nei post sulla monocottura
parlando della preparazione degli smalti adatti a questo processo ho accennato alle esperienze di Steven Hill il quale, nella sua personale ricerca durata oltre venti anni, ha tentato si sfatare la comune credenza che vuole per gli smalti da monocottura un contenuto di argilla importante, fino al 30% del totale; Steven Hill, che lavora smaltando pezzi a secchezza osso, è arrivato a comporre smalti con un contenuto di argilla tra il 5% e il 10% l'unica accortezza di cui riferisce, è l'uso di un particolare additivo: la bentonite in quantità pari al 2% o 3%. Questo materiale, appartenente alla famiglia delle argille, è un prodotto della decomposizione delle ceneri vulcaniche ha una composizione chimica simile alle altre argille (un allumino-silicato di magnesio con sodio) ma presenta proprietà fisiche differenti che ne impediscono lo stesso utilizzo a causa: - della forte tendenza a rigonfiare quando viene a contatto con l'acqua; - della peculiare proprietà a virare alla consistenza di gel; - della forte vischiosità; - del ritiro notevole in fase di asciugatura. La bentonite, quindi, è generalmente utilizzata per incrementare la plasticità degli impasti argillosi per questa funzione è sufficiente aggiungere quantità di bentonite pari a 1% o 2% del totale quantità analoghe sono utilizzate negli smalti come agente di sospensione per rallentare la sedimentazione delle particelle più pesanti. La bentonite andrebbe introdotta agli altri componenti dello smalto quando sono allo stato secco, prima dell'aggiunta dell'acqua, altrimenti non si miscela correttamente. Tornando agli smalti da monocottura l'aggiunta di quantità di bentonite variabili da 1% a 6% rende praticamente qualsiasi smalto adatto alla monocottura anche per smaltare pezzi a durezza cuoio data la tendenza ad incrementare il ritiro infatti, gli smalti che contengono poca argilla, possono meglio adattarsi al ritiro dell'argilla del pezzo fino alla fase di secchezza osso; naturalmente risulta utile la proprietà di agente di sospensione soprattutto in fase di applicazione; inoltre, conferisce resistenza allo strato di smalto una volta essiccato sul pezzo. La bentonite non modifica in maniera sensibile la superficie dello smalto una volta cotto e ha effetti piuttosto limitati sul colore.
1 Comment
Prima di procedere col racconto sull'evoluzione degli smalti
vorrei soffermarmi per un paio di post sulla cenere visto che sembra l'origine degli smalti alle alte temperature. Cos'è la cenere, come funziona da cosa è composta, come si prepara e come si usa; le domande più o meno sono queste; partiamo dalla prime. La cenere è il residuo inorganico della combustione di materiale organico di origine vegetale. La combustione, da qualche parte credo di averne parlato, libera ossigeno, idrogeno, carbonio e azoto, quello che resta è ciò che la pianta, durante il suo sviluppo, ha estratto dal suolo utilizzandolo per varie funzioni vitali e per costituire la propria struttura, sono: potassio, calcio, magnesio, sodio, fosforo, zolfo, silicio, ferro, cloro, iodio, manganese, alluminio, boro e più raramente anche rame e argento; le quantità dei vari componenti sono estremamente variabili, come vedremo, in generale, alcuni di questi elementi si trovano quasi sempre in quantità modeste, sicuramente irrilevanti per noi ceramisti, gli elementi importanti, invece, sia quantitativamente che qualitativamente sono calcio, potassio e silicio. In generale, le ceneri che contengono un'alta percentuale di calcio e potassio si comportano come fondenti per smalti ad alta temperatura, mentre quelle che contengono silicio hanno un effetto vetrificante. L'analisi della composizione chimica della cenere vegetale è un cocktail estremamente complesso di elementi chimici che spesso somiglia alla composizione di uno smalto. Il problema è legato alla estrema varietà di questa composizione, che varia da pianta a pianta, anche se si tratta di essenze vegetali cresciute sullo stesso suolo, così come può variare per la stessa specie di pianta se cresciute su terreni differenti, varia, infine, anche per le varie parti di una stessa pianta: foglie, rami giovani, tronco, corteccia. In linea di massima si può dire che normalmente il tronco contiene maggiori quantità di calcio, soprattutto per alberi cresciuti su suoli calcarei; sono ricchi di calcio gli aghi delle conifere e la corteccia delle querce; la cenere di erba, soprattutto quelle a stelo lungo come i cereali, contiene quantità elevatissime di silicio; nelle parti giovani (foglie giovani, rametti, gemme) si accumula maggiormente il potassio e, in alcune piante, il ferro; i semi sono spesso ricchi di magnesio. L'estrema complessità del contenuto chimico di una cenere, associato all'estrema varietà ha portato, da sempre, i ceramisti che la usano nella composizione degli smalti a regolarsi in maniera estremamente semplice. Di fatto nessuno sta lì a studiare l'analisi chimica di una cenere prima di comporre il proprio smalto. L'utilizzo della cenere fa entrare negli smalti una miscela molto variabile di elementi solubili e insolubili, alcali e acidi, ma quello che importa non è tanto la conoscenza della esatta composizione della cenere che stiamo usando, certo questo può darci qualche indizio su cosa possiamo aspettarci, piuttosto, però, è necessario studiare il comportamento delle ceneri che abbiamo a disposizione. Tanto per rendere chiaro il concetto Phil Rogers, nel suo "Ash Glaze", propone il raffronto tra quattro analisi chimiche di cenere di legno di melo utilizzate da quattro noti ceramisti, senza entrare nei dettagli, le differenze sono notevoli: il calcio varia dal 58% allo 83% mentre il potassio dallo 1% al 18% però, riflettendo, si nota che dove il calcio è in quantità maggiore, minore è quella del potassio e viceversa, resta il fatto che la somma dei due rappresenta sempre un valore intorno all'80% al ceramista può bastare quest'ultimo dato, il resto lo farà inevitabilmente l'esperienza diretta. Tutti gli altri componenti, presenti in percentuali minori, danno comunque il loro contributo, possono alterare il colore, la lucentezza, dare effetti opalescenti rappresentano le impurezze, per chi è abituato a concepire le componenti degli smalti come pure (carbonato di calcio, silicio, borace ecc insomma prodotti industriali piuttosto raffinati) e questo rappresenta, probabilmente, il grande fascino della cenere; gli orientali hanno sfruttato questa caratteristica per conferire agli smalti quei piccoli difetti, quelle alterazioni e l'imprevedibilità che loro amano perché li mettono in più stretta relazione con la natura; del resto, gran parte del fascino dell'antica ceramica orientale è dovuto alle alterazioni che i ceramisti non potevano e, forse, non volevano eliminare, alterazioni spesso dovute proprio all'uso della cenere. L'esempio classico è quello del ferro presente nelle ceneri che conferiva le tonalità azzurrognole o verdastre (celadon) ai primi smalti da porcellana. Torniamo alla cenere: una cosa, effettivamente va tenuta in considerazione, ed è la differenza tra le ceneri che contengono prevalentemente calcio e potassio e quelle più ricche di silicio, come dicevo, in generale la cenere di legna di alberi e cespugli contiene grandi quantità di calcio e potassio, quindi tenderà a comportassi come un fondente, la cenere di erba e la crusca dei cereali generalmente tenderanno a comportarsi come vetrificanti Un tentativo di codificare questa differenza è stato condotto da Bernard Leach che ha suddiviso la cenere i tre gruppi: legno duro, medio e soffice (hard, medium, soft), dove prevalgono gli elementi fondenti il legno è soffice, dove prevalgono gli altri componenti è duro quando non c'è prevalenza netta è medio. Questa è, per adesso, l'unica vera differenza da considerare. Per chi fosse interessato, su internet credo si trovino composizioni chimiche di vari tipi di cenere. |
AutoriVesuvioLab Archivio
Ottobre 2023
Categorie
Tutti
|