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Monte Cimino - Un celadon

16/9/2020

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Foto

Un celadon del Monte Cimino

Smalto di cenere di legna di pino (lavata); roccia del Cimino (probabilmente una trachite); quarzo.

Il colore, tenue, è quello del celadon. Un tenero celadon che ricava l'ossido di ferro (agente colorante) sia dalla roccia che dalla cenere (la legna di pino è tra quelle che contengono più ossido di ferro).
Le colature sono quelle tipiche degli smalti di cenere.

Il quarzo, un 20% circa, l'ho aggiunto semplicemente per mancanza di coraggio.
Lo dico perché adesso sto cercando di ricordare, senza riuscirci, il motivo che mi ha impedito di utilizzare una semplice formula 50/50 roccia-cenere; allora devo pensare che avessi bisogno di inserire il materiale nuovo (la trachite) tra almeno due materiali conosciuti (cenere e quarzo). Questa scelta, in qualche modo, deve avermi rassicurato.
Naturalmente tutto ciò accade per la pigrizia; altrimenti avrei preparato i provini per una linear blend (una serie di miscele variabili tra due materiali) e, successivamente, per testare una composizione a tre materiali. Insomma quello che si deve fare in caso di sperimentazione di un muovo materiale.
Ok, allora farò così.

Intanto, per essere chiari, trovo questa ciotola bellissima.
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Smalti - 3

3/3/2020

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Gli ossidi

Segue un elenco dei principali ossidi fondenti, coloranti e opacizzanti.
Scriverlo è stato molto noioso. Non credo che leggerlo lo sia di meno. Ma spero che possa essere un utile riferimento per consultazioni puntuali.
​

Ossidi fondenti

POssido di sodio Na2O: punto di fusione 860°C -  potente fondente alcalino a tutte le temperature. L’alto coefficiente di espansione termica può favorire la cavillatura. Inoltre, lo smalto che se ne produce è soffice e non molto resistente nel tempo. Tutti i composti semplici del sodio sono solubili, quindi, deve essere usato sotto forma di fritta, o fritta “naturale” (feldspati). Vivacizza i colori.
Ha la caratteristica di volatilizzare sopra i 1100°C creando vapori all'interno del forno che reagiscono con l'argilla; per questo è utilizzato nella tecnica di smaltatura a vapori di sale.
Spesso si trova scritto nella forma NaKO dato che alcune fonti di ossido di sodio contengono anche ossidi di potassio (es. i feldspati).
​Fonti insolubili: fritte, feldspati e felspatoidi di sodio. Inoltre è presente, in misura minore, nei feldspati di potassio e nel ceneri vulcaniche. In realtà fritte e nefelina sienite presentano una leggera solubilità.
Fonti solubili: carbonato e bicarbonato di sodio; sale da cucina; borace; cenere di legna non lavata e colemanite.
Ossido di potassio K2O: p.f. 750°C - fondente alcalino, molto simile all’ossido di sodio, rispetto al quale è un po' meno potente come fondente e produce smalti leggermente più duri e resistenti. Come il sodio  favorisce l'insorgenza di cavillature.
Fonti insolubili: feldspati e ceneri vulcaniche cui si aggiungono fritte che sono leggermente solubili.
Fonti solubili: ceneri di legna non lavate.

Ossido di litio Li2O: p.f. 800°C - il più potente fondente alcalino a tutte le temperature; con appena il 2% di litio nello smalto si può ridurre la temperatura di maturazione di un cono. Quindi, seppure questo fondente, come sodio e potassio, ha una bassa viscosità che favorisce la formazione di cavillature nello smalto, il suo forte potere fondente consente di aggiungere silice, allumina e calcio che compensano tale tendenza e aiutano a produrre superfici di smalto dure.
Interviene sui colori prodotti da ossidi coloranti modificandoli.
​Fonti insolubili: carbonato di litio e fritte (entrambi leggermente solubili); minerali di litio, tra i quali petali te, spodumene e lepidolite.
Ossido di calcio CaO: p.f. 2570°C (anche se inizia il processo di fusione a 2012°C) - fondente alcalino-terroso; uno dei principali fondenti per temperature medio-alte. Produce smalti forti, durevoli, resistenti a graffi e acidi.
In quantità superiori al 30% il carbonato di calcio (principale fonte di ossido di calcio) favorisce l'insorgenza di rivoli, piccole colature, all'interno dello smalto, inoltre, se il raffreddamento è lento, produce un effetto opacizzante. L'ossido di calcio in quantità elevate tende a sbiadire i colori prodotti dall'ossido di ferro, mentre, in quantità minori, non incide in modo significativo sui colori.
Fonti solubili: colemanite, cenere di ossa, cenere di legna.
Fonti insolubili: carbonato di calcio, roccia calcarea, wallastonite, dolomite e fritte.
Ossido di magnesio MgO: p.f. 2800°C anche se inizia l'azione fondente già a 1170°C - Fondente alcalino-terroso adatto alle alte temperature. Conferisce allo smalto una superficie liscia, opaca o matt (in lingua inglese si trova spesso descritto come buttery mattes o fat mattes). Tende un po' a sbiadire i colori anche se con lo stagno produce un bel bianco. La formazione di silicati di magnesio negli smalti può dare vita a cristalli screziati verdi da cui gli smalti detti tea dust.
L'ossido di magnesio ha un basso coefficiente di espansione che, di conseguenza, riduce la formazione di cavillature.
Conferisce agli smalti durezza e durabilità. 
Fonti non solubili: talco, dolomite e carbonato di magnesio (quest'ultimo ha una leggera solubilità).
Fonti solubili: solfato di magnesio.
Ossido di bario BaO. p.f. 1923°C - Fondente alcalino-terroso molto attivo alle alte temperature.
Produce colori vividi soprattutto con rame e cobalto e belle superfici opache e satinate; la combinazione superficie opaca e colore vivido è proprio tipica di quest'ossido.​
Anche se l'ossido di bario ha un'alta viscosità, dato il suo alto potere fondente, se la temperatura nel forno sale troppo, gli smalti che lo contengono tendono a colare.
L'espansione termica è media.
​L'ossido di bario è tossico! Lo è in forma di polvere per chi lo maneggia nella composizione degli smalti (in certe condizioni può essere assorbito dalla pelle) e lo può essere negli smalti cotti, pertanto non va mai utilizzato nella ceramica funzionale.
​Fonti non solubili: solfato di bario che per rilascia fumi sulfurei in cottura. Il carbonato di bario è leggermente solubile come anche le fritte.
Ossido di zinco ZnO: p.f. 1975°C - fondente secondario (o ausiliario) per cotture in ossidazione. In riduzione, invece  vira nella forma metallica e volatilizza sopra i 950°C. Per questo è meglio non utilizzar
​lo per cotture in riduzione, infatti, volatilizzando uscirebbe dal camino con i fumi e ricadrebbe nell'intorno del forno sotto forma di polvere tossica.
La risposta cromatica dello zinco può essere ottima, ad esempio in combinazione con rame e cobalto, o piuttosto deludente come col cromo e col ferro.
Conferisce durezza e durabilità allo smalto.
Funziona anche come opacizzante.
È particolarmente utile per la sua caratteristica di aiutare la cristallizzazione; quando lo smalto raffredda, soprattutto in smalti a basso contenuto di allumina. 

Gli smalti contenenti zinco presentano un forte ritiro nella fase iniziale della cottura che ne favoriscono la tendenza a formare grumi (mi sfugge il termine in italiano... in inglese si dice crawling); per questo, spesso, si usa ossido di zinco calcinato.
Ossido di piombo Pb3O4: p.f. 880°C - noto come "piombo rosso" è un potente fondente alle basse temperature. In forma di ossido è tossico e inquinante, per questo viene usato normalmente sotto forma di fritta. Il piombo vivacizza i colori. Sopra i 1180 °C volatizza creando un gas tossico e dannoso per il forno.
Ossido di bismuto Bi2O3: p.f. 825°C - fondente alle basse temperature. Non è tossico.

Tipi strani

Ossido di boro B2O3: p.f. 700°C, ma inizia a fondere già a 300°C - è un ottimo fondente per le basse temperature; è usato come fondente secondario anche in quelle alte (sebbene volatilizzi oltre i 1150°C); malgrado la sua formula chimica sia simile a quella dell'allumina, l'ossido di boro, oltre che  fondente, è anche un vetrificante.
Gli smalti contenenti boro hanno una buona risposta cromatica agli ossidi coloranti; in particolare, alle alte temperature sono caratteristici i toni bluastri e, più in generale, gli effetti striati.
L'ossido di boro conferisce agli smalti un basso coefficiente di espansione termica che limita la tendenza alla cavillatura, del resto, quanto tale ossido è presente in quantità superiori al 10% lo smalto perde elasticità vanificando gli effetti positivi della bassa espansione termica.
A differenza del piombo, non è tossico ma non produrre la ricchezza e vivacità dei colori degli smalti piombici.
Normalmente è introdotto nello smalto sotto forma di fritta  o attraverso la colemanite, entrambe leggermente solubili.
Altre fonti solubili 
di boro sono la borace, l'acido borico.
Ossido di fosforo P2O5: p.f. 580°C - preso da solo è tossico ma, normalmente si trova combinato con ossido di calcio perdendo la sua tossicità (su questo è necessario un approfondimento anche se una delle principali fonti di fosforo sono le ossa calcinate le quali non mi risulta che presentino particolari problemi di tossicità).
Tecnicamente l'ossido di fosforo è un vetrificante. In realtà non può sostituire il silicio nemmeno parzialmente. Quello che accade, con modeste percentuali di fosforo (praticamente tracce) all'interno di uno smalto siliceo, è che si producono piccole goccioline vetrose di fosforo disperse nella matrice vetrosa di natura silicea. Queste micro-goccioline hanno effetto sulla diffusione della luce e, quindi, sulle caratteristiche dello smalto. Quantità maggiori di fosforo tendono ad opacizzare lo smalto.
L'elevata espansione termica del fosforo è relativamente poco rilevante dato l'utilizzo in quantità molto modeste di quest'ossido negli smalti.
Fonti solubili: alcune ceneri vegetali e ossa calcinate.
Fonti insolubili: ambigolite e fritte.

Ossidi coloranti e opacizzanti

Coloranti


Ossido di ferro rosso (Fe2O3); magnetite (Fe3O4);  ossido di ferro nero​ (FeO); idrossido di ferro (Fe2O3.H2O): p.f. 1548°C - è uno dei principali coloranti utilizzati in ceramica; molto sensibile all'atmosfera (ossidante o riducente) di cottura; in funzione della quantità, delle caratteristiche dello smalto in cui viene introdotto e delle modalità di cottura può produrre una gamma di colori che comprende un'ampia gradazione di marroni, gialli, verdi, azzurri, celadon. Con riferimento alla ceramica dell'estremo oriente, dobbiamo agli ossidi di ferro i celebri tenmoku, i kaki, i tea dust ed  effetti quali l'oil spot e i colori metallici.
Molto spesso è presente naturalmente nei materiali naturali usati per comporre gli smalti. In diverse percentuali è presente nei feldspati, in quasi tutte le argille naturali, nelle ceneri e, combinato cn altri ossidi in molti coloranti.
Funziona a tutte le temperature.
Sopra il 4% contribuisce all'effetto fondente. 
L'ossido di ferro rosso è caratterizzato da particelle molto sottili e si distribuisce molto bene negli smalti mentre, quello nero, presenta normalmente una granulometria un po' più grossolana che tende, in alcuni casi, a produrre macchioline nere sulla superficie dello smalto cotto.
Oltre agli ossidi di ferro commerciali, con diverse gradazioni di purezza, altre fonti sono l'ocra, la terra di Siena, argille come la terracotta, solfato di ferro, rutilo, ilmenite, magnetite.

Ossido di rame (CuO) carbonato di rame (CuCO3): p.f. ossido 1326°C; p.f. carb. 200°C - insieme al ferro è uno dei principali coloranti, utilizzato consapevolmente fin dall'antichità. In ossidazione fornisce una bella varietà di verdi e turchesi. In riduzione vira sui rossi. Nelle diverse cotture fornisce neri e rosa. Nella tradizione orientale è il colorante fondamentale per il cosiddetto "peach Bloom"  Fondente. Alle alte temperature il rame "salta", per meglio dire: evapora, questo vuol dire che si diffonde nell'atmosfera del forno e può passare da un pezzo ad un altro vicino durante la cottura.
L'ossido di rame ha un alta espansione termica e quindi gli smalti che lo contengono possono essere maggiormente soggetti alla cavillatura.
Il carbonato si diffonde molto bene negli smalt mentre l'ossido, più grezzo, può produrre quei tipici puntini neri.
Oltre all'ossido di ferro (polvere nera) e al carbonato di rame (polvere verde), il rame può trovarsi in commercio come solfato (polvere azzurra utilizzata in agricoltura) o come ossido di rame rosso (Cu2O) che, però, è un po' completato da mescelare; se vi capitata fatemi sapere che un consiglio lo posso dare.
In generale i prodotti del rame sono tossici e vanno usati con cautela.

Ossido di cobalto (Co3O4): p.f. 905°C - potentissimo colorante, fornisce il blu in tutte le condizioni. Ne bastano quantità modeste, lo 0,25% in uno smalto è sufficiente per ottenere un bel blu pieno. E' anche molto fondente ma le quantità minime introdotte negli smalti rendono quesa proprietà quasi ininfluente.
​Oltre all'ossido (polvere nera), il cobalto si può trovare nella forma di carbonato (CoCO3 polvere rosa) leggermente meno colorante dell'ossido ma con ottima capacità di diffondersi nello smalto.
Anche ossido e carbonato di cobalto sono tossici e vanno usati con le dovute precauzioni e cautele.

Ossido di cromo (Cr2O3): p.f. 2435°C - colorante molto forte, ne basta uno 0,5% nello smalto per avere un verde deciso sia in riduzione che in ossidazione. In quantità più elevate vira verso il nero. Molto usato in combinazione con altri ossidi per ottenere un'ampia gamma di colori; per esempio con lo stagno può fornire il rosa; con lo zinco il marrone; negli smalti contenenti bario o sodio, col cromo si può ottenere un giallo/verde.
Le polveri di cromo sono pericolose; inoltre, poiché volatilizza a 1241°C, produce fumi velenosi. Va utilizzato con cautela e soprattutto con consapevolezza.

Ossido di manganese (MnO): p.f. 1080°C - produce negli smalti colori tra il marrone e il melanzana. Usato anche per produrre smalti neri. Usato in piccole quantità si dissolve bene negli smalti mentre, in quantità maggiori tende a fornire superfici opache a causa della cristallizzazione.
​L'ossido di manganese è tossico e, alle alte temperature, evapora, quindi va utilizzato con attenzione.

Ossido di titanio (TiO2): p.f. 1850°C - come colorante tende ai colori giallo e crema.
Molto usato come rutilo (TiO2+FeO), p.f. 1825°C una forma di titanio e ferro, fornisce colori crema, bronzo e bluastro con tipiche striature.
Funziona anche come opacizzante (vedi).

Ossido di nichel (Ni2O3): p.f. 1990°C - ne so poco a parte il fatto che è tossico. Tossica la polvere e, siccome ad alta temperatura evapora, crea fumi tossici.
​Ossido di zirconio (ZrO2): vedi negli opacizzanti. Come colorante è bianco.

Opacizzanti

Ossido di stagno (SnO2): p.f. 1150°C - opacizzante; tipicamente usato nella produzione dello smalto bianco da maiolica, quindi, per la bassa temperatura.
A differenza dello zirconio che conferisce un bianco freddo, il bianco dello stagno tende verso toni più caldi e morbidi, come il bianco latte.
In atmosfera riducente e alle alte temperature, lo stagno perde la caratteristica di opacizzante e prende un colore grigiastro.
​Ossido di zirconio (ZrO2): p.f. 2700°C - le particelle di zirconio restano sospese nella matrice vetrosa dello smalto senza fondere e questa caratteristica produce la qualità opacizzante.
Conferisce un colore bianco freddo che gli anglosassoni chiamano "refrigerator w
hite" (mi rendo conto che l'aggettivo freddo ha a che fare in qualche modo col sostantivo frigorifero, ma direi che la loro coesistenza nella frase appena scritta, sia solo una coincidenza).
Ha bassa espansione termica da cui ridotta propensione al cavillo dello smalto.

Nella forma di silicato di zirconio perde la qualità opacizzante a causa della componente vetrificante (silicato). In questo caso resta la funzione di colorante (bianco).
​
Ossido di titanio (TiO2): p.f. 1850°C - come opacizzante agisce creando piccoli cristalli nella matrice vetrosa dello smalto.
Ossido di zinco (ZnO): p.f. 1360°C - opacizzante, negli smalti a basso contenuto di allumina favorisce la tendenza alla cristallizzazione. Funziona anche come fondente. Interviene a modificare il colore degli altri ossidi coloranti.
Foto
Poi, col tempo, magari tornerò su questi ossidi per ampliare, approfondire, ed eventualmente, correggerne le descrizioni.
​Col tempo...
Col tempo magari comprenderò anche se tutto ciò ha un senso.
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Smalti - 2

1/3/2020

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COMPONENTI DELLO SMALTO

Il Vetrificante

Il componente vetrificante degli smalti è rappresentato dall’ossido di silicio (SiO2), detto silice.
La silice pura fonde a 1723°C.
In combinazione con altri ossidi il punto di fusione sarà determinato dall’eutettico (vedi rimando in fondo al riquadro) della miscela.
Presenta uno dei più bassi coefficienti di espansione termica tra gli ossidi usati in ceramica (insieme all'allumina e al boro).

In linea generale, sempre nell’ambito degli ossidi utilizzati in ceramica, la silice si comporta come elemento refrattario. 
Negli smalti, la silice costituisce la matrice vetrosa che ingloba tutti gli altri componenti ed è il principale, e spesso l’unico, ossido vetrificante; altri ossidi con questa funzione rappresentano eccezioni e, in prima battuta, li possiamo trascurare.
Nella maggior parte degli smalti lo SiO2 complessivo raggiunge e supera, il 60% degli ossidi presenti (vale la pena accennare al fatto che la silice è il componente principale anche delle argille, della porcellana e, in generale, degli impasti ceramici, nei quali il suo contenuto arriva e supera il 70%).
Negli smalti la silice è introdotta attraverso diversi materiali. Oltre al quarzo, infatti, la silice è presente in tutte le argille, nelle fritte, nei feldspati, nelle ceneri vulcaniche, in alcune ceneri vegetali.
Il quarzo è un minerale naturale costituito praticamente al 100% dalla silice. Nelle ricette di smalti in lingua inglese spesso si trova il termine
flint, la selce in italiano, una roccia sedimentaria composta da (micro)minerali di quarzo. Quindi quarzo e selce, come in inglese, quarz e flint, indicano minerali e rocce, composti da SiO2 allo stato puro (nella selce può esserci una piccola componente di impurità come il carbonato di calcio). 
Ma lo SiO2 che costituisce il minerale del quarzo è qualcosa di completamente diverso da quello presente in altri minerali e rocce e ceneri vegetali.
Ad esempio nei feldspati si trova combinata chimicamente con l’allumina (Al2O3) e con altri ossidi (KNaO) con i quali forma minerali cristallini; in questo caso parliamo di silicati.
Anche le argille sono costituite da allumino-silicati.
Analogamente le ceneri vulcaniche contengono silicati combinati con allumina e altri elementi chimici secondo composizioni molto varie in funzione dei luoghi di provenienza.
Poi ci sono altri tipi di silicati come la wollastonite che combina la silice al calcio (CaSiO3).

La silice può entrare nello smalto attraverso le cosiddette "fritte" (vedi riquadro sui fondenti) in forma di vetro.
Infine c'è anche la possibilità di utilizzare alcune ceneri vegetali, in particolare la cenere di crusca di riso e, più in generale, le ceneri di paglia, che contengono alte quantità di silice (fino e oltre il 90%). Questo tipo di silice ha due caratteristiche peculiari: le dimensioni ridottissime delle sue particele e il legame con altri elementi chimici caratteristici delle ceneri vegetali (es. il fosforo).

In conclusione, la silice è fornita da diversi materiali e può trovarsi in forma cristallina (quarzo); microcristallina (selce); come silicato, combinato chimicamente con altri ossidi (feldspati, argille, wallastonite, ecc); in forma ancora più minuta e comunque in combinazione chimica con altri elementi (ceneri vegetali); in forma vetrosa (fritte). Tutti questi materiali, cedendo la loro quota parte di SiO2, contribuiscono alla formazione della fase vetrosa dello smalto.
Ma non lo fanno tutti allo stesso modo
.
Diversi materiali si dissolvono (e dissolvono la loro componente di silice) nel fuso a una velocità e, quindi, a una temperature che sono funzione della natura e dimensione delle particelle di silice e dei legami con altri elementi. Questo aspetto è importante perché, ad esempio, se si introduce lo stesso quantitativo di silice richiesto da una ricetta sotto forma di quarzo o utilizzando la cenere di crusca di riso il risultato sarà differente, sia per la diversa natura della silice che per la presenza o meno di altri elementi chimici legati ad essa.

Generalmente aumentando la silice in uno smalto si ottengono i seguenti risultati:
- aumento della temperatura di fusione;
- maggiore viscosità dello smalto allo stato fuso (diminuisce la fluidità);
- aumento della resistenza dello smalto (come prodotto finale) agli agenti chimici (maggiore resistenza alla lisciviazione); 
- migliorare legame tra lo smalto e il corpo del pezzo;

- maggiore durezza e brillantezza dello smalto (per incremento della componente vetrosa);
- minore coefficiente di espansione termica con conseguente riduzione della tendenza alla cavillatura;
- aumento della devetrificazione.

L’ultimo è un concetto su cui porre un po’ d’attenzione perché fa riferimento a specifiche condizioni. In particolare, un eccesso di silice in smalti cotti ad alta temperatura, con tempi lunghi di raffreddamento, può dare origine a un processo di cristallizzazione.
Vetro siliceo e cristallo si silice, come noto, non sono la stessa cosa pur avendo entrambi  come componente prevalente l’ossido di silicio. Senza scendere troppo in profondità in concetti di chimica, basta pensare che il vetro ha una struttura non ordinata, le molecole che lo compongono sono disposte come in un liquido (si dice che il vetro è un liquido sopraffuso); i cristalli, invece, hanno una struttura molecolare ordinata, di solito favorita dalla lentezza del raffreddamento della massa fusa. A parità di contenuto chimico, vetro e cristallo si presentano in modo diverso. Tanto per fare un esempio, il magma che si raffreddi molto lentamente all’interno della crosta terrestre genererà rocce formate da cristalli tanto più grandi quanto più il processo sarà lungo; esempio tipico è il granito con i suoi cristalli di quarzo, di feldspato, di mica. Se il magma fuoriesce attraverso i vulcani, la lava, pure ricca di silicio, raffreddandosi repentinamente può produrre ossidiana, un vetro naturale, del tutto simile a quello di produzione umana. In conclusione, gli smalti più trasparenti e lucenti sono quelli vetrosi mentre la cristallizzazione tende ad opacizzarli.
Mi sono dilungato ma parole come cristallizzazione o devetrificazione, parlando di ceramica, non sempre risultano chiare.
Eutettico

Lo Stabilizzante o Refrattario

Il principale ossido refrattario è l’allumina (ossido di alluminio Al2O3) che, in percentuale più o meno elevata, è presente in tutte le argille.
Negli smalti da gres e porcellana la quantità di ossido di alluminio è compresa tra il 9% e il 15%.
Le sue principali funzioni sono:
- conferire resistenza e viscosità dello smalto crudo che ne rendono più facile l’applicazione;
- stabilizzare lo smalto fuso impedendo alla silice di colare quando raggiunge il punto di fusione;
- rendere lo smalto più refrattario in cottura ma al contempo conferisce al prodotto finito durabilità e resistenza.
L’allumina viene introdotta negli smalti principalmente attraverso i feldspati e le argille (es. ball clay e caolino in particolare per le alte temperature); in parti minori con le ceneri vulcaniche. È utilizzata anche l’allumina (idrata o calcinata).
L’allumina pura fonde a 2072°C.

Il Fondente

I fondenti possono essere a base piombica, boracica, alcalina (sodio, potassio, litio) o alcalino terrosa (carbonato di calcio e/o di magnesio).

Per smalti alle temperature da grès e porcellana, i principali ossidi con funzione di fondente sono gli ossidi alcalini (sodio, potassio e litio) e alcalino-terrosi (calcio e magnesio), inoltre ci sono da segnalare il bario (che però è velenoso), il boro e lo zinco. Per le basse temperature, invece, prevalgono gli ossidi di piombo (con i suoi noti problemi di tossicità), di boro e, anche qui, gli alcalini (sodio, potassio e litio).

Come detto, gli smalti non sono composti dagli ossidi puri ma da ingredienti che li contengono; si tratta di materiali più facilmente reperibili, economici e più scuri per la salute di chi li maneggia. Spesso questi materiali, oltre agli ossidi fondenti apportano anche un contributo alla componente vetrificante e/o a quella refrattaria oltre a poter contenere coloranti o opacizzanti.
Alle alte temperature, tra i principali ingredienti degli smalti che introducono gli ossidi con funzione di fondente (a titolo non esaustivo) troviamo i feldspati, il carbonato di calcio, la cenere di legna, le ceneri vulcaniche, la dolomite.
I feldspati e le ceneri vulcaniche forniscono fondenti dato il loro contenuto di alcali (sodio, potassio, litio e calcio). A titolo di esempio le formulazioni dei principali feldspati sono: feldspato potassico K2O.Al2O3.6SiO2 e feldspato sodico Na2O.Al2O3.6SiO2. I carbonati, invece, si decompongono durante la cottura liberando anidride carbonica in forma gassosa fornendo ciò che resta: l’ossido di calcio (e di magnesio nel caso della dolomite). La cenere di legna* contiene sia alcali che carbonato di calcio in proporzioni variabili a seconda dell’essenza arborea di provenienza.
Per le basse temperature è più difficile trovare materiali in grado di scomporsi in cottura per fornire gli ossidi fondenti. Il problema è stato risolto con le “fritte”. Si tratta di materiali prodotti mediante fusione degli ossidi fondenti insieme alla silice e, in alcuni casi, anche con l’allumina. Quando il composto è allo stato fuso viene versato in acqua; il raffreddamento istantaneo lo fa vetrificare. Il composto viene macinato finemente (praticamente polverizzato). Le fritte hanno, alle basse temperature, un funzionamento piuttosto simile a quello dei feldspati alle alte temperature. Le fritte più comuni sono a base di piombo (piombica) o di boro (boracica) o di alcali (alcalina).

*Attenzione a non includere nella categoria delle ceneri vegetali da usare quali fondenti le ceneri di paglia o di crusca o di erba poiché si tratta di materiali completamente diversi che, come vedremo, contribuiscono a sviluppare tutt’altre caratteristiche.

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Opacizzanti e coloranti

Si tratta di componenti accessori degli smalti perché, a differenza di vetrificanti, refrattari e fondenti, è possibile realizzare uno smalto da ceramica senza ricorrere necessariamente ad essi.
La loro funzione è ovvia.
Come per gli altri elementi che compongono gli smalti, anche coloranti e opacizzanti possono essere visti dal punto di vista dei materiali utilizzati per introdurli negli smalti o da quello degli ossidi, contenuti in questi materiali, che effettivamente svolgono l'azione di modificare il colore o la trasparenza di uno smalto. Bisogna però dire che, a differenza dei fondenti, coloranti e opacizzanti sono spesso utilizzati in forma di ossido puro. Un'alternativa frequente sono i carbonati (es. carbonato di rame o di cobalto). Esistono anche  materiali naturali come il rutilo (ossido di titanio quasi puro) e gli ocra (idrossidi di ferro).


Diagramma Silice/Allumina

Nello studio degli smalti c’è un dato utile a prevederne l’aspetto finale: è il rapporto silice-allumina da cui dipende la minore o maggiore opacità o, di contro, trasparenza.
​Contenuto basso di silice e alto di allumina produce uno smalto più opaco e meno lucido.

Ad esempio, un rapporto silice/allumina di 5/1 è tipico di smalti opachi mentre 10/1 di quelli lucidi.
In seguito proporrò uno studio di questo tipo di diagramma per alcuni smalti.

Nel prossimo post fornirò un elenco con i principali ossidi fondenti, coloranti e opacizzanti e delle principali fonti utilizzate per introdurli negli smalti ceramici.
Quindi proseguirò con la descrizione dei principali ingredienti degli smalti.

COMPOSIZIONE DELLO SMALTO

La composizione chimica degli smalti è utile per studiare smalti già cotti (es. smalti antichi), per studiare nuove ricette di smalti e per modificare ricette note.
Mi rendo conto che non si tratta di un modo immediato di vedere uno smalto e sicuramente non può sostituire le classiche ricette, anche perché, come detto, gli smalti li componiamo con feldspati, argille, fritte ecc. e non con i singoli ossidi, ma col tempo mi sono reso conto che, quando è nota, la composizione chimica aiuta a comprendere la natura dello smalto con cui abbiamo a che fare consentendoci di prevederne alcune caratteristiche oppure di modificarne comportamenti che non vanno bene.
Riporto qui di seguito la tabella con la composizione in ossidi di alcuni smalti scelti senza un criterio prestabilito; ciò che interessa è solo l'osservazione di generiche composizioni.
In questa tabella non è inserita la cosiddetta L.O.I. (loss on ignition) che si riferisce alla quantità in peso del materiale «perso» durante la cottura (tipico il caso del carbonio).
Cenere di legno 70 Terracotta 30 è un irabo composto, ovviamente, dal 70% di cenere di legna e dal 30% di un'argilla fusibile. Chiaramente la composizione chimica di questo smalto può variare anche sensibilmente data la forte variabilità dei due ingredienti. Matura intorno a Cono 9.
4:4:2 Modificato è uno smalto basato sulla classica formula 4:4:2 dello smalto composto da 4 parti di feldspato, 4 di cenere e 2 di ball clay. Matura tra Cono 9 e 10.
Celadon Yue è uno smalto cinese del X secolo di cui non è nota la composizione in termini di ingredienti. Le analisi di laboratorio ne hanno fornito la composizione chimica. Smalto foto ad alta temperatura.
Nuka (ricostruito) è la ricostruzione di un celebre smalto formulato da Shoji Hamada. L'originale è composto da una parte di Terayama Stone; una di cenere di legna e una di cenere di crusca di riso. La ricostruzione prevede la sostituzione della Terayama Stone con feldspato di potassio e la cenere di crusca di riso con cenere di paglia o direttamente con silice. Matura a Cono 10.

Composto eutettico è un composto di tre ossidi puri (vetrificante, refrattario e fondente) che presenta il punto più basso di fusione. Anche questo composto è riferito alle alte temperature e, pertanto, come fondente prevede l'ossido di calcio. Inizia a fondere a 1170°C.

Trasparente lucido a Bassa Temperatura: è un generico smalto da terracotta il cui fondente principale è una fritta toracica di calcio. Fonde tra Cono 04 e 02.
Foto
Come già detto, di norma non si realizza uno smalto unendo gli ossidi puri ma materiali che li contengono e che hanno il vantaggio di essere meno costosi, meno pericolosi da maneggiare e più facili da reperire.  
A titolo di esempio:
  • l’allumina è costosa mentre i prodotti alternativi sono tra i più economici e facilmente reperibili (es. argille);
  • gli ossidi di sodio e potassio sono caustici a contatto con pelle e occhi mentre i feldspati e le fritte non presentano questa controindicazione;
  • l’ossido di calcio è irritante per la pelle mentre il carbonato di calcio si può maneggiare senza rischi.

Alcuni minerali usati nella preparazione degli smalti forniscono più di uno dei componenti richiesti. Ad esempio:
  • molte argille comuni contengono tutti i componenti necessari per fornire uno smalto completo: silice, allumina, carbonato di calcio (fondente), oltre a ossidi coloranti come ferro e manganese;
  • i feldspati sono degli allumino-silicati contenenti alcali;
  • la wollastonite è un silicato di calcio e, quindi, introduce silice (vetrificante) e calcio (fondente).​
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Smalti - 1

16/2/2020

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SMALTI E VERNICI

Smalti e vernici sono rivestimenti vetrosi, non porosi le cui funzioni principali sono:
  • la protezione del corpo argilloso dagli agenti esterni;
  • rendere la superficie impermeabile e facile da pulire;
  • conferire colore, lucentezza.
Riassumendo, il rivestimento ceramico ha funzioni protettive, igieniche e decorative.

Normalmente gli smalti sono polveri stese sull’oggetto allo stato umido e fissati ad esso per azione del calore che ne provoca la fusione.
​
Il componente principale dello smalto è la silice (o anche anidrid​e silicica, o biossido di silicio SiO2) che, fusa, produce il vetro.
La silice, in ceramica, rappresenta l’elemento vetrificante.
La fusione della silice avviene a 1726°C, una temperatura molto più elevata di quella usata nella ceramica tradizionale, compresa tra 700°C e 1400°C.
Per abbassare il punto di fusione della silice è necessario, quindi, utilizzare un elemento fondente.
I fondenti sono composti chimici che, miscelati alla silice, ne riducono la temperatura di fusione. A titolo indicativo e non esaustivo, si utilizzano a questo scopo: il piombo; gli alcali ((K2O, Na2O); la borace; gli ossidi di metalli alcalino-terrosi (CaO, MgO). Ognuno presenta caratteristiche peculiari che lo rendono più o meno idoneo ai diversi materiali da rivestire, ai processi produttivi adottati (es. temperatura e atmosfera di cottura) e agli altri componenti dello smalto.  
Infine, ottenuta una temperatura di fusione della silice più bassa, si pone un altro problema: la silice fusa passa allo stato liquido e non è in grado di rimanere aderente al corpo ceramico su cui è stata applicata; colerebbe via raccogliendosi sul fondo delle ciotole o sulle lastre d’appoggio dei forni.
Per la composizione dello smalto è necessario, allora, un terzo componente, che sia in grado aumentare la viscosità del composto stabilizzandolo anche alle temperature in cui avviene la fusione (temperature di maturazione dello smalto). Questo componente è detto refrattario o stabilizzante.


In conclusione, i componenti principali di smalti e vernici per ceramica sono tre: i vetrificanti, i fondenti e i refrattari (o stabilizzanti)
.
 



Generalmente i rivestimenti ceramici sono detti vernici, quando sono trasparenti, e smalti se opachi.
Nell’ambito delle vernici si utilizzano anche i termini di vetrina o cristallina per riferirsi a rivestimenti trasparenti a base di piombo (vernice piombifera) che  fondono a temperatura relativamente bassa. Per estensione, oggi, cristallina e vetrina possono indicare genericamente i rivestimenti trasparenti nella ceramica cotta a bassa temperatura.
L’equivalente per gres e porcellane, cotte ad alta temperatura, è coperta; si tratta di vernici boraciche e feldspatiche con punti di fusione più elevati.
Lo smalto è tipicamente un rivestimento opaco per tutte le temperature.. 
In letteratura, però, il termine smalto, così come accade all’equivalente inglese glaze, può indicare genericamente un qualsiasi rivestimento vetroso. In seguito, per non appesantire la trattazione, mi riferirò anche io ai rivestimenti vetrosi in genere, senza distinzione tra trasparenti e opachi.

Vetrificanti, fondenti e refrattari, come vedremo, sono rappresentati da ossidi. 
  • il vetrificante, come detto, è l’ossido di silicio (SiO2); 
  • i fondenti, per gres e porcellane, quindi per le alte temperature, sono, di solito, ossidi alcalini e alcalino-terrosi (K2O, Na2O, CaO, MgO); 
  • lo stabilizzante è l’allumina (Al2O3).
In letteratura sono indicati altri ossidi cui sono attribuite funzione di vetrificante e/o di stabilizzante, come, ad esempio, l’ossido di boro B2O3, ma non sono utili ai fini pratici.
Silicio e allumina mantengono la propria funzione per smalti cotti a qualsiasi temperatura mentre, per le basse temperature, i fondenti sono a base di piombo o sono le cosiddette fritte (sia boracica che alcalina).

Nel prosieguo mi riferirò a smalti e vernici adatte alle alte temperature. Va detto, però, che i principi che regolano il funzionamento di uno smalto sono sostanzialmente gli stessi sia per le alte che per le basse temperature. Ciò che cambia tra smalti da gres e da porcellana cotti ad alta temperatura e smalti da terracotta cotti a bassa temperatura sta nel diverso rapporto che si crea tra rivestimento e corpo argilloso alle diverse temperature.
 
Gli smalti non vengono realizzati componendo gli ossidi allo stato puro, benché ciò sia teoricamente possibile, perché gli stessi ossidi si possono trovare in maniera molto più pratica ed economica, all’interno di rocce, argille, ceneri, quindi, sostanzialmente, in materiali di più facile reperibilità e con minori rischi per la salute.
Inoltre, l’uso di materiali naturali e dei loro derivati discende da lunga tradizione storica.
Ancora oggi, le materie prime sono in gran parte di provenienza naturale (rocce, argille), sia per piccoli laboratori che per produzioni industriali; ciò che cambia sono le modalità estrattive e i processi di lavorazione che forniscono materiali più o meno raffinati.

Quando si parla di ingredienti delle ricette degli smalti ci si riferisce a materiali di origine minerale come le rocce (argille, feldspati, quarzo, carbonato di calcio, pomici …) o a materiali naturali (ceneri di legna, di paglia …) ma, in realtà, è con gli ossidi che li compongono con cui avremo a che fare nella produzione degli smalti. È utile avere sempre presenti tutti e due i punti di vista.
Infine, oltre ai tre componenti di base, negli smalti ne vengono introdotti altri per modificarne l’aspetto, la superficie, il colore, ecc.
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Forno di maggio - Disamina 4

11/8/2019

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Devo premettere che sono un po' stanco del "Forno di maggio".
Ora racconto l'ultimo capitolo, le cose che mi sembrano interessanti da lasciare agli atti, poi inizierò a parlare di quello che verrà; su cui sto già lavorando.
Ci vuole pazienza in questo lavoro.

Il progetto

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Con questo post chiudo il ciclo dedicato allo smalto Irabo e alle sue varianti.
Quelle di oggi sono interessanti perché da un lato apportano modifiche su una delle due componenti di base: l’argilla e dall’altro introducono un terzo elemento, in quantità modeste, tali da non snaturare l’essenza dello smalto di partenza ma in grado di aggiungere un particolare umore, come un cambio di luce.
Come sempre, niente di nuovo. Anche le due formulazioni che propongo qui sono un semplice adattamento ai miei materiali e ai miei metodi di cottura dei lavori di altri ceramisti. L’inizio del percorso, insomma, poi vediamo dove mi porteranno queste varianti.
Tanto per la cronaca, i ceramisti a cui faccio riferimento sono Carlos Versluys e Anne Franchetti.
Al solito, è interessante notare come partendo da formulazioni analoghe si arrivi spesso a risultati radicalmente diversi modificando materiali e cottura, ma questo ormai lo sappiamo e ce lo aspettiamo. Quello che è utile, allora, è individuare, nel risultato ottenuto, le potenzialità di sviluppo. Insomma, non mi voglio soffermare sulle cause che determinano le differenze dall'originale e sforzarmi di raggiungere i risultati già raggiunti da altri, piuttosto voglio andare subito a cercare di capire se il mio modo e miei materiali, combinati a una certa formulazione di smalto, possano dare vita a qualcosa di interessante.
Naturalmente il primo passo è un’applicazione più o meno pedissequa della formulazione data.
Il passo successivo sarà, poi, lo sviluppo delle potenzialità che eventualmente dovessero emergere in prima battuta.
Qui siamo al primo passo.
I due esperimenti proposti prevedono l'uso della terra gialla di Tolfa al posto della terracotta come componente argilloso dello smalto. Ricordo che si tratta di un materiale piuttosto refrattario, quindi è utile aggiungere un terzo elemento, in quantità minore, che favorisca la fusione dello smalto.
Nel primo caso l'elemento fondente è proprio la terracotta, che così rientra nella formulazione dello smalto in qualità di attore non protagonista. Nel secondo caso utilizzo il feldspato.

Arido misto

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Smalto “Arido misto”, una combinazione 50/50 di “Arido 1a” e “Arido 1b”:
Arido 1
Cenere di olmo lavata     40
Argilla gialla di Tolfa        40
Terracotta                         15
Composto nelle varianti “1a” che contiene 2% di Ossido di Titanio e “1b” con il 5% di Rutilo. 
In effetti, tenendo conto che il Rutilo è sostanzialmente ossido di Titanio, credo che di poter sintetizzare la formula mediando le percentuali di Titanio in forma di Ossido con il Rutilo.

Al di là delle macchie di colore (altri smalti), è comunque uno smalto sporco, disomogeneo, grezzo.
Forse va dato con spessori maggiori; probabilmente deve essere amalgamato meglio utilizzando materie prime più raffinate.
​Oppure va bene così sopratutto se utilizzato come complemento di altri rivestimenti.
Nel lavoro che sto preparando, per esempio, che riguarderà i vulcani, chiazze e aloni giallastri possono tornare utili...

Arido 2

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Smalto “Arido 2”
Cenere di pino lavata       48
Argilla gialla di Tolfa         40
Feldspato Na                     10
Ossido di Titanio.                1,5%
Le colature verdognole - di questo specifico color verdognolo - si devono ascrivere, senza meno, alla categoria degli smalti non riusciti.
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Forno maggio - Disamina 3

19/7/2019

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Nella Disamina 2 del forno di maggio scorso ho ripreso a parlare dell'Irabo.
Ho riportato i link di vecchi post sullo stesso argomento e ho cercato di inquadrare l'ambito dello studio che sto portando avanti.
​Quindi...
Il passo successivo è: cosa accade se modifico le condizioni al contorno?
Se utilizzo, per il corpo da rivestire col mio smalto irabo, un gres carico di ossido di ferro (tanto da risultare nero in cottura) come reagisce questo smalto?
Se, invece, sotto lo smalto irabo inserisco un altro smalto?

Irabo su corpo scuro

Il corpo della ciotola è realizzato con un gres chamottato, piuttosto ruvido, carico di ossido di ferro.
C'è qualche chiazza di ingobbito bianco; sembrano macchie del tempo o sporcizia, dipende da chi osserva.
Lo strato di smalto è molto sottile. Ancora più sottile di quanto già fatto con le ciotole presentate nella precedente disamina: praticamente un velo.
Infine, ci sono chiazze di iron stain, difficili da cogliere in foto, se non a contrasto col bianco-giallastro dell'ingobbio: macchie del tempo o sporcizia, dipende da chi osserva.
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Per apprezzare l'effetto dello smalto bisogna notare l'aspetto vagamente metallico della superficie del pezzo, evidente soprattutto a contrasto col fondo del piede che non è smaltato e appare, infatti, più terroso sia nel colore (tendente al bruno rossastro) che nella consistenza superficiale.
Sono ciotole che io stesso faccio fatica a utilizzare per alimenti, anche se non credo che ci siano particolari problemi ma, certo, questa superficie arida e scura e molto ruvida non invita in questo senso; ciononostante ne subisco il fascino. Mi piacciono e, credo, continuerò a lavorarci.
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Irabo su smalto TKTG

A proposito dello smalto che chiamo TKTG ho già detto QUI 
Post del 17/2/2019
Quindi si tratta di uno smalto terroso, non particolarmente lucido e vetroso.
Ci sono i soliti schizzi di iron stain, vari e in diverse formulazioni, gli smalti non hanno spessori uniformi, il tutto conferisce una tessitura naturale come roccia lavorata dagli agenti atmosferici o legno in disfacimento. Materia organica sul suolo.
Le leggere irregolarità della forma della ciotola aiutano l'effetto.
La superficie, rispetto al pezzo sopra, è più morbida e, seppure il colore anche qui non è particolarmente invitante, rassicura la presenza più evidente di un rivestimento del corpo argilloso.
Lo smalto sottostante, il TKTG, vira dal rosso cupo al marrone, dove lo strato di irabo sopra è molto sottile, dove, invece, quest'ultimo è leggermente più spesso forma delle goccioline, come di sudore, dal colore verdastro. Tutta la parte giallastra ... chissà!
In situazioni così poco pulite, qualche volta è complicato riuscire ad interpretare tutto.
Bisogna accettare anche questa parte.
...
Forse ho usato anche un po' di irabo corretto con ossido di Titanio? Oppure ho dato una pennellata di Dry Yellow Ochre? Certo, sarebbe strano non averlo riportato sulla scheda.
Però, proprio rileggendo la scheda, trovo annotato un particolare: questa ciotola, nel forno, stava accanto ad un mucchietto di carbone, messo lì proprio per vedere l'effetto che fa...
Però mi sembra strano che la vicinanza con il carbone dia questo giallastro. Non so...
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Sono oggetti difficili da apprezzare, me ne rendo conto, a me piacciono e li considero punti di arrivo, non di partenza; certo alcuni aspetti vanno migliorati ma sento che il lavoro su questo genere di smalto inizia ad essere compiuto.
Probabilmente il mio occhio è condizionato dal fatto che questi prodotti sono frutto del mio studio e del mio lavoro; mi appartengono. So che, se pure cerco di spiegare, difficilmente riesco a convincere - per così dire - l'occhio di un osservatore esterno, il quale, molto probabilmente, valuta la ciotola di per se, pensandola come possibile oggetto da maneggiare e vedere nel quotidiano tra altre stoviglie, sulla tavola, tra le mani.
Mentre bevi un te o servi olive non pensi a cosa c'è dietro la produzione di un oggetto; è così, a meno che...

Su questo punto ci devo riflettere ancora un po'
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Forno di maggio - Disamina 2

22/6/2019

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Il Progetto

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Continuo a chiamarlo Irabo;
Irabo è il termine giapponese che indica un particolare tipo di smalto da ceramica composto solo da cenere di legna e argilla;
ne ho già parlato QUI                                        e QUI;
post del 8/3/2019 “Irabo”
post del 29/11/2014 “Gli smalti 4 – Irabo”
quindi si tratta di un proto-smalto;
proto: dal greco πρωτος (protos): il primo; 
con questa semplice miscela… con l’aggiunta di argilla alla cenere di legna, di cui si era intuita la funzione vetrificante e coprente, inizia, molto probabilmente, la piena consapevolezza dell’uso del rivestimento smaltante in ceramica. L’argilla serve per stabilizzare la cenere che altrimenti, alle alte temperature, colerebbe.
Alcune volte è così: quattro righe per spiegare diversi secoli di lavoro, studio, sperimentazioni, prove, fallimenti, intuizioni, errori, incidenti fortuiti. 
Poi la conoscenza si mette in viaggio: prima i cinesi, poi i coreani, infine i giapponesi;
​ognuno con la propria sensibilità, cultura e, soprattutto, con i materiali a 
disposizione.
Questa è la storia.
Molto dopo, in epoca moderna, con alle spalle l’evoluzione millenaria dell’uso degli smalti, ogni tanto qualcuno ricomincia da qui: dal proto-smalto; dalla miscela di argilla e cenere di legna.
Oggi, però, nel bagaglio del ceramista ci sono conoscenze di chimica, di fisica e di mineralogia, oltre alla possibilità di approvvigionarsi di materiali prodotti industrialmente o provenienti da posti diversi e 
lontani.
Le possibilità sono maggiori, ma questo non ci rende migliori, sicuramente abbiamo perso la sensibilità nel trattare i materiali che abbiamo tra le mani; è un concetto generale, anche il fuochista, per esempio, oggi dispone di computer che controllano la cottura, di pirometri e tutta la strumentazione per la regolazione del fuoco ma pochi o nessuno saprebbe dedurre la temperatura dal colore della luce nel forno.
Nozioni e tecnica da un parte; sensibilità dall'altra: è così? c'è un equilibrio da ricercare tra queste diverse facoltà?
Le maggiori conoscenze e la strumentazione sofisticata ci devono rendere più responsabili. 
Recuperare tecniche antiche non vuol dire rifiutare l'ampio contenuto del nostro bagaglio ma, al contrario, ci mette nelle condizioni di operare consapevolmente attingendo alle conoscenze che scienza e tecnica ci mettono a disposizione... affinando così la nostra sensibilità.
Ne ho già parlato; ne parlerò ancora; è un tema centrale della nostra epoca.
Sono partito dalla formulazione che prevede l’uso di terracotta, quindi di un’argilla fusibile, in rapporto 50/50 con la cenere di legna lavata.
Non sono certo dell’origine di tale formulazione: cinese? coreana?
immagino che la prima, la proto-formula, fosse diversa; probabilmente prevedeva l’uso di gres, cioè della stessa materia usata per foggiare il corpo dei pezzi da rivestire; così come la cenere, molto probabilmente, non era lavata.
Ecco che con due semplici ingredienti si è già aperto un ampio ventaglio di possibilità;
poi ci sono da considerare l’effetto dello spessore di questo smalto e l’interazione con l’argilla sottostante.
Procedo modificando un parametro alla volta. 
Allora, tenendo a mente il tema dell’infornata di maggio: l’Autunno, vediamo come ho declinato il mio proto-smalto.
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Precisazioni a carattere generale: 
ho mantenuto fissa la formulazione 50/50 terracotta/cenere lavata;
la terracotta è una semplice terraglia rossa commerciale;
la cenere lavata è di legno di pino;
il corpo è di grès bianco;
le variazioni consistono nell’aggiunta di ossidi metallici per modificare il colore dello smalto.
In un prossimo post presento, per lo stesso smalto, sia la variazione dell’argilla del corpo che la presenza di un altro smalto sotto l'irabo.
Annoto sul diario la necessità di riprendere la sperimentazione con la cenere vulcanica, sia miscelata con la cenere di legna, al posto della terracotta, che viceversa. Nel secondo caso uscendo dalla categoria irabo. Forse anche il primo caso è fuori ma trovo la cosa irrilevante.

Ciotola A

Qui ho usato lo stesso smalto sul medesimo gres del corpo usati per i pezzi del post richiamato sopra (“Irabo” del 8/3/2019). 
Anche su questo pezzo ho dato schizzi di iron stain.
È chiaro, che quello che cambia, tra questa ciotola e quelle del post di marzo, è lo spessore dello smalto;
qui c'è solo una pallida e piatta colatura verdastra, lì le colature hanno corpo e spessore e caratterizzano, definendolo, tutto il rivestimento.

A pensarci bene anche lo smalto… qui la cenere usata è di legno di pino, nell’altro caso era di quercia. Per adesso, però, penso di più allo spessore;
questo vuol dire che seguiranno prove con spessori maggiorati.

Comunque devo ricordarmi di riprovare con la cenere di quercia.
Il risultato è una ciotola dall’aspetto un po’ troppo arido, con poca profondità nel colore e priva di elementi decorativi che, risaltando, prendano rilevanza.
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Ciotola B

Lo smalto è lo stesso di prima, pure sul medesimo gres bianco e con gli schizzi di iron stain, ma con aggiunta di diossido di titanio puro in ragione del 2%; in progetto pensavo di metterne meno, l'1%.
Diossido: il suffisso di-dal greco δις (dis) che significa due, doppio; equivalente del latino bis, quindi è come dire biossido; due atomi di ossigeno e uno di titano: TiO2. 
Qui l’ossido è puro, una polvere bianca.
Il titanio tende a far virare il colore verso i toni del giallo.
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Ciotola C

Ancora stesso smalto e stesso gres bianco stessi schizzi, ma con aggiunta nello smalto di Rutilo in ragione del 5%;
Il rutilo è… biossido di titanio.
Non mi è ancora chiara la differenza con il biossido di titanio puro. Il rutilo si presenta come una polvere marrocina. Probabilmente, essendo un minerale naturale e non estratto chimicamente contiene delle impurità. 
Qui è difficile cogliere le differenze tra i due smalti perché la percentuale di biossido di titanio introdotta nella ciotola B è meno della metà di quella del rutilo nello smalto C.
​Insomma, devo approfondire.
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Forno di maggio - Disamina 1

8/6/2019

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Il Progetto

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Le ciotole di quest'infornata nascono così.
Un disegno e qualche appunto sui materiali sugli smalti da usare.
Qui, come ho detto in un post precedente, il tema era l'autunno.
Due ciotole. Simili.
Una dai colori più scuri, col bianco del Nuka all'interno.
L'altra dentro ha uno jun.
Tutte e due hanno schizzi di iron stain e pennellate di smalti vari: tea dust, arabo, saturi di ferro.
Il tutto, però, si fonde in macchie più o meno scure prendendo un aspetto bruno rossastro mischiato a toni nerastri. 
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Complessivamente li trovo due pezzi riusciti. Avrei preferito che venissero fuori chiazze di verde e giallo ma, tutto sommato, vanno bene anche così. ​

La prima - interno nuka

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La seconda - interno jun

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Per lo smalto di fondo il riferimento è il post Da Tian Mu a Tolfa del 12 febbraio scorso.
​Ci potete andare direttamente cliccando sul tasto qui sotto.
Da Tian Mu a Tolfa
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Namako  o Madara

15/3/2019

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Il Namako, detto anche Madara, è il nome di uno degli smalti tipici della tradizione Karatsu.
Dei tre smalti che caratterizzano la produzione ceramica dell'area di Karatsu, questo è il più difficile da riprodurre, sia perché richiede temperature di cottura molto elevate sia perché deve prodursi un effetto screziato e non è scontato che ciò accada.
Infatti, la formulazione dello smalto prevede l'utilizzo, oltre al feldspato e alla silice, di argilla e cenere di legna. Gli ultimi due ingredienti non sono elementi puri ma portano la complessità degli elementi naturali e il controllo di uno smalto in queste condizioni è un po' più complicato.
Ho parlato degli smalti della tradizione Karatsu nei post del 17/2/2019 e del 1/2/2015.
In particolare, nel vecchio post del 2015 fornivo le ricette proposte dalla storica dell'arte Johanna Becker. Il Madara, il quelle ricostruzioni, contiene la cenere di crusca di riso (o di paglia), un materiale particolarmente ricco di silicio. Nel caso di queste ciotole ho utilizzato direttamente polvere di quarzo. Come ho già detto da qualche altra parte, l'uso della cenere di paglia offre spesso risultati sorprendentemente belli ma la gestione dello smalto a crudo è complicatissima perché si tratta di un materiale estremamente voluminoso e difficile da diluire correttamente così che risulta molto complicato rivestire il pezzo in modo uniforme e con lo spessore giusto.
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Personalmente trovo che questo smalto sia il più marino di quelli che sto producendo ultimamente.
E' una considerazione minima, mi rendo conto, ma è utile al processo di emancipazione dalla tradizione giapponese che pure resta il mio principale riferimento nei fatti che riguardano la ceramica.
Un riferimento culturale ma soprattutto tecnico.
I miei maestri sono loro, i ceramisti giapponesi.
Però, a distanza di anni di lavoro, di prove, di studio dei materiali, i miei materiali, di studio sulle forme, mi accorgo che l'obiettivo non è più la replica di pezzi quanto più somiglianti possibile all'originale ma la creazione di qualcosa che mi piaccia, utilizzando gli strumenti fin qui acquisiti.
La sintesi, del tutto personale, di tante esperienze, mie come di altri ceramisti.
Quindi ... tutto qui, uno smalto acqua di mare.

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Irabo

8/3/2019

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Ogni tanto ci torno; perché mi piace.
Mi piace l'idea di un rivestimento tanto semplice quanto imprevedibile; in quanto non completamente gestibile.
E' rustico ed elegante.
Così poco gentile al tatto: Irabo è il nome giapponese per questo tipo di smalto - devo averlo già scritto - e proviene dal termine "ira-ira" che significa fastidioso, irritante, proprio a causa della sua superficie ruvida.
Tenere tra le mani una ciotola del genere è come toccare la corteccia di un albero o una pietra vulcanica levigata dal mare.
Un compromesso tra l'homo faber e la natura della materia che egli lavora e trasforma: l'uomo arriva fino a un certo punto, poi lascia fare agli elementi.
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Gli ingredienti dello smalto sono: terracotta, eventualmente sabbia e cenere di legna.
Di norma è sottilissimo in modo da lasciare trasparire la grana del corpo.
Di origine coreana, è molto apprezzato per le ciotole destinate alla cerimonia del te.

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