Fai quello che puoi, con quello che hai, dove sei. Theodore Roosevelt Tra gli smalti che ho elaborato negli anni ce n’è uno che chiamo TKTG, è uno smalto terroso. È opaco, qualche volta arido; al tatto sembra pietra. Il colore va dal rosso-bruno fino quasi al nero, aggiungendo ossido di ferro. È uno smalto amico, di lui mi posso fidare; in cottura non crea problemi se la temperatura è un po’ più bassa o un po’ più alta di quella ottimale; matura bene e non cola, nemmeno se investito dalla fiamma viva, ed è ottimo al servizio di altri smalti, come tinta di fondo per sovrapposizioni, colature, inserti. Il nome TKTG è una sigla che sta per Tenmoku di Karatsu con Tolfa Gialla. Un nome con tanta geografia e un po’ di storia.
Comunque lo smalto nero sia arrivato in Giappone dalla Cina, quello che è arrivato tra le mani dei ceramisti giapponesi è semplicemente uno smalto nero; e basta. Senza istruzioni, senza manuali e formule. Praticamente un’idea, niente di più. Un’idea partita dalla Cina meridionale nel secolo XII e arrivata in Giappone tre secoli dopo in una cassa o tra le mani di un monaco o attraverso un lungo percorso da un centro ceramico all'altro passando da quel ponte naturale tra i due paesi che è la Corea. In ogni caso ha indotto i ceramisti giapponesi a riflettere sui materiali da utilizzare, tra quelli disponibili, e sul processo produttivo, tra quelli a loro noti, per riprodurre quel colore e quella particolare consistenza. Molte conoscenze in campo ceramico - e non solo direi - hanno viaggiato nello spazio e nel tempo trasformate dalla capacità dei ceramisti incontrati lungo il percorso, dai materiali e dalle tecnologie disponibili nei vari centri ceramici, dal gusto del tempo e del luogo. A titolo di esempio, secondo la Becker gli smalti di Karatsu contenevano cenere di legna, come componente fondente, oltre ad argilla locale – la stessa con cui si foggiavano i pezzi – roccia feldspatica ed eventualmente ossido di ferro per i colori scuri. Nella Cina meridionale del secolo XII, molto probabilmente il fondente era costituito da roccia calcarea. Anche qui gli altri componenti erano, ovviamente, rocce e argille locali. Oggi la chimica ci dice che rocce calcaree e cenere di legna contengono carbonato di calcio, un fondente alle temperature di cottura di grès e porcellana. All'epoca lo sapevano per esperienza. Tolfa è una località a nord di Roma caratterizzata da una storia geologica molto più antica e complessivamente diversa da quella degli altri distretti vulcanici circostanti. La differenza principale è nella tipologia di prodotti piroclastici. Rispetto ai vulcani più noti – il Vulsino (lago di Bolsena); il Cimino-Vicano (lago di Vico); il Sabatino (lago di Bracciano) e il Vulcano Laziale (lago di Albano) – caratterizzati dalla produzione di pozzolane e tufi, i materiali del vulcanesimo di Tolfa sono di natura acida che, trasformati da processi idrotermali, hanno prodotto caoliniti.
Nei dintorni di Tolfa ho cavato vari materiali differenti tra loro. Sono tutti piuttosto refrattari, con un certo contenuto di caolino - quando non sono caolini puri. Tra questi c'è un'argilla molto consistente, sembra roccia, che una volta macinata e filtrata produce una polvere gialla. Altri sono terrosi a grana fine di colore bruno altri ancora bianchi e sabbiosi ma anche se non tutti hanno lo stesso colore, nel nome dello smalto è rimasta la G di gialla. Naturalmente lo smalto risente del tipo di argilla o roccia di Tolfa utilizzata ma le leggere differenze nella consistenza e nella struttura che risultano nel prodotto finale non spostano in maniera sostanziale l'aspetto complessivo. Sono tutti a pieno titolo dei TKTG. Il colore, invece, non fa testo perché è condizionato fortemente dalla quantità di ossido di ferro introdotto nella formula dello smalto. Volendo si potrebbe usare anche un caolino puro ma sicuramente si perderebbe quella unicità ... quel "sapore" che solo le argille naturali e la cenere di legna possono conferire ad uno smalto. La ricostruzione dello smalto scuro di Karatsu proposta dalla Backer (vedi post del 1 febbraio 2015) parte da due smalti chiari: il lattiginoso Choseki e lo screziato Madara (o Namako), ai quali è aggiunto ossido di ferro tra il 5 e il 15%. Io ho scelto il Choseki; ho usato argille di Tolfa; ho ridotto la quantità di feldspato e la formulazione finale è più o meno questa: Feldspato K 30 Tolfa 30 Cenere di legna 30 Ossido di ferro 6 – 10% La quantità di ossido di ferro produce colori dal rosso bruno al marrone scuro, quasi nero. La riduzione della quantità feldspato abbassa la percentuale di silicio, d’altro canto le argille di Tolfa sono molto refrattarie, il risultato è uno smalto dall’aspetto litoide, privo della qualità vetrosa tipica di molti smalti. In conclusione, seppure le conoscenze nel campo della geologia e della chimica e gli studi sulla ceramica antica ci danno, oggi, la possibilità di sapere come erano realizzati gli oggetti di epoche passate, resta la necessità di captare un’idea per trasformarla, interpretandola secondo il proprio gusto, nel proprio tempo e in funzione di ciò che abbiamo a disposizione.
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Domenica 10 marzo parteciperò al mercato TOHOKU DAY
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Ottobre 2023
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