Pensiero partenopeo
Vengo da Napoli, Città associata al Vesuvio nell’immaginario collettivo ma plasmata forse anche di più dal super-vulcano dei Campi Flegrei, che non sembra un vulcano ma lo è, eccome. Dentro ci vivono 600.000 persone. Alle falde del Vesuvio sono quasi 700.000. In mezzo la città. È strano, a pensarci, che tanta gente viva a stretto contatto con un vulcano attivo. Strano, ma così frequente in giro per il mondo. Fatalismo? Incoscienza? Sospensione della memoria? Forse semplice necessità. I vulcani sono lì che vivono in un loro tempo dilatato e inconcepibile, per noi umani, un tempo, per noi, paragonabile all’immensità, immensità che ce li fa apparire immutabili, fermi mentre tutto intorno la vita brulica; vita quotidiana di spostamenti veloci e luoghi consueti, la nostra vita fatta di macchine, schermi e aperitivi all'aperto. Solo ogni tanto, un leggero tremore della terra ferma il tempo e il sangue nelle vene. Ogni anno vado una settimana a Vulcano, nelle isole Eolie. Lungo la costa erosa dal mare e dal vento la falesia mostra le rocce stratificate che raccontano di successive eruzioni e di migliaia, centinaia di migliaia di anni, e io faccio il bagno in quel mare subito blu profondo e così, sospeso a oltre mille metri dal fondo marino, mi guardo intorno e, anno dopo anno, sembra tutto fermo, immutabile; ma poi mi immergo in acque attraversate da flussi bollenti che risalgono dal fondale; osservo la cima del monte, gialla di zolfo e fumante di gas mefitici; e no, non è tutto fermo e immutabile; solo sospeso. Lavoro con le rocce vulcaniche per rivestire i miei cocci: le raccolgo, le macino, le mescolo tra loro e con altri materiali; le fondo. Faccio smalti da ceramica. La strada porta verso il vulcano. Tutto introno la vita brulica; ma ogni tanto, in un leggero tremore, avverto il respiro profondo dell’immensità.
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Qualche giorno fa ho pubblicato un post su Instagram: la foto di uno schizzo veloce - matita su carta - e un testo breve.
Riporto di seguito sia l'una che l'altro. Il post ha ricevuto un apprezzamento molto inferiore rispetto alla media degli altri post. Ovviamente, è possibile che ciò sia dovuto a una bassa qualità del post nel suo insieme e bisogna anche considerare che l'argomento susciti poco interesse in chi segue il mio profilo - generalmente si tratta di ceramisti e appassionati di ceramica. Il disegno non è granché, me ne rendo conto, ma mi serviva un'immagine adatta al testo; il quale, dal canto suo, presenta un contenuto difficilmente riproducibile con foto di ciotole vere: la fotografia deforma l'immagine, l'appiattisce, rendendo complicata la resa della qualità degli spazi definiti dalla forma ceramica. Però l'oggetto del post su Instagram era il testo, non il disegno. Un errore mio non aver considerato il fatto che su quel social l'immagine vale di più mentre il testo ha una funzione accessoria, di supporto o di comunicazione, oltre che di contenitore di hashtag. Il concetto espresso discende da una riflessione di Shoji Hamada e, secondo me, merita attenzione da parte di chi realizza ciotole di ceramica per lo stimolo che offre a riflettere sulla geometria e sulla percezione tattile e visiva. Torno ad aprire il mio blog e mi rendo conto del fatto che non pubblico nulla da quasi tre mesi.
Ancora oggi non ho argomenti completi che giustifichino un post ma già che ci sono do un segno di vita e una notizia. Dall'inizio dell'anno, come credo di aver già detto, in qualche modo, ho iniziato a lavorare su uno smalto, lo jun, lo smalto cinese dal caratteristico colore azzurro opalescente. Non si tratta della semplice applicazione di un paio di formulazioni note ma di una vera e propria ricerca che riguarda la storia, la tecnica, gli aspetti fisici, che mi porti ad assimilare le caratteristiche di questo smalto per farlo mio. Naturalmente il lavoro è sia teorico che pratico perché il fine ultimo non sono solo parole e concetti ma oggetti in ceramica. Quindi sto scrivendo poco, qui sul Cono9, ma il lavoro procede e presto ne presenterò i risultati. Questo era il segno di vita. La notizia, invece, riguarda l'invito che ho ricevuto per partecipare al Japanese Charity Christmas Bazaar che si terrà domenica 2 dicembre. Si tratta di un mercatino di beneficienza - Art & Craft - che si terrà a Villa Lante, a Trastevere. Villa Lante, ospita i pazienti pediatrici dell’Ospedale Bambin Gesù che vengono da lontano, insieme alle loro famiglie. L'evento, una festa in stile ‘matsuri’ giapponese, prevede l'allestimento di banchi di creazioni artistiche e artigianali ma anche stand di cibo giapponese, workshop di Origami, Sumie (Pittura giapponese ad inchiostro) e Ikebana. La manifestazione si avvale della ospitalità e della collaborazione delle Suore del Sacro Cuore che gestiscono la struttura. Il comitato organizzatore è composto da: Reiko Nakamura Kikuko Nishibayashi Iko Damiani Etsuko Donati Toshiko Kawakami Kayo Fujii Mayumi Onuki Mika Hayama Japanese Charity Christmas Bazaar domenica 2 dicembre 2018, dalle 11:00 alle 17:00 VILLA LANTE Via di San Francesco di Sales, 18 - Roma Credo di aver già scritto qualcosa in merito; ci torno perché è una cosa di cui non riesco a liberarmi. Evidentemente continuo a sbagliare; oppure non vedo la cosa nel verso giusto. Ritrovo due post Errori e Errori 2 rispettivamente del 5 agosto e del 26 novembre 2016. Riprovo partendo da John Cage. Non sono un conoscitore dell'opera musicale e filosofica di Cage, ma casualmente, di recente, mi sono imbattuto in alcune cose che lo riguardano; potenza di internet ... e della casualità. La prima cosa che ho trovato - e che ho già riportato qualche post fa - è stata: Instead of self-expression, I'm involved in self-alteration. lasciamola stare lì. Quindi torno sul concetto di errore. Nel progetto dell'ultimo lavoro avevo appuntato quest'idea: L'ERRORE Quando tutto è sotto controllo; quando il disegno è conforme alle aspettative (esattezza); quando c'è la consapevolezza (tecnica) della manifattura; allora l'errore - di fatto - conferisce all'oggetto la sua personalità - in un certo senso il suo nome, la sua bellezza. L'errore deve presentarsi in un contesto di regolarità (retta via) e non deve essere previsto ma risultare naturale (o tale deve apparire). dal Vocabolario on-line Treccani: erróre s. m. [dal lat. error -oris, der. di errare «vagare; sbagliare»]. – 1. letter. L’andar vagando, peregrinazione, vagabondaggio: [...] 2. Lo sviarsi, l’uscire dalla via retta, spec. in senso fig., l’atto e l’effetto di allontanarsi, col pensiero o con l’azione o altrimenti, dal bene, dal vero, dal conveniente. In partic.: a. Deviazione morale: [...] b. Fallo, colpa, peccato: [...] c. Credenza errata in materia di fede religiosa: [...] d. Opinione, affermazione erronea, giudizio contrario al vero: [...] e. di ragionamento; [...] f. Quanto contrasta con le regole di una tecnica o scienza, o manca di correttezza, di esattezza: [...] g. Azione inopportuna, svantaggiosa: [...] 3. [...] Le foto di queste mattonelle servono a spiegare meglio. Le mattonelle appartengono alla nuova serie su cui stiamo lavorando con PoPLab. Ho già presentato la prima serie ma di questo parlerò un'altra volta. Ora mostro queste due perché sono frutto di un errore. Le avevo caricate nel forno sotto le ciotole, quelle azzurre Jun del lavoro "Ciotole di riso per Momo". L'errore consiste nelle colature eccessive dello smalto Jun. Gocce di smalto sono cadute sulle piastrelle. Tecnicamente la colatura dello smalto è in contrasto con le regole della tecnica (di smaltatura e di cottura, in questo caso) e, pertanto, manca di correttezza, di esattezza. Le considerazioni sugli effetti di tale errore sono, ovviamente, del tutto soggettive.
Qui voglio, però, riportare alcuni brani di un'intervista di Laurie Anderson a John Cage. L'ntervista è pubblicata su tricycle.org ... C: Yes, instead of wiping out what I didn’t like, I tried to change myself so that I could use it. ... I use chance operations instead of operating according to my likes and dislikes. I use my work to change myself and I accept what the chance operations say. ... A: In using chance operations, did you ever feel that something didn’t work as well as you wanted? C: No. In such circumstances I thought the thing that needs changing is me — you know — the thinking through. If it was something I didn’t like, it was clearly a situation in which I could change toward the liking rather than getting rid of it. ... A: So you did, in fact, make a kind of judgment on yourself. C: Yes, instead of wiping out what I didn’t like, I tried to change myself so that I could use it. E' chiaro che estrapolare brutalmente dei brani da un'intervista ne deforma il senso ma fa parte del gioco. Comunque leggendo tutti l'intervista direi che non ci si allontana di molto da quello che passa qui. L'importante è tener conto del fatto che Cage usava intenzionalmente il caso nel proprio lavoro. Non è il mio caso. Però, la mia tendenza alla ripetizione di certi errori mi insospettisce. Quindi, la mia personale sintesi dei concetti assemblati qui sopra è che talvolta il caso e l'errore si sovrappongono. Oppure che attraverso un errore ripetuto si sta inconsciamente cercando qualcosa. A questo punto l'errore tecnico, rimaneggiato dal caso, acquista un valore se si è in grado di operare una necessaria trasformazione di se stessi. In altre parole, se si è in grado di non rifiutare ciò che non ci piace, perché casualmente errato, cercando di cambiare se stessi in modo che lo si possa accettare. Lo so, il ceramista non ce la fa ad accettare questo; l'artigiano non può farlo ma l'uomo è indotto a riflettere: Instead of self-expression, I'm involved in self-alteration. Da settembre ho iniziato un nuovo lavoro,
si tratta di ciotole, tanto per cambiare, si tratta di una serie di ciotole per Momo, Momo la nuotatrice; adesso sto preparando i provini, una decina di pezzi, credo, con lievi variazioni di dimensione e con diversi rivestimenti, da presentare a Momo per farci un'idea di cosa le piace di più. Come al solito sto disegnando, anzi, ho disegnato e ora sono già in fase di realizzazione. Il lavoro prende spunto o ispirazione da Pottery Form di Daniel Rhodes, in particolare mi sono concentrato su quelle che Rhodes chiama: curva S, Parabola e "Straight and Curved" che per me è la Squadrata e che, comunque, poi ho abbandonato. Ma sulle forme scriverò poi. Intanto dirò di un paio di citazioni che dettano le linee guida di questa collezione. La prima riprende un post di Improvised Life di settembre scorso che qui sintetizzo in Just Slightly off; parla di John Ashbery, poeta americano, che in un'intervista, a proposito dell'idea di shoccare il lettore, spiega che per lui è una cosa da rifiutare in quanto solo tattica aggressiva e paragona la propria scrittura al suo modo di vestire e dice: I try ti dress in a way that is just slightly off, so the spectator, if he notices, will feel slightly bemused but not excluded, remembering his own imperfect mode to dress. La seconda citazione è un estratto della definizione della parola "pulito" dal vocabolario Treccani: pulito agg. [part. pass. di pulire]. – 1. Privo di ogni sorta di sudiciume, ... (anche col sign. di non truccato, e nel senso fig. di onesto, leale); ... semplice ed elegante; ... 2. fig. a. Che non ha, che non presenta niente di scorretto, di sleale, di disonesto ... senza imbrogli ... che non offende il pudore, la convenienza, la decenza. b. Chiaro, nitido, non disturbato da rumori e sim. ... just slightly off ... pulito L'ultimo numero di Nuovo e Utile - teorie e pratiche della creatività sito di Annamaria Testa, pubblicato il 18 settembre scorso, propone una riflessione sul valore del lavoro ben fatto.
L'articolo prende spunto dal Manifesto del Lavoro Ben Fatto scritto dal sociologo Vincenzo Moretti. Ecco alcuni passi del Manifesto, riportati dalla Testa nel suo articolo: qualsiasi lavoro, se lo fai bene, ha un senso; dove tieni la mano devi tenere la testa, dove tieni la testa devi tenere il cuore; ciò che va quasi bene non va bene. Individuando la necessità di eseguire per bene qualsiasi lavoro nella motivazione interna, o intrinseca, spiega: In estrema sintesi, la motivazione interna riguarda il fare qualcosa per il piacere di saperlo fare, per il gusto di farlo e con l’orgoglio di averlo fatto al meglio, e non solo per ricevere un premio o una ricompensa. La motivazione interna è connessa con un maggior livello di creatività, di autostima e di gratificazione. L'articolo e poi tutto il Manifesto, hanno il pregio di stimolare la riflessione sulle intenzioni che ci animano quando intraprendiamo qualcosa, qualunque lavoro. Questo post, perciò, oltre a segnalare articolo e Manifesto a chi ne fosse interessato, vale anche come ringraziamento agli autori. Instead of self-expression, I'm involved in self-alteration John Cage I classici vanno copiati, interiorizzati, rielaborati;
che poi, a ben vedere, sono anche loro a rielaborare noi. E si torna a John Cage. A proposito delle considerazioni che ho fatto nell'ultimo post,
quelle sulla direzione del blog e poi, più in generale, sul mio lavoro, ci sono queste righe che mi sono capitate sotto gli occhi proprio in questi giorni: "Bisogna rinnovare il nostro legame con la natura, il nostro legame con il futuro. In questa situazione precaria prolungata e in questa incertezza manca del tutto una proiezione sul futuro." Da Terreni di Oddny Eir AEvarsdottir (Ed. Safarà). Ragionarci sopra? approfondire, spiegare... No, a pensarci bene, meglio di no; lascio in profondità il legame tra queste parole e i miei pensieri, diciamo così, ad uno stadio intuitivo. Poi, se dentro c'è vita, verrà il momento in cui germoglieranno e se accadrà, probabilmente accadrà mentre sono con le mani in pasta.
Riprendo il tema degli errori, questa volta nella variante fallimenti. No, non è un modo per mettere le mani avanti in occasione della prossima infornata, piuttosto, un modo per entrare in contatto col mio inconscio. Il primo post Errori è stato pubblicato il 5 agosto scorso. Honor your mistake as hidden intention Brian Eno Data la rilevanza del tema nel mio lavoro, sia in relazione alle reali intenzioni nascoste in certi errori, sia per le occasionali connessioni alla serendipità, forse dovrei creare nel blog una nuova categoria: "Errori" oppure "Incidenti"... o forse no.
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Ottobre 2023
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