La cosa bella della ceramica è l'opportunità di divertimento che offre;
solo così posso definire lo spirito con cui ho realizzato queste tazzine; e non mi sembra poco. Piccoli oggetti, senza pretese. Lavoro con leggerezza provando sovrapposizioni di smalti; le tazzine diventano provini, poi restituiscono quel senso di spensieratezza del gesto. Spero che sia questa la loro qualità.
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Alcuni pezzi per il prossimo forno: pezzi crudi, qualche biscotto; tutto ancora in potenza, poi c'è la scelta degli smalti, poi c'è il fuoco. Tutto può e deve succedere. Alcuni pezzi hanno già la strada segnata, altri sono un qualcosa di simile ad un foglio bianco... Tazzine per Laura Chawan e yunomi per Miya, Filippo, forse Maurizio...
Qui la sperimentazione sulla cenere entra nel vivo. 6 tazzine in gres chiaro (in cottura prende un colore grigio chiaro), prive di ingobbio, rivestite con cenere pura o smalti a base di cenere; gli spessori sono generalmente piuttosto sottili. Sto cercando la risposta di questo materiale, da solo o combinato con altri e per farlo è necessario fissare le stesse condizioni. Devo avvertire, come già accaduto altre volte, che i colori in foto sono migliori, più vivi direi, di quanto non sia dal vero. Le foto spesso regalano qualcosa. Altra nota iniziale, valida per tutte, riguarda un effetto lucido sul bordo che contrasta con l'aspetto generalmente più arido di questi rivestimenti; si tratta di una pennellata di tenmoku, leggera e sottile. La N 1 e la N 2 sono rivestite di cenere pura, si tratta di cenere di legna di camino (quindi è un misto ma credo prevalga la quercia). La cenere di una è lavata, l'altra no; purtroppo non l'ho scritto subito e l'informazione ormai è andata. Errore! Non ci sono grosse sorprese, all'interno, lo spessore maggiore ha prodotto le tipiche colature, le parti migliori sono quelle, soprattutto all'esterno, dove gli spessori sottili lasciano chiazze rossastre. La cenere pura, per i miei gusti, va data in spessori sottilissimi, appena un velo. In generale, quindi, si adatta meglio al grès che, vetrificando, è un materiale impermeabile; lo smalto di cenere, infatti, soprattutto se sottile, non è in grado di rendere impermeabile un materiale poroso. Sulla N 3 e sulla N 4 c'è la sovrapposizione di smalto coreano su dry yellow ochre; smalto lucido a base di cenere su smalto arido sempre a base di cenere. il dry yellow ochre, come dice il suo nome è un rivestimento arido, quasi terroso e, a dispetto del suo nome, se lo spessore è sottile, prende un bel colore rosso-bruno. L'idea era quella di rendere più lucida la base del d.y.o. aggiungendo sopra un velo di coreano. Idea ingenua, a quanto pare. Le sovrapposizioni creano quasi sempre un prodotto che differisce, in modo più o meno consistente, dagli smalti che le compongono. La N 5 e la N 6 sono rivestite con uno smalto a base di cenere e polvere di peperino (roccia vulcanica, sul genere delle pozzolana e dei tufi, per capirsi) 50/50 con un'aggiunta di circa un 10% di caolino che serve per stabilizzare un po'. Su questa combinazione ho già scritto nel post del 6 dicembre 2014, quello che è interessante è la risposta diversa che lo smalto da su una base differente: lì infatti rivestiva provini fatti di refrattaria rossa, qui, invece, è su grès grigio chiaro; la differenza è significativa. Prima di entrare nel vivo della sperimentazione tratto ancora un po’ i pezzi rivestiti con smalti già consolidati; qui c’è una coppia di tazzine: argilla refrattaria rosso chiaro base di TKTG (Tenmoku alla maniera di Karatsu con Terra Gialla di Tolfa) colore rosso-bruno aspetto più arido; patina sottile all’interno e inserti all’esterno di Black Tenmoku ricostruito: colore ovviamente nero, aspetto più lucido; gocce di Tea Dust Tenmoku, sia dentro che fuori. L’aspetto interessante è nel confronto con un piatto cotto l’anno scorso rivestito con la stessa sequenza di smalti, anche l’argilla era la stessa e, se non ricordo male… No, non ricordo male, il piatto occupava nel forno la stessa posizione delle tazzine: più o meno al centro del piano più basso. Ora, al netto delle inevitabili differenze sulla resa fotografica,
non ho eseguito gli scatti nelle stesse condizioni di luce, la differenza è evidente, dal vivo è un po' più sfumata, certo, ma resta il fatto che sul piatto prevalgono i toni scuri, marrone scuro, quasi nero, come bruciato... e i verdi, l'aspetto complessivo è piuttosto arido; le tazzine sono più lucide e hanno un bel colore rosso-bruno. Be', forse nella parola uscita fuori senza intenzione, quel bruciato che descrive il colore del piatto, può contenere la risposta. Comunque, sul piatto lo spessore dello smalto è più sottile. Non mi addentro in confronti su quale sia l'effetto migliore, a me piacciono entrambi. Qui conta di più capire perché sono differenti, e pensandoci, mi viene in mente che il piatto è stato cotto nell'infornata col carbone... ecco, probabilmente qui c'è la risposta. Probabilmente... Lunedì riprendo a lavorare sul tornio di Terracromata,
è importante avere una qualche idea quando ci si siede al tornio, qualche giorno fa ho pensato a delle tazzine da caffè, credo che saranno senza manico, mi dispiace per quelli che non ne possono fare a meno e sembra siano tanti, ma a noi piacciono così; allora qualche idea dal Giappone anche se le loro sono ciotoline da sakè ma basta immaginarle un poco più grandi e col caffè dentro. In attesa di un intervallo di tempo buono per riprendere a lavorare la terra ripesco idee disegni e minuscole rane La sintesi è chiara: tazzine da caffè. Fai clic qui per effettuare modifiche.
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AutoriVesuvioLab Archivio
Ottobre 2023
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