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Il paradosso di una ciotola ben fatta

17/1/2021

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Qualche giorno fa ho pubblicato un post su Instagram: la foto di uno schizzo veloce - matita su carta - e un testo breve.
Riporto di seguito sia l'una che l'altro. 
Il post ha ricevuto un apprezzamento molto inferiore rispetto alla media degli altri post. Ovviamente, è possibile che ciò sia dovuto a una bassa qualità del post nel suo insieme e bisogna anche considerare che l'argomento susciti poco interesse in chi segue il mio profilo - generalmente si tratta di ceramisti e appassionati di ceramica.
​Il disegno non è granché, me ne rendo conto, ma mi serviva un'immagine adatta al testo; il quale, dal canto suo, presenta un contenuto difficilmente riproducibile con foto di ciotole vere: la fotografia deforma l'immagine, l'appiattisce, rendendo complicata la resa della qualità degli spazi definiti dalla forma ceramica.
Però l'oggetto del post su Instagram era il testo, non il disegno. Un errore mio non aver considerato il fatto che su quel social l'immagine vale di più mentre il testo ha una funzione accessoria, di supporto o di comunicazione, oltre che di contenitore di hashtag. 
Il concetto espresso discende da una riflessione di Shoji Hamada e, secondo me, merita attenzione da parte di chi realizza ciotole di ceramica per lo stimolo che offre a riflettere sulla geometria e sulla percezione tattile e visiva.
​
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l paradosso di una ciotola ben fatta:
apparire più grande all’interno di quanto non sembri dall’ esterno.
​

The paradox of well-made bowl:
​appearing bigger on the inside than it looks from the outside.
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Ceramica marroncina

26/12/2020

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A quanto pare la ceramica mareroncina non piace.
Ho portato questa ciotola all'ultimo mercato nel quale ho esposto le mie cose. Naturalmente non è stata degnata di uno sguardo eppure ne è passata gente, molti si sono fermati nel mio stand e si sono lasciati attrarre dai pezzi con smalti bianchi come glassa (nuka); quasi tutti hanno apprezzato gli ineffabili azzurri (Jun); anche i butterati bianchi e rosso ruggine (shino) e gli aridi asciutti e ruvidi (arabo) hanno avuto attenzione. Diverse ciotole e vari vasetti sono stati acquistati ma lei non è stata degnata nemmeno di un'occhiata; nessuno l'ha presa e rigirata tra le mani e questo perché a uno sguardo superficiale appare marroncina, credo.
Catalogato tra i marroncini, un pezzo di ceramica è praticamente spacciato, soprattutto dal punto di vista commerciale.
Però lo smalto sottile, tipo shino, che riveste la questa ciotola, osservato con un minimo di attenzione rivela una gamma di colori più ricca di quanto ci si aspetti a prima vista.
​Insomma, al solito, le apparenze ingannano.
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Riprodurre - Rielaborare

9/12/2020

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Dal Vocabolario on line Treccani

riprodurre
 v. tr. [comp. di ri- e produrre] (coniug. come produrre). – 1. Produrre di nuovo quanto già era stato o si era prodotto: ... 2. a. Produrre, ricavare da un originale o da un prototipo uno o più esemplari più o meno esattamente corrispondenti ...

rielaborare v. tr. [comp. di ri- e elaborare] (io rielàboro, ecc.). – Elaborare di nuovo, con criterî e fini diversi ...

Dopo tanti anni, il processo di apprendimento e di crescita continua a essere la successione delle due azioni definite dai verbi riprodurre e rielaborare.  Osservare il lavoro di ceramisti antichi e contemporanei. Riprodurne (o tentare di farlo) il loro lavoro per coglierne l'essenza per poi rielaborarlo secondo il mio stile.
Sempre più spesso, ultimamente, la fase di riproduzione avviene solo su carta ma non smetto di dedicare tempo a questo aspetto del processo. Soprattutto mi piace ancora farlo.

Per esempio la ceramica etrusca ... chissà, l'anno prossimo, magari. Intanto studio

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Shino glaze - Due chawan

8/11/2020

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Boccanera

Quasi uno shino classico; tre quarti di feldspati e felspatoidi e un quarto di argille. In più c'è l'aggiunta di carbonato di sodio; e quest'ultimo è il responsabile dell'orlo nero che borda la bocca della ciotola. Il carbon trap, un effetto tipico degli shino di scuola statunitense. L'effetto è limitato e complessivamente lo smalto non rientra a pieno titolo nella categoria degli shino detti, appunto, carbon trap.
Il carbon trap (trappola del carbonio) si produce per la presenza del carbonato di sodio che anticipa la fusione dello smalto rispetto a quanto non avvenga normalmente alle alte temperature. Lo smalto inizia a+'098fondere già durante il picco della fase di riduzione, che inizia intorno ai 970°C e prosegue fino a oltre i 1000°C per poi iniziare a decrescere all'aumentare della temperatura. Poiché durante la fase di forte riduzione si producono fumi all'interno del forno, fumi che contengono carbonio, questi vengono catturati dalla massa fondente dello smalto dove restano intrappolati conferendo la colorazione grigio/nerastra.
La spiegazione è estremamente semplicistica ma spero che il concetto sia chiaro.
Gli smalti definiti a carbon trap contengono quantità elevate di carbonato di sodio, normalmente non presentano le smagliature degli shino tradizionali (crawling) ma sono lisci e lucidi e presentano macchie più o meno estese che virano sui toni del grigio e del nero. Sono stati sviluppati negli Stati Uniti negli anni '60.
Qui, invece, ho riprodotto uno shino tradizionale con i suoi "difetti" tipici:
- le smagliature (in inglese crawling) e le puntinature (pineholing);
- i salti di colore dal bianco al ruggine al rosso, sono funzione dello spessore dello smalto. Il rosso è dato dalla cristallizzazione dell'ossido di ferro presente sul corpo del pezzo (e non nello smalto).
Gli originali giapponesi, e comunque gli shino che sono sottoposti a cotture estremamente lunghe, fanno emergere la colorazione rossa anche in punti dove lo smalto è piuttosto spesso.
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Macchia

Questa ciotola presenta una delle formulazioni più semplici dello smalto shino, composta solo da nefelina e ball clay.
Valgono anche qui le stesse considerazioni sui difetti tipici dello smalto shino e quelle sui colori di cui ho parlato prima.
In questa versione dello shino non c'è carbonato di sodio, quindi niente chiazze grigio/nere.
In più su questa chawan, ho aggiunto uno schizzo di ossido di ferro.
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Wave Market Fair

6/10/2020

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Il prossimo fine settimana (10-11 ottobre) sarò alla Fiera dell'Artigianato e del Design con tante novità della produzione di primavera ed estate 2020.
​I dettagli nella pagina Eventi.
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Monte Cimino - Un celadon

16/9/2020

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Un celadon del Monte Cimino

Smalto di cenere di legna di pino (lavata); roccia del Cimino (probabilmente una trachite); quarzo.

Il colore, tenue, è quello del celadon. Un tenero celadon che ricava l'ossido di ferro (agente colorante) sia dalla roccia che dalla cenere (la legna di pino è tra quelle che contengono più ossido di ferro).
Le colature sono quelle tipiche degli smalti di cenere.

Il quarzo, un 20% circa, l'ho aggiunto semplicemente per mancanza di coraggio.
Lo dico perché adesso sto cercando di ricordare, senza riuscirci, il motivo che mi ha impedito di utilizzare una semplice formula 50/50 roccia-cenere; allora devo pensare che avessi bisogno di inserire il materiale nuovo (la trachite) tra almeno due materiali conosciuti (cenere e quarzo). Questa scelta, in qualche modo, deve avermi rassicurato.
Naturalmente tutto ciò accade per la pigrizia; altrimenti avrei preparato i provini per una linear blend (una serie di miscele variabili tra due materiali) e, successivamente, per testare una composizione a tre materiali. Insomma quello che si deve fare in caso di sperimentazione di un muovo materiale.
Ok, allora farò così.

Intanto, per essere chiari, trovo questa ciotola bellissima.
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Due pezzi simili

8/9/2020

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Due pezzi simili.
​Ne avevo già fatto uno di questo genere tempo fa ma un giorno, esposto ad un mercato, lo hanno fatto cadere; ci sono rimasto male e ho voluto rifarlo.
Già che c'ero l'ho riprodotto in due versioni.

Le due ciotole rappresentano una delle più sincere espressioni del mio modo di fare ceramica.

Ciotola A

La prima è più o meno una replica dell'originale, per quanto sia possibile riprodurre a memoria un oggetto volutamente irregolare. Si tratta di una grossa ciotola bruno-nerastra, ruvida e slabbrata, decorata all'interno da una pennellata di ingobbio bianco che, all'esterno, produce solo colature. All'interno ci sono anche macchie giallastre. Lo smalto, sottilissimo, impercettibile, è quello che chiamo "corano" ed è composto semplicemente da cenere di legna, feldspato e quarzo.
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​Avete mai visto la roccia lavica di recente formazione, ancora ruvida, nerastra, screpolata?
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Ciotola B

Nella seconda versione ho sostituito l'ingobbio tradizionale con porcellana. Si tratta di una modalità nuova, per me, che ho utilizzato anche in un vaso della stessa infornata (vedi foto del 27 agosto 2020 sulla pagina Instagram di Cono9 "amarvicio"). Qui lo smalto è uno Jun dato sempre piuttosto sottile, non sottilissimo, ma abbastanza per restare trasparente e non riuscire a sviluppare il suo tipico colore azzurro, ad eccezione di un pallido alone dove un po' meno sottile (temo che in foto questo effetto cromatico non appaia).
Il ritiro in cottura della porcellana, decisamente maggiore rispetto a quello dell'argilla del corpo, produce una marcata  screpolatura. Quasi una pelle squamosa.
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Shino 1

15/8/2020

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Il 3 e 4 agosto, di lunedì e martedì, ho cotto;
era tanto che non accendevo il forno; 
tutt'intorno è cresciuta erba alta e una piccola edera spuntava dai mattoni della base e quando l'ho aperto per caricarlo, dentro c'era un nido di vespe vuoto, forse risalente all'estate scorsa, 
Il tempo fa queste cose mentre noi siamo distratti.
Insomma, ho fatto un forno; un forno pieno solo di pezzi rivestiti di smalto shino, la versione occidentale dello smalto shino.
Questo punto è delicato perché riguarda i rapporti tra culture.
Mi occupo di ceramica e da un punto di vista tecnico a questo campo mi riferisco ma certi passaggi credo che abbiano una valenza più ampia, potrebbero valere per la cucina, nel settore tessile o in quello della meccanica.
In Giappone lo shino è una categoria di ceramiche, non un tipo di smalto ma una produzione ceramica caratterizzata da un determinato luogo di produzione, da materiali peculiari di quel luogo sia per la produzione del corpo ceramico che del rivestimento; da specifici processi di lavorazione delle materie prime e di produzione degli impasti e dei rivestimenti e infine dei pezzi. Ovviamente anche la cottura è peculiare, nelle modalità (quella che chiamo scheda cottura) e nella tipologia dei forni.
Tutto il processo, dal primo blocco di argilla estratto dalla cava fino al termine della cottura è codificato, è riferito a materiali e processi specifici.

Quando io parlo di shino, quando lo fanno i ceramisti di tutto il mondo fuori dal Giappone, quasi mai si riferiscono a tutto questo ma solo ad un rivestimento, uno smalto, che presenta alcune delle caratteristiche dell'originale. Alcune, spesso nemmeno tutte.
Negli Stati Uniti, ad esempio, dagli anni '60 si è sviluppato un tipo di lavorazione che ha portato alla definizione di una nuova categoria di smalti shino, detto carbon trap, con il quale si è persa anche la somiglianza esteriore con lo smalto shino originale.
Dico tutto questo perché sia ben chiaro il valore da dare alla parola 
shino, sia qui, in questo post, nel mio blog, sia quando la trovate nei libri, nelle riviste o in altri siti che non siano giapponesi.
Quindi il mio lavoro parte da un'idea estetica originaria e si appoggia sul lavoro che negli ultimi decenni hanno condotto i ceramisti occidentali, in particolare americani, inglesi e australiani.
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Quindi, ho scelto quattro diverse ricette, tutte nell'area del traditional shino, escludendo per il momento altre tipologie come il cosiddetto carbon trap o l'high alumina.
Ovviamente per traditional shino si intende sempre la versione occidentale dell'originale giapponese.

Nella scelta, fatta tra le decine di ricette proposte da vari ceramisti e studiosi, ho cercato di cogliere i diversi aspetti che mi interessava studiare:
- avere una base semplice;
- valutare ricette più complesse;
- studiare gli effetti dei diversi tipi di feldspato (feldspato Na, sienite nefelina, spodumene)i);
- studiare gli effetti di viveri tipi di argilla (ball clay, caolino, terracotta);
​- verificare le interazioni con diversi tipi e colori del corpo sottostante;

​Infine, ho condotto la cottura secondo una specifica scheda, peculiare per questo tipo di smalto, che differisce da quella che adotto solitamente.
​Un passo alla volta cercherò, nei prossimi post di raccontare cosa è uscito da questo forno.

​

Intanto, le foto di alcuni dei pezzi di questa infornata sono pubblicate sul profilo Instagram di Cono9 (profilo gestito, come detto in precedente post, da Amarvicio).
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Anche su Instagram

12/8/2020

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Ho iniziato a pubblicare anche su Instagram.
A gestire l'account, per conto di Cono9, è Amarvicio Villa di VesuvioLab.


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​Ritratto del giovane (molto giovane!) Amarvicio disegnato da Paolo P. vent'anni fa.
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Il lavoro procede

21/7/2020

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Sono più di sue mesi che non scrivo ma ho lavorato;
ho prodotto pezzi nuovi, oltre alle mie ciotole e ai piatti,
ho realizzato vasi e bottiglie di diverse dimensioni,
ho fatto delle tazzine di porcellana a colaggio,
ho iniziato a utilizzare la porcellana come ingobbio sul grès;
mi sono divertito, insomma.
Ho studiato i lavori di Katherine Pleydell-Bouverie, di Daniel Rhodes, di Lisa Hammond, di Rosanjin e Nik Collins e Giorgio Morandi e Anne Franchetti e altri che ora non mi vengono in mente - mi perdoneranno e li citerò un'altra volta..
Ho osservato, disegnato, lavorato al tornio;
il foglio di disegni che ho pubblicato nel post precedente, per esempio, contiene diversi di questi pezzi,
altri sono schizzati su altri fogli e mi piace vedere il processo nelle diverse fasi perché così tutto sembra avere un senso.
Non so ... non sono sicuro di riuscire a trasmettere cosa intendo; è qualcosa di simile alle tappe di un viaggio e forse, proprio per questo, ha un senso solo per me. Chissà ...
Comunque non sono ancora la capolinea, adesso ci sono la smaltatura e la cottura, anzi, le cotture, perché per cuocere tutto ci vorranno tre infornate, credo. E almeno una di queste sarà, per me, una vera novità, una scheda di cottura nuova per smalti nuovi - ne parlerò.
Devo prepararmi agli inevitabili fallimenti, soprattutto per gli smalti nuovi; è un passaggio obbligato, è la sperimentazione ma mi piace e non conosco altro maniera per arrivare a comprendere le cose che mi interessano.
Quindi, si, ho scritto poco, ma ho lavorato e adesso ho molto materiale di cui parlare, indipendentemente da come verranno fuori i nuovi pezzi.
Quasi indipendentemente ...
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