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Houhin

16/1/2019

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Foto
Houhin (o Houbin) è una tipica teiera giapponese senza manico.
Di piccole dimensioni è particolarmente adatta a tè pregiati, come il gyokuro, che richiedono un'infusione con acqua a bassa temperatura.
La capacità è intorno ai 100 ml.
Di solito ha un bordo alto o spesso dal quale può essere afferrata con due o tre dita.
In generale deve essere sufficientemente piccola da essere gestita con una sola mano: sollevata e inclinata per versare il tè tenendone il coperchio, fermo al suo posto, con un dito.
Alcuni modelli sono sprovvisti di foro di uscita e il tè esce direttamente dalla fessura tra coperchio e bordo del corpo. 
Lo houhin nelle foto è fatto da me. E' un po' più grande dello standard, sarà da 130-150 ml, così lo posso usare  anche per il sencha; ne esce una tazza.
Se il sencha è buono, con le stesse foglie ci faccio due infusioni. Io dico due "giri".
Per il sencha le quantità di foglie, la temperatura dell'acqua e la durata dell'infusione sono diversi da quanto detto sotto per il gyokuro; del resto il gyokuro è un tè molto pregiato, non proprio idoneo ad un uso quotidiano, mentre a me piace usare questa teiera tutti i giorni.
Le regole vanno interpretate. 
In quanto segue riporto la procedura secondo i giapponesi. Poi, ognuno si regola secondo i propri gusti e le proprie abitudini.
Per fortuna, è così!
Foto
Gyokuro 
Tè verde giapponese dal corpo pieno, sapore dolce e delicato e colore verde chiaro.
Rientra nella categoria dei sencha dai quali differisce per le tecniche di coltivazione, infatti,  nelle ultime tre settimane prima del raccolto, le piante sono protette dal sole con stuoie di paglia o canne.
La schermatura dei raggi solari, tra il 70% e il 90%, rallenta la fotosintesi nelle foglie di tè riducendone, conseguentemente, il contenuto di catechina che è il componente amaro. D'altro canto, la ridotta insolazione provoca l'incremento della teanina (un aminoacido - da non confondere con la teina) e della teina o caffeina (un alcaloide) che esaltano la dolcezza del sapore del tè. 
La teina, secondo i giapponesi, conferisce la componente umami del sapore.
Il sapore del gyokuro, quindi, è corposo e dolce e, sempre secondo i giapponesi, ha un odore simile a quello dell'alga marina. 
L'infusione avviene in acqua a temperatura relativamente bassa: 50
~60°C contro i 70~80°C del sencha e, per questo, richiede tempi leggermente più lunghi (almeno per la prima infusione):  un minuto e mezzo o due.
​Come per altri tè pregiati, anche le foglie di gyokuro possono essere utilizzate per due, anche tre, infusioni successive.
Infine, le foglie, una volta terminata la preparazione del tè, possono essere mangiate. 
A me hanno consigliato di ripassarle velocemente in padella con un filo di salsa di soia o di condirle con una spruzzata di limone.

Data la bassa temperatura dell'acqua di infusione del gyokuro, normalmente si raccomanda di preriscaldare teiera e tazze in modo da mantenere più a lungo il calore.

PS: Il sencha non è buono da mangiare.
Foto
Preparazione del gyokuro con lo houhin
Immaginando che non tutti dispongano di un bollitore con regolazione automatica della temperatura partiamo da acqua bollente.
​La prima infusione:
① versare l'acqua bollente nello houhin per scaldarlo (e per stemperare la temperatura dell'acqua);
② versare l'acqua dallo houhin nelle tazze (due tazze piccole) per scaldarle, in questo modo si abbassa ulteriormente la temperatura dell'acqua; 
③mettere 3~5 grammi di foglie di tè (per 90 ml d'acqua) nello houhin, coprire, ancora senz'acqua, in modo che le foglie "sentano" la temperatura del vapore lasciato dal passaggio dell'acqua. Nel frattempo lasciare per qualche minuto l'acqua a raffreddarsi nelle tazzine;

④ versare l'acqua calda nello houhin;
⑤ lasciare in infusione fino a quando le foglie del tè si saranno aperte quasi del tutto; non del tutto, quasi;

⑥ se le tazze da servire sono due, versare il tè un po' alla volta alternativamente nell'una e nell'altra, in modo da ottenere per entrambe la stessa intensità. Le ultime gocce sono un vero condensato di sapore. Quindi, versare fino all'ultima goccia.
La seconda (e terza) infusione:
⑦ per la seconda infusione è meglio utilizzare acqua leggermente più calda;
⑧ il tempo di infusione, al contrario, potrà essere più breve, anche meno di un minuto;
⑨ come per la prima infusione, versare il tè un po' alla volta alternativamente nelle due tazze fino all'ultima goccia; 
⑩ con i tè migliori si può fare anche un terzo "giro", sarà ancora buono.
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La spiegazione giapponese su come determinare la temperatura giusta dell'acqua per il tè è interessante. 
Fermo restando il fatto che usare un termometro è il sistema migliore, secondo loro, farlo servendo tè ad un ospite sarebbe poco elegante. 
Allora ricorrono ad un sistema empirico.
L'idea è che acqua calda si raffredda di circa 10℃ ogni volta che passa da un contenitore all'altro, quindi,  versandola dal bollitore alla teiera, la temperatura passa a circa 90℃; il secondo passaggio dalla teiera alle tazze la porta a circa 80℃; a questo punto basta aspettare circa 5 minuti per far scendere la temperatura dell'acqua a circa 60-70℃; poi con l'ultimo passaggio, dalle tazze di nuovo nella teiera, la si porta ai 50-60°C necessari per il gyokuro.
Per tè verdi che richiedono temperature maggiori basta eliminare un passaggio o l'attesa di 5 minuti in tazza.
Ovviamente la temperatura dell'ambiente, lo spessore delle tazze, la quantità d'acqua incidono sulla velocità di raffreddamento dell'acqua stessa.
​Basta un po' di pratica. 
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Jun 1 - Cottura in casella

5/1/2019

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Sulla sperimentazione intorno e dentro allo smalto jun, nel forno di novembre.
Cottura in casella: Un confronto.
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In ceramica la Casella è una cassetta di materiale refrattario, generalmente di forma cilindrica, usata come contenitore di pezzi da cuocere. È detta anche gazzetta (dal fr. gazette) e assolve alla stessa funzione della Muffola, che è una camera di materiale refrattario presente all'interno di alcuni forni (forni a muffola). Entrambe hanno allo scopo di evitare che i pezzi in cottura vengano lambiti dalle fiamme. 
Tradizionalmente nella ceramica jun i pezzi vengono inseriti singolarmente nelle caselle, che, pertanto, hanno dimensioni interne di poco superiori a quelle del pezzi stessi.
Le pareti delle muffole e delle caselle sono spesse e, durante la cottura, assorbono molto calore con due conseguenze: rendono la temperatura di cottura più uniforme al proprio interno e rallentano la fase di raffreddamento; nella ceramica jun quest'ultimo aspetto sembra rilevante, infatti, durante il raffreddamento si formano i cristalli che ne determinano l'aspetto e il colore.

Il raffreddamento è parte integrante del processo di cottura.
Durante questa fase lo smalto, che si è fuso durante il riscaldamento, torna a solidificare. 
Le modalità di raffreddamento hanno conseguenze sulla struttura dello smalto e, quindi, sul colore, sulla superficie, sulla sua stessa natura.

Del colore azzurro e delle modalità con cui viene fuori parlerò in seguito perché è un argomento complesso e affascinante e merita una riflessione a parte.
Abbiate pazienza, ci sto lavorando.

Le tre ciotole

Nella cottura di novembre ho infornato tre ciotole realizzate con la stessa argilla, una refrattaria bianca; rifinite con lo stesso ingobbio contenente 5% di ossido di ferro rosso e smaltate con lo stesso smalto jun.
Su tutte e tre ho aggiunto  colature di smalto tea dust sul bordo.
Una combinazione ormai classica del mio repertorio.

Una delle tre è cotta in casella ed è quella più scura.​
Le alte due, necessarie al confronto, erano disposte in punti diversi del forno per valutare eventuali differenze.
Le differenze, in effetti, ci sono.
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Le tre ciotole

Quella cotta in casella

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La sorella cotta all'aperto

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​Confronto

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Le differenze principali sono due e riguardano il colore dello jun: più scuro in quella cotta in casella; e l'effetto delle colature di tea dust: nella cottura in casella prendono un tono nero appena venato di macchioline dorate.
Inoltre, sempre la ciotola cotta in casella, a uno sguardo più attento (o a immagine ingrandita) presenta una diffusa puntinatura lattiginosa, come nebbia. Secondo me si tratta di cristalli di wollastonite (silicato di calcio) formati durante il raffreddamento ma, come dicevo, di questo parlerò in seguito.

​La terza ciotola

La terza ciotola, che mi piace per il suo bordo esterno grezzo, scolorito, a contrasto con l'interno dal colore pieno e tessitura morbida e compatta, dimostra come lo jun assottigliandosi perda la tonalità azzurra per virare verso un grigio-verdastro e diventare, infine, trasparente dove molto sottile.
Del resto, ai fini del confronto con la cottura in casella, aggiunge poco.
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Confronto - Dettaglio spinto

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E' possibile che anche lo jun della ciotola cotta fuori dalla cesella presenti cristalli biancastri, meno evidenti sulla matrice azzurro chiaro. Ma comunque non hanno la consistenza e la diffusione di quelli dello smalto cotto in casella.

Infine

Tutte e tre le ciotole sono state acquistate nei mercatini di Natale.
Mi fa piacere averle vendute perché ciò dimostra quanto siano state apprezzate.
Naturalmente mi dispiace anche essermene privato ma il mio dispiacere è una questione privata.
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