale gli argomenti.
Un modo di raccontare il lavoro di realizzazione di ciotole, piatti, brocche che è ben rappresentato dalle foto in bianco e nero che ritraggono pezzi in ceramica nuda, illuminati in modo da evidenziare, con i chiaroscuri, le forme e i volumi; foto silenziose ed eloquenti. Purtroppo in rete, a parte la copertina, non ho trovato publicate immagini del contenuto e nemmeno io posso pubblicare quelle dalla mia copia del libro; che sono protette da copyright.
Non so se oggi esistano testi così efficaci. Quello che Rhodes riesce a fare è potenziare gli elementi fondamentali del lavoro ricordando, contemporaneamente, al lettore, che il ceramista, l'apprendista, ha la responsabilità di fare proprie le informazioni e svilupparle in un linguaggio personale.
E' probabile che l'efficacia del testo si esplichi particolarmente se chi lo legge ha già un'idea del lavoro con la ceramica.
Per esempio, a proposito del piede delle ciotole, Rhodes dice:
  • Bowl (foto). This is the "rice bowl" type. The profile is a rather taut S curve. The trimmed foot is wide enough for stability but narrow enough so as not to interrupt the sweep of the bottom.*
Chi fa ceramica, chi si è cimentato nella modellazione di ciotole, può capire quanto una frase così semplice, se da un lato fornisce una spiegazione chiara e ben definita di come debba essere largo il piede, dall'altro ci spinge a riflettere su elementi che sono qualitativi.
Ecco, una caratteristica del suo modo di spiegare è che non pone le questioni adottato un punto di vista quantitativo, non fornisce misure o proporzioni ma sempre elementi qualitativi; si preoccupa, insomma, di come le cose appaiono all'occhio.
La decisione sulla stabilità della ciotola; la scelta sul punto esatto in cui la curva è compiuta e, quindi, può essere interrotta senza danno estetico, sta a chi realizza la ciotola. All'occhio e alla sensibilità del ceramista. La responsabilità delle scelte non può averla il maestro. Chi insegna deve fornire i criteri di scelta e mi sembra che Rhodes lo faccia.
Un testo degli anni '70 che, secondo me, ancora funziona.
* Traduzione approssimativa:
​Ciotola. Questo tipo è detto "ciotola di riso". Il profilo è una "curva S" piuttosto rigida. Il piede è abbastanza largo per garantire la stabilità ma abbastanza stretto da non interrompere la curva del fondo.
Tutto questo per dire che Rhodes, nel suo testo, presenta, sinteticamente, quattro profili di riferimento per le ciotole. In particolare quelle che gli orientali chiamano ciotole da riso, ovviamente per l'uso a cui sono normalmente destinate.
I quattro tipi sono:
  • S curve;
  • modified S;
  • parabola;
  • straight and curved.
Qui di seguito riproduco maldestramente il disegno dello stesso Rhodes; disegno oltretutto deformato dalla fotografia. Poco male, qui conta l'idea di un profilo.
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La frase del testo di Rhodes, scelta come esemplificativa di un modo di presentare le cose, non è stata scelta a caso.
Nell'ultima infornata volevo elaborare una forma. Quando dico elaborare intendo, in modo piuttosto letterale, lo sviluppo di un'idea che già esiste; in questo caso non invento ma faccio mia una forma.
Ero interessato a una forma di ciotola che fosse più tozza - mi viene da dire più tarchiata - quindi bassa rispetto alla larghezza, col piede che segue questa tendenza.

Non è semplice perché quell'appello a non interrompere la curva con cui il fianco della ciotola va a chiudere sul piede mantiene una sua validità.
Quindi per arrivare ad un risultato soddisfacente ho dovuto prendere iniziando da carta e matita.
Quello che ne è venuto fuori è una forma che ho chiamato a bacinella.
Di seguito l'elaborazione grafica della mia bacinella con la frase di Duke Ellington (sostituendo looks a sounds) con cui ho deciso quale fosse la forma giusta per me:

"If it sounds (looks) good, it is good"

L'esito del lavoro lo si può osservare nel post precedente: Forno di maggio - Disamina 3.
Ovviamente, rispetto a quanto fatto nel post citato, dove parlavo principalmente della pelle della ciotola: del suo rivestimento, dell'aspetto finale, qui voglio sottolineare il profilo, la forma pura, le curve e i relativi raccordi.
Per questo, di seguito riporto le foto delle stesse ciotole del post precedente ma ritratte nude, prima della cottura.
Qui, insomma, cerco di raccontare il mio modo di procedere mostrando i passaggi chiave del processo.
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Tra le notazioni appuntate sullo schizzo ce ne sono giusto un paio da evidenziare:
  • parete leggermente curva. Più verso il piede, tesa verso la bocca;
  • bordo della bocca con o senza bordino esterno. Cmq non rientra all'interno.
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A titolo di esempio, qui sotto ci sono le foto di quattro ciotole che ho realizzato secondo i criteri di definizione del profilo indicati da Rhodes. 
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6 Piatti - Revisione 2

27/6/2018

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Ho rifatto i piatti.
Ne ho cinque perché uno si è rotto in fase di asciugatura e non ho avuto il tempo di rifarlo; poco male, mi interessava di più mettere a posto le cose dopo il disastro dell'ultima infornata - vedi post precedente del 11 maggio scorso.
Il Progetto
n. 6 pezzi
fognatura al tornio
diametro al finito 26 cm circa
​impasto: gres grigio
Le intenzioni
il Progetto è sostanzialmente lo stesso, ho aumentato un po' il diametro, già che c'ero, per accompagnare l'incremento dello spessore che invece, nelle intenzioni, serviva a ridurre le deformazioni.
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La Realizzazione
n. 6 pezzi
fognatura al tornio
diametro al tornio (appena foggiato) 28/29 cm
devo compensare il ritiro
gres grigio chamottato 
pennellata di ingobbito bianco (hakeme)
Un processo affidabile
Come dicevo, uno dei piatti è andato già in fase di produzione. 
Forse è rimasto al sole qualche ora... anzi, sicuramente è così perché è stato fatto come gli altri, solo che gli altri li ho rifiniti di sera e il grosso dell'acqua l'hanno rilasciata di notte.
Ma, dicevo, poco importa, quello che mi interessa è individuare un processo affidabile e, quindi, replicabile.
Siccome credo di esserci, penso che rifare il piatto mancante oggi non sia un problema.
Smaltatura e cottura
Smalto, uguale per tutti: Coreano.
Decorazione: schizzo doppio (due pennellini affiancati) uno di iron stain e l'altro di uno smalto vero e proprio saturo di ferro (vedi macchioline brune); una leccata di smalto jun sul bordo e qualche goccia di tea dust (macchie verdastre).
Cottura in riduzione a cono 9/10.
Una composizione complessa
Nel preparare questi piatti ho cercato di mettere insieme vari elementi in una composizione più complessa del solito, del mio solito, senza tradire la propensione a realizzare pezzi semplici, come già vissuti, già sporchi... penso alla pietra, al ferro ossidato, concrezioni...
Su ogni piatto, oltre alla terra di cui è fatto, c'è un ingobbio, macchie di ossido, lo smalto di base e altri tre smalti; in totale concorrono e interagiscono 6 elementi; sei materiali; sei colori.
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L'essenza
La mano di smalto coreano (io lo chiamo così perché è la rielaborazione dello smalto proveniente dalla tradizione pungh'ong), che di solito è un velo uniforme e molto sottile, qui è data apparentemente con meno attenzione, è sempre sottile, anche se non sottilissima, e irregolare, con tanto di colature. 
Nella foto sotto, la colatura bianca che scorre sotto la falda del piatto non è ingobbio (come il bianco sulla faccia superiore) ma una goccia di smalto che, dove più spesso, tradisce la sua essenza feldspatica a quarzosa.
Sempre dalla foto sotto si rivela l'interazione dello smalto con l'argilla, all'altezza del piede si può vedere il cambio di colore tra argilla rivestita di smalto e argilla nuda; il "coreano" sottile è trasparente, nel senso che lascia passare la luce, ma modificando il colore.

Foto
Non sono tutte rose
Un difetto comunque c'è. Un paio di piatti si sono leggermente deformati. Quello della foto sotto nemmeno tanto leggermente.
Non si tratta di una deformazione che deturpa il pezzo ma è pur sempre un'anomalia non cercata.
Qui il problema è legato al passaggio da cono 9 a cono 10 che sto adottando nella mia scheda di cottura. Alcune argille, anche tra quelle che uso da anni, tollerano male questo incremento di temperatura e basta uno spessore più sottile o una forma più delicata (come le falde di un piatto) per mandarle in crisi.
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Un confronto impietoso
A seguire due foto, la prima con un pezzo proveniente dall'infornata del 11.5.2018 e la seconda con uno di quest'ultima.
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6 Piatti, storia di un fallimento

11/5/2018

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un lavoro facile...
La signora M qualche tempo fa mi ha chiesto di realizzare per lei un set di sei piatti. Per darmi un'idea di cosa voleva me ne ha mostrato uno, a mo' di prototipo, pure di mia produzione; quindi un lavoro facile... 

​Si tratta di un piatto del diametro di circa 22 cm realizzato con un grès grigio contenente una parte sabbiosa.a grana fina (25% 0 - 0,2 mm); decorato con una pennellata di ingobbito bianco (tipo hakeme) e rivestito da uno smalto semplice, quello che chiamo coreano, a base di cenere, feldspato e quarzo, dato molto sottile. Infine c'è uno schizzo di iron stain (macchie a base di ossido di ferro).
​Tutto qui. In effetti è un tipo di prodotto abbastanza collaudato.
Foto
Prototipo
Il Progetto
n. 6 pezzi
fognatura al tornio
diametro al finito 25 cm circa
​impasto: gres grigio
Liscio liscio
La prima difficoltà sorge alla consegna del grès, per un malinteso col fornitore non è quello contenente sabbia. Si tratta dello stesso grès  stesso produttore, ma è a grana fina, finissima, senza chamotte,  morbido, ben lavorabile al tornio ma manca la sabbia ed è un problema perché così viene meno quell'aspetto un po' ruvido che mi piace.
Non ho tempo per rifare l'ordine, decido di trovare una soluzione.
​Miscelo il gres grigio liscio liscio con un grès rosso ricco di sabbia a grana media (40% 0 - 0,5 mm).
Miscela al 10% di grès rosso e 90% di grigio.

​Penso che l'ossido di ferro contenuto nel grès rosso possa scurire un po' l'impasto ma, concludo, va bene così.
Foto
Non andava bene: troppo scuro
La Realizzazione
n. 6 pezzi
fognatura al tornio
diametro al tornio (appena foggiato) 27,5 cm
devo compensare il ritiro
gres misto: 90% grigio senza chamotte + 10% rosso a grana media
pennellata di ingobbito bianco
schizzo a base di ossido di ferro

Un po' di sperimentazione
Così li mando in cottura per il primo fuoco. Alcuni piatti, specie quelli realizzati per primi, hanno la falda un po' troppo sottile. Ho dovuto "tirarli" in fase di foggiatura per raggiungere la misura voluta, poi, mano a mano che andavo avanti col lavoro, ho aumentato la quantità di materiale. Sono passato da poco meno di due chili e due chili e due; gli ultimi avevano uno spessore più sostanzioso.

Naturalmente ho valutato che i primi, quelli sottili, non fossero troppo sottili. Solo che andavano meglio gli altri, quelli fatti dopo. Decido di tenerli tutti, in fondo non ho una grande familiarità coi piatti e ho pensato che fosse utile capire fino a che punto potessi spingermi con questo materiale e nelle condizioni di cottura che utilizzo nel mio forno. Un po' di sperimentazione, insomma.
Foto
Deformazione: fastidiosa, dolce ondulazione
andava benissimo
Decido di usare tre diversi smalti (sempre in ambito sperimentazione)

Non prima di aver grattato via la pennellata di ingobbito da quattro dei piatti: non ero convinto che tenesse in cottura, mi sembrava che non avesse legato con il grès sottostante... in realtà andava benissimo, come dimostra quello che ho lasciato sugli altri due piatti.


Smaltatura e cottura
Smalto:
2 pezzi - Jun Nigel Wood:  uno sottile / l'altro molto sottile 
2 pezzi - Jun Hamada molto sottile
​2 pezzi - Coreano + schizzo di tea dust
gli ultimi due sono quelli su cui ho lasciato lo hakeme;
​
su alcuni piatti ho fatto colare una goccia di jun al centro.
Dove ho tolto l'ingobbio è venuto via anche lo schizzo di ossido di ferro che ho sostituito con uno schizzo di smalto saturo di ferro.
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Le bolle più grandi - Smalto Jun Nigel Wood
offende il mio orgoglio
La sorpresa imprevista sono state le bolle. Che questi piatti potessero essere troppo scuri lo avevo messo in conto; che qualcuno fosse troppo sottile me lo aspettavo, ma le sbollature no, non me le aspettavo proprio. Chiaramente ho impastato male
i due grès, frettolosamente.
Mi chiedo se il grès grigio finissimo, privo di chamotte trattenga l'aria meglio di quelli a grana più grossolana, in fondo è un difetto capitato veramente di rado, eppure uso spesso argille lavorate, rigenerate, reimpastate. Non so, però è un difetto che offende il mio orgoglio di ceramista perché non posso attribuirgli lo status di effetto della sperimentazione.
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Bollicine sul fondo non smaltato
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Jun Hamada molto sottile
in un colpo solo
Riassumendo, il colore è troppo scuro e comunque poco attraente,
le foto addirittura ne migliorano l'aspetto; alcuni pezzi si sono deformati; si sono formate bolle d'aria; ho sbagliato a togliere lo hakeme perché, contrariamente ai miei sospetti, ha funzionato bene.
C'è di buono che ho concentrato tanti errori tutti insieme, in un colpo solo, fatto che mi rende ottimista per il prossimo giro.
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Secondo Jun Nigel Wood
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Altro Jun Hamada molto sottile
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Hakeme, smalto coreano sottile e goccia di jun al centro
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Particolare fondo
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Particolare
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Altra deformazione
tanto per chiarire gli effetti deformanti della foto sul colore, sotto c'è la foto del piatto con le bolle più grandi. Ce n'è un'altra dello stesso piatto più su che ho inserito perché lì gli effetti di luce evidenziano bene le bolle ma per avere un'idea del vero colore l'immagine qui sotto è meglio.
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Ciotole per Momo - Disamina 2

17/3/2018

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Coppia di ciotole.
Forma squadrata ma con linee e angoli ammorbiditi.
Gres color camoscio.
Smalto jun a spessore non uniforme con linea di tenmoku tea dust sul bordo che crea colature color verde/giallo con punti color oro.
Nessun ingobbio.
Lo jun è derivato dalla formula detta 4:3:2:1 attribuita a Leach.
La formula base prevede:
4 parti di feldspato di potassio;
3 di quarzo;
2 di carbonato di calcio;
1 di caolino.
poi il caolino viene ulteriormente ridotto e sostituito in parte da talco e da colemanite.
Infine c'è un pizzico di ossido di ferro nero.
​
Sul perché lo jun ha questo colore dovrò scrivere presto qualcosa.
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Le foto deformano il colore.
Qualche differenza tra le due ciotole c'è ma non è così evidente come appare dalle due immagini qui sopra.
Inoltre, il color oro delle colature si perde completamente.
C'è anche un accenno di colatura dello Jun ma direi che è accettabile.
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