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Piattone

22/5/2022

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​Ampio, irregolare, aperto.
Impasto refrattario a grana media/grossolana.; colore nocciola. 
Foggiatura veloce, senza ripensamenti, senza ritocchi sulle crepe che si aprono lungo il perimetro.
Tre strati di smalto nuka dato a getto che rivelano le successive sovrapposizioni.
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Cratere #2 - Prima prova

8/5/2022

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C'è una nuova pagina del sito dedicata al progetto Cratere#2 dove illustro il lavoro preliminare, gli studi e le riflessioni che sono alla base della realizzazione degli oggetti: il progetto, insomma.

Qui un primo passo nella ricerca di un equilibrio soddisfacente tra forma, colore e tessitura superficiale.
Devo dire che le forme mi piacciono e rispondono agli obiettivi del progetto. Anche la tessitura superficiale mi pare che vada bene. Sui colori non so. Rispondono al requisito di "vulcanico" che l'oggetto cratere richiede ma non sono del tutto convinto. Quindi il prossimo tentativo dovrà essere rivolto proprio a questo aspetto. Vedremo ...

Entrambe le ciotole hanno un rivestimento a base di roccia vulcanica. in fondo sempre di crateri parliamo.

Intanto qui abbiamo la Parabola di Nanni Valentini rivisitata.
Avevo bisogno di una forma semplice, adatta a evidenziare la figura (il disegno) lasciando alla materia una funzione di mero supporto alla figura stessa. La Parabola di Valentini mi è sembrata particolarmente adatta allo scopo.
Corpo in gres a grana fine con aggiunta un po' di refrattaria a grana media per dare struttura.
ingobbio: non presente.
Rivestimento: un velo di irabo su tutta la superficie, interna ed esterna, composto da due parti di trachite del Cimino e una di cenere di legna. All'interno uno smalto saturo di ferro. Unghiata di tufo sul bordo.
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La seconda ciotola, il mio Cratere, ribalta l'ordine delle priorità rispetto alla Parabola ed esalta la materia rispetto al disegno. Si tratta di una forma che ho già realizzato e comincio a sentirla mia.
Corpo: gres refrattario a grana media ricco di ferro.
Ingobbio: hakeme (pennellate a spirale dentro e fuori.
​Rivestimento: un velo di irabo su tutta la superficie, interna ed esterna, composto da due parti di trachite del Cimino e una di cenere di legna. Solo all'interno una passata di smalto sempre a base di trachite del Cimino (qui c'è anche quarzo). Ditate di Dry Yellow Ochre.
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Drawing as Concept - Il Cratere #1

9/4/2022

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Nella mostra organizzata a Perugia dal titolo “Drawing as concept “ ho presentato i disegni preparatori con le relative note di due lavori recenti: Cratere #1 (presentato nell’ambito del ciclo di vetrine di ME.SIA S.PACE intitolato “Connessioni”) e Cratere#2 (un lavoro, tuttora in corso di realizzazione, incentrato sul confronto tra un’opera di Nanni Valentini, sul tema del cratere e una mia elaborazione dello stesso tema).
Si tratta, in effetti, di elaborati che possono essere definiti come progetti.
Nel seguito li presenteró, smontati e riassemblati, cercando di mettere in evidenza il metodo e le finalità del mio lavoro. Senza, ovviamente, tentare di dare alcun senso generale non avendo intenzione di teorizzare. 

Il primo lavoro, Cratere#1, è tutto in due foto.
Quella che segue, che raccoglie diversi stimoli che hanno contribuito alla formazione dell'idea.

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I temi sono:
  1. approccio ai materiali e alle tecniche derivato dall’esperienza maturata da B. Leach e S. Hamada e successivamente sviluppato dai ceramisti occidentali che nell’ultimo secolo si sono dedicati al grès e alla porcellana (tradizione orientale con metodi e materiali di questa parte del mondo);
  2. sguardo alla produzione italiana, con riferimento specifico al lavoro di N. Valen(tini. In proposito vedi disegno centrale nella foto sopra, dove riproduco a matita (solo uno schizzo maldestro) una sua opera dal titolo "Cratere centro spirale";
  3. difetti di produzione negli antichi forni cinesi - vedi sotto foto tratta dal sito Trocadero.com di un pezzo denominato Fine Chinese Song Dynasty Qingbai Porcelain Bowl in Kiln Saggar - dove le ciotole venivano disposte nei forni all’interno di muffole per evitare che venissero investite direttamente dalle fiamme. Le muffole erano sagomate per poter essere impilate ma, qualche volta, la ciotola restava saldata alla muffola e veniva scartata. Oggi questi difetti di cottura sono pezzi da esposizione;
  4. utilizzo di materiali vulcanici nella composizione degli smalti. Qui il termine cratere prende la sua accezione geologica (dal vocabolario Treccani: Nei vulcani, cavità generalmente imbutiforme e più o meno ampia, che costituisce l’orifizio del condotto o camino).
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Fine Chinese Song Dynasty Qingbai Porcelain Bowl in Kiln Saggar
​da Trocadero.com 


​La seconda foto ritrae un disegno associato a Pensiero partenopeo: un componimento che ho scritto durante lo studio di Cratere#1, che ho già pubblicato e che qui riporto nuovamente per completezza.

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Pensiero partenopeo

Vengo da Napoli, 
Città associata al Vesuvio nell’immaginario collettivo
ma plasmata forse anche di più dal super-vulcano dei Campi Flegrei,
che non sembra un vulcano
ma lo è, eccome.
Dentro ci vivono 600.000 persone. 
Alle falde del Vesuvio sono quasi 700.000.
In mezzo la città.
È strano, a pensarci, che tanta gente viva a stretto contatto con un vulcano attivo.
Strano, ma così frequente in giro per il mondo.
Fatalismo? 
Incoscienza?
Sospensione della memoria?
Forse semplice necessità.

I vulcani sono lì che vivono in un loro tempo 
dilatato e inconcepibile, per noi umani, 
un tempo, per noi, paragonabile all’immensità, 
immensità che ce li fa apparire immutabili, 
fermi mentre tutto intorno la vita brulica;
vita quotidiana di spostamenti veloci nei luoghi consueti, 
la nostra vita fatta di macchine, schermi e aperitivi all'aperto.
Solo ogni tanto, un leggero tremore  della terra ferma il tempo e il sangue nelle vene.

Ogni anno vado una settimana a Vulcano, nelle isole Eolie.
Lungo la costa erosa dal mare e dal vento la falesia mostra le rocce stratificate che  raccontano di successive eruzioni e di migliaia, centinaia di migliaia di anni,
e io faccio il bagno in quel mare subito blu profondo e così, sospeso a oltre mille metri dal fondo marino, mi guardo intorno e, anno dopo anno, sembra tutto fermo, immutabile;
ma poi mi immergo in acque attraversate da flussi bollenti che risalgono dal fondale; osservo la cima del monte, gialla di zolfo e fumante di gas mefitici;
e no, non è tutto fermo e immutabile;
solo sospeso.

Lavoro con le rocce vulcaniche per rivestire i miei cocci: 
le raccolgo, le macino, le mescolo tra loro e con altri materiali; 
le fondo.
Faccio smalti da ceramica.
La strada porta verso il vulcano.
Tutto introno la vita brulica;
ma ogni tanto, in un leggero tremore, avverto il respiro profondo dell’immensità.
​

Infine, il Cratere#1 è la sintesi di tutto quanto sopra: idee, fatti, persone e oggetti che hanno girato tra le carte e nella mia testa. Anche questo lavoro è stato già pubblicato qui nel sito e a breve lo sarà nel catalogo che raccoglie tutti i lavori presentati nel ciclo di vetrine di Me.Sia S.Pace dal titolo "Connessioni"
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Drawing as concept #0

9/4/2022

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Dal 26 marzo scorso sono esposti a Perugia, nell’ambito di una collettiva, i disegni preparatori di due miei recenti lavori. 
In locandina i dettagli sull’evento.
Grazie a Trebisonda che ha organizzato la mostra e che mi ha invitato.
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Macinatura

22/8/2021

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Qualche giorno fa un lettore mi ha chiesto informazioni sul processo di macinatura delle rocce.
La macinatura, ovviamente, serve per rendere il materiale lapideo adatto alla produzione degli smalti;
il prodotto finale è una polvere sottile con una granulometria che, nella letteratura ceramica, viene solitamente espressa in mesh: si tratta del numero di maglie (del setaccio) presenti per un pollice di lunghezza.
Una granulometria di 80 mesh corrisponde ad una dimensione massima dei granuli di 0,177 mm; di 200 mesh a granuli di 0,074 mm.
La mia strumentazione non mi consente macinare troppo finemente il materiale, credo di attestarmi proprio tra mesh 80 e mesh 200 (una piccola percentuale è anche più grossolana) ma va bene così, mi piace la tessitura non troppo liscia che questo tipo di materiale produce.
Devo anche dire che, una volta composto lo smalto si può ripassare nel mulino raffinandolo ulteriormente.
Senza scendere in dettagli, accenno solo al fatto che la granulometria dei materiali che compongono lo smalto incide sulle caratteristiche non solo fisiche ma anche chimiche dello smalto. I componenti dello smalto, infatti, durante la cottura si scompongono iper fornire gli ossidi che poi si ricompongono generando lo smalto. Intuitivamente si può comprendere come questo processo sia più o meno facilitato dalla dimensione dei componenti di partenza.
Tornando al mio modo di macinare.
​
Il primo passaggio è quello più faticoso:
infilo i sassi in un mortaio e "meno forte" fino a quando non ho ridotto la massa lapidea ad un qualcosa di simile a una sabbia.
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Se il materiale è tenero, come quello nelle foto sopra - pomice - già durante questa parte del lavoro si produce, almeno parzialmente, polvere sufficientemente sottile. Tutto il resto va nella giara del mulino.
Il "mulino a palle" è composto da una giara che contiene delle sfere di materiale molto duro (sempre alluminosilicati);
nella giara, mischiata alle sfere, si versa la sabbia da macinare e l'acqua;
quindi si fa girare la giara per alcune ore provocando la frantumazione dei grani di sabbia ad opera delle sfere.
​
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Si tratta di un lavoro piuttosto faticoso alla fine del quale riesco a produrre tra 1,5 kg e 2 kg di polvere.
​Inizialmente in forma liquida.
​Ancora qualcosa non passa attraverso il setaccio. Mischiata tra la pomice c'era qualche pietra di ossidiana, più dura che ha resistito, ma anche granelli grossolani di pomice. Li scarto e li recupero per la prossima volta.
A seguire una ciotola di caolino di Lipari appena macinato
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Una volta asciutto il prodotto si presenta così, come la polvere di trachite del Cimino, nelle foto sotto;
la roccia più dura con cui ho a che fare.
Non inganni l'aspetto di quelli che sembrano sassi, in realtà sono solo grumi residuo della massa umida, si frantumano facilmente tra pollice e indice;
bisogna solo avere l'accortezza di filtrare lo smalto prima di usarlo.
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Pensiero partenopeo

20/6/2021

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Pensiero partenopeo


Vengo da Napoli, 
Città associata al Vesuvio nell’immaginario collettivo
ma plasmata forse anche di più dal super-vulcano dei Campi Flegrei,
che non sembra un vulcano
ma lo è, eccome.
Dentro ci vivono 600.000 persone. 
Alle falde del Vesuvio sono quasi 700.000.
In mezzo la città.
È strano, a pensarci, che tanta gente viva a stretto contatto con un vulcano attivo.
Strano, ma così frequente in giro per il mondo.
Fatalismo? 
Incoscienza?
Sospensione della memoria?
Forse semplice necessità.


I vulcani sono lì che vivono in un loro tempo 
dilatato e inconcepibile, per noi umani, 
un tempo, per noi, paragonabile all’immensità, 
immensità che ce li fa apparire immutabili, 
fermi mentre tutto intorno la vita brulica;
vita quotidiana di spostamenti veloci e luoghi consueti, 
la nostra vita fatta di macchine, schermi e aperitivi all'aperto.
Solo ogni tanto, un leggero tremore  della terra ferma il tempo e il sangue nelle vene.


Ogni anno vado una settimana a Vulcano, nelle isole Eolie.
Lungo la costa erosa dal mare e dal vento la falesia mostra le rocce stratificate che  raccontano di successive eruzioni e di migliaia, centinaia di migliaia di anni,
e io faccio il bagno in quel mare subito blu profondo e così, sospeso a oltre mille metri dal fondo marino, mi guardo intorno e, anno dopo anno, sembra tutto fermo, immutabile;
ma poi mi immergo in acque attraversate da flussi bollenti che risalgono dal fondale; osservo la cima del monte, gialla di zolfo e fumante di gas mefitici;
e no, non è tutto fermo e immutabile;
solo sospeso.


Lavoro con le rocce vulcaniche per rivestire i miei cocci: 
le raccolgo, le macino, le mescolo tra loro e con altri materiali; 
le fondo.
Faccio smalti da ceramica.
La strada porta verso il vulcano.
Tutto introno la vita brulica;
ma ogni tanto, in un leggero tremore, avverto il respiro profondo dell’immensità.
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CRATERE al ME.SIA S.PACE

6/6/2021

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Venerdì abbiamo inaugurato la vetrina al ME.SIA S.PACE col mio "Cratere - Ceramica, ferro e vulcano". (vedi post precedente).Diverse condizioni di luce (naturale e artificiale) restituiscono diversi riflessi cromatici. 
Il rosso sul basamento di ferro e quello della ciotola all'interno del cratere sono di rame. Tutto il resto è ferro.
Il basamento è stato realizzato da Martino Stenico, fabbro.
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Il Cratere al ME.SIA S.PACE

2/6/2021

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Venerdì c'è l'inaugurazione dell'esposizione nella vetrina del ME.SIA S.PACE di una mia opera.
Per chi volesse incontrarmi, sarò lì dalle 18:00. 
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Phil Rogers

18/4/2021

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Solo qualche giorno fa ho appreso della scomparsa di Phil Rogers. Lo considero uno dei miei maestri. Qui una piccola yunomi che feci qualche anno fa studiando il suo lavoro.
​Mi piace ricordarlo con le sue parole riprese da una recente intervista:

“I think it’s about what a potter injects into a piece. A lot of today’s boring, shallow, urban tablewares, usually in porcelain and with pale, uninteresting glazes, lack any sense of adventure.
We potters have little to do these days other than express something in our work. People don’t NEED our pots; metal and plastic are cheaper and readily available. They buy them because they want to see an artistic expression, to feel a connection with the maker. They want to see that a potter has endeavoured to find a new avenue of exploration and succeeded by daring to fail. Safe, banal, boring work is better made in a factory and contributes little to our world of clay.”
​
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Il paradosso di una ciotola ben fatta

17/1/2021

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Qualche giorno fa ho pubblicato un post su Instagram: la foto di uno schizzo veloce - matita su carta - e un testo breve.
Riporto di seguito sia l'una che l'altro. 
Il post ha ricevuto un apprezzamento molto inferiore rispetto alla media degli altri post. Ovviamente, è possibile che ciò sia dovuto a una bassa qualità del post nel suo insieme e bisogna anche considerare che l'argomento susciti poco interesse in chi segue il mio profilo - generalmente si tratta di ceramisti e appassionati di ceramica.
​Il disegno non è granché, me ne rendo conto, ma mi serviva un'immagine adatta al testo; il quale, dal canto suo, presenta un contenuto difficilmente riproducibile con foto di ciotole vere: la fotografia deforma l'immagine, l'appiattisce, rendendo complicata la resa della qualità degli spazi definiti dalla forma ceramica.
Però l'oggetto del post su Instagram era il testo, non il disegno. Un errore mio non aver considerato il fatto che su quel social l'immagine vale di più mentre il testo ha una funzione accessoria, di supporto o di comunicazione, oltre che di contenitore di hashtag. 
Il concetto espresso discende da una riflessione di Shoji Hamada e, secondo me, merita attenzione da parte di chi realizza ciotole di ceramica per lo stimolo che offre a riflettere sulla geometria e sulla percezione tattile e visiva.
​
Foto
l paradosso di una ciotola ben fatta:
apparire più grande all’interno di quanto non sembri dall’ esterno.
​

The paradox of well-made bowl:
​appearing bigger on the inside than it looks from the outside.
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