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Smalti di Lipari

31/12/2022

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Piattone

22/5/2022

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​Ampio, irregolare, aperto.
Impasto refrattario a grana media/grossolana.; colore nocciola. 
Foggiatura veloce, senza ripensamenti, senza ritocchi sulle crepe che si aprono lungo il perimetro.
Tre strati di smalto nuka dato a getto che rivelano le successive sovrapposizioni.
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Cratere #2 - Prima prova

8/5/2022

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Un primo passo nella ricerca di un equilibrio soddisfacente tra forma, colore e tessitura superficiale.
Devo dire che le forme mi piacciono e rispondono agli obiettivi del progetto. Anche la tessitura superficiale mi pare che vada bene. Sui colori non so. Rispondono al requisito di "vulcanico" che l'oggetto cratere richiede ma non sono del tutto convinto. Quindi il prossimo tentativo dovrà essere rivolto proprio a questo aspetto. Vedremo ...

Entrambe le ciotole hanno un rivestimento a base di roccia vulcanica. in fondo sempre di crateri parliamo.

Intanto qui abbiamo la Parabola di Nanni Valentini rivisitata.
Avevo bisogno di una forma semplice, adatta a evidenziare la figura (il disegno) lasciando alla materia una funzione di mero supporto alla figura stessa. La Parabola di Valentini mi è sembrata particolarmente adatta allo scopo.
Corpo in gres a grana fine con aggiunta un po' di refrattaria a grana media per dare struttura.
ingobbio: non presente.
Rivestimento: un velo di irabo su tutta la superficie, interna ed esterna, composto da due parti di trachite del Cimino e una di cenere di legna. All'interno uno smalto saturo di ferro. Unghiata di tufo sul bordo.
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La seconda ciotola, il mio Cratere, ribalta l'ordine delle priorità rispetto alla Parabola ed esalta la materia rispetto al disegno. Si tratta di una forma che ho già realizzato e comincio a sentirla mia.
Corpo: gres refrattario a grana media ricco di ferro.
Ingobbio: hakeme (pennellate a spirale dentro e fuori.
​Rivestimento: un velo di irabo su tutta la superficie, interna ed esterna, composto da due parti di trachite del Cimino e una di cenere di legna. Solo all'interno una passata di smalto sempre a base di trachite del Cimino (qui c'è anche quarzo). Ditate di Dry Yellow Ochre.
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Macinatura

22/8/2021

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Qualche giorno fa un lettore mi ha chiesto informazioni sul processo di macinatura delle rocce.
La macinatura, ovviamente, serve per rendere il materiale lapideo adatto alla produzione degli smalti;
il prodotto finale è una polvere sottile con una granulometria che, nella letteratura ceramica, viene solitamente espressa in mesh: si tratta del numero di maglie (del setaccio) presenti per un pollice di lunghezza.
Una granulometria di 80 mesh corrisponde ad una dimensione massima dei granuli di 0,177 mm; di 200 mesh a granuli di 0,074 mm.
La mia strumentazione non mi consente macinare troppo finemente il materiale, credo di attestarmi proprio tra mesh 80 e mesh 200 (una piccola percentuale è anche più grossolana) ma va bene così, mi piace la tessitura non troppo liscia che questo tipo di materiale produce.
Devo anche dire che, una volta composto lo smalto si può ripassare nel mulino raffinandolo ulteriormente.
Senza scendere in dettagli, accenno solo al fatto che la granulometria dei materiali che compongono lo smalto incide sulle caratteristiche non solo fisiche ma anche chimiche dello smalto. I componenti dello smalto, infatti, durante la cottura si scompongono iper fornire gli ossidi che poi si ricompongono generando lo smalto. Intuitivamente si può comprendere come questo processo sia più o meno facilitato dalla dimensione dei componenti di partenza.
Tornando al mio modo di macinare.
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Il primo passaggio è quello più faticoso:
infilo i sassi in un mortaio e "meno forte" fino a quando non ho ridotto la massa lapidea ad un qualcosa di simile a una sabbia.
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Se il materiale è tenero, come quello nelle foto sopra - pomice - già durante questa parte del lavoro si produce, almeno parzialmente, polvere sufficientemente sottile. Tutto il resto va nella giara del mulino.
Il "mulino a palle" è composto da una giara che contiene delle sfere di materiale molto duro (sempre alluminosilicati);
nella giara, mischiata alle sfere, si versa la sabbia da macinare e l'acqua;
quindi si fa girare la giara per alcune ore provocando la frantumazione dei grani di sabbia ad opera delle sfere.
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Si tratta di un lavoro piuttosto faticoso alla fine del quale riesco a produrre tra 1,5 kg e 2 kg di polvere.
​Inizialmente in forma liquida.
​Ancora qualcosa non passa attraverso il setaccio. Mischiata tra la pomice c'era qualche pietra di ossidiana, più dura che ha resistito, ma anche granelli grossolani di pomice. Li scarto e li recupero per la prossima volta.
A seguire una ciotola di caolino di Lipari appena macinato
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Una volta asciutto il prodotto si presenta così, come la polvere di trachite del Cimino, nelle foto sotto;
la roccia più dura con cui ho a che fare.
Non inganni l'aspetto di quelli che sembrano sassi, in realtà sono solo grumi residuo della massa umida, si frantumano facilmente tra pollice e indice;
bisogna solo avere l'accortezza di filtrare lo smalto prima di usarlo.
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Monte Cimino - Un celadon

16/9/2020

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Un celadon del Monte Cimino

Smalto di cenere di legna di pino (lavata); roccia del Cimino (probabilmente una trachite); quarzo.

Il colore, tenue, è quello del celadon. Un tenero celadon che ricava l'ossido di ferro (agente colorante) sia dalla roccia che dalla cenere (la legna di pino è tra quelle che contengono più ossido di ferro).
Le colature sono quelle tipiche degli smalti di cenere.

Il quarzo, un 20% circa, l'ho aggiunto semplicemente per mancanza di coraggio.
Lo dico perché adesso sto cercando di ricordare, senza riuscirci, il motivo che mi ha impedito di utilizzare una semplice formula 50/50 roccia-cenere; allora devo pensare che avessi bisogno di inserire il materiale nuovo (la trachite) tra almeno due materiali conosciuti (cenere e quarzo). Questa scelta, in qualche modo, deve avermi rassicurato.
Naturalmente tutto ciò accade per la pigrizia; altrimenti avrei preparato i provini per una linear blend (una serie di miscele variabili tra due materiali) e, successivamente, per testare una composizione a tre materiali. Insomma quello che si deve fare in caso di sperimentazione di un muovo materiale.
Ok, allora farò così.

Intanto, per essere chiari, trovo questa ciotola bellissima.
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Due pezzi simili

8/9/2020

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Due pezzi simili.
​Ne avevo già fatto uno di questo genere tempo fa ma un giorno, esposto ad un mercato, lo hanno fatto cadere; ci sono rimasto male e ho voluto rifarlo.
Già che c'ero l'ho riprodotto in due versioni.

Le due ciotole rappresentano una delle più sincere espressioni del mio modo di fare ceramica.

Ciotola A

La prima è più o meno una replica dell'originale, per quanto sia possibile riprodurre a memoria un oggetto volutamente irregolare. Si tratta di una grossa ciotola bruno-nerastra, ruvida e slabbrata, decorata all'interno da una pennellata di ingobbio bianco che, all'esterno, produce solo colature. All'interno ci sono anche macchie giallastre. Lo smalto, sottilissimo, impercettibile, è quello che chiamo "corano" ed è composto semplicemente da cenere di legna, feldspato e quarzo.
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​Avete mai visto la roccia lavica di recente formazione, ancora ruvida, nerastra, screpolata?
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Ciotola B

Nella seconda versione ho sostituito l'ingobbio tradizionale con porcellana. Si tratta di una modalità nuova, per me, che ho utilizzato anche in un vaso della stessa infornata (vedi foto del 27 agosto 2020 sulla pagina Instagram di Cono9 "amarvicio"). Qui lo smalto è uno Jun dato sempre piuttosto sottile, non sottilissimo, ma abbastanza per restare trasparente e non riuscire a sviluppare il suo tipico colore azzurro, ad eccezione di un pallido alone dove un po' meno sottile (temo che in foto questo effetto cromatico non appaia).
Il ritiro in cottura della porcellana, decisamente maggiore rispetto a quello dell'argilla del corpo, produce una marcata  screpolatura. Quasi una pelle squamosa.
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Shino 1

15/8/2020

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Il 3 e 4 agosto, di lunedì e martedì, ho cotto;
era tanto che non accendevo il forno; 
tutt'intorno è cresciuta erba alta e una piccola edera spuntava dai mattoni della base e quando l'ho aperto per caricarlo, dentro c'era un nido di vespe vuoto, forse risalente all'estate scorsa, 
Il tempo fa queste cose mentre noi siamo distratti.
Insomma, ho fatto un forno; un forno pieno solo di pezzi rivestiti di smalto shino, la versione occidentale dello smalto shino.
Questo punto è delicato perché riguarda i rapporti tra culture.
Mi occupo di ceramica e da un punto di vista tecnico a questo campo mi riferisco ma certi passaggi credo che abbiano una valenza più ampia, potrebbero valere per la cucina, nel settore tessile o in quello della meccanica.
In Giappone lo shino è una categoria di ceramiche, non un tipo di smalto ma una produzione ceramica caratterizzata da un determinato luogo di produzione, da materiali peculiari di quel luogo sia per la produzione del corpo ceramico che del rivestimento; da specifici processi di lavorazione delle materie prime e di produzione degli impasti e dei rivestimenti e infine dei pezzi. Ovviamente anche la cottura è peculiare, nelle modalità (quella che chiamo scheda cottura) e nella tipologia dei forni.
Tutto il processo, dal primo blocco di argilla estratto dalla cava fino al termine della cottura è codificato, è riferito a materiali e processi specifici.

Quando io parlo di shino, quando lo fanno i ceramisti di tutto il mondo fuori dal Giappone, quasi mai si riferiscono a tutto questo ma solo ad un rivestimento, uno smalto, che presenta alcune delle caratteristiche dell'originale. Alcune, spesso nemmeno tutte.
Negli Stati Uniti, ad esempio, dagli anni '60 si è sviluppato un tipo di lavorazione che ha portato alla definizione di una nuova categoria di smalti shino, detto carbon trap, con il quale si è persa anche la somiglianza esteriore con lo smalto shino originale.
Dico tutto questo perché sia ben chiaro il valore da dare alla parola 
shino, sia qui, in questo post, nel mio blog, sia quando la trovate nei libri, nelle riviste o in altri siti che non siano giapponesi.
Quindi il mio lavoro parte da un'idea estetica originaria e si appoggia sul lavoro che negli ultimi decenni hanno condotto i ceramisti occidentali, in particolare americani, inglesi e australiani.
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Quindi, ho scelto quattro diverse ricette, tutte nell'area del traditional shino, escludendo per il momento altre tipologie come il cosiddetto carbon trap o l'high alumina.
Ovviamente per traditional shino si intende sempre la versione occidentale dell'originale giapponese.

Nella scelta, fatta tra le decine di ricette proposte da vari ceramisti e studiosi, ho cercato di cogliere i diversi aspetti che mi interessava studiare:
- avere una base semplice;
- valutare ricette più complesse;
- studiare gli effetti dei diversi tipi di feldspato (feldspato Na, sienite nefelina, spodumene)i);
- studiare gli effetti di viveri tipi di argilla (ball clay, caolino, terracotta);
​- verificare le interazioni con diversi tipi e colori del corpo sottostante;

​Infine, ho condotto la cottura secondo una specifica scheda, peculiare per questo tipo di smalto, che differisce da quella che adotto solitamente.
​Un passo alla volta cercherò, nei prossimi post di raccontare cosa è uscito da questo forno.

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Intanto, le foto di alcuni dei pezzi di questa infornata sono pubblicate sul profilo Instagram di Cono9 (profilo gestito, come detto in precedente post, da Amarvicio).
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Smalti - 3

3/3/2020

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Gli ossidi

Segue un elenco dei principali ossidi fondenti, coloranti e opacizzanti.
Scriverlo è stato molto noioso. Non credo che leggerlo lo sia di meno. Ma spero che possa essere un utile riferimento per consultazioni puntuali.
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Ossidi fondenti

POssido di sodio Na2O: punto di fusione 860°C -  potente fondente alcalino a tutte le temperature. L’alto coefficiente di espansione termica può favorire la cavillatura. Inoltre, lo smalto che se ne produce è soffice e non molto resistente nel tempo. Tutti i composti semplici del sodio sono solubili, quindi, deve essere usato sotto forma di fritta, o fritta “naturale” (feldspati). Vivacizza i colori.
Ha la caratteristica di volatilizzare sopra i 1100°C creando vapori all'interno del forno che reagiscono con l'argilla; per questo è utilizzato nella tecnica di smaltatura a vapori di sale.
Spesso si trova scritto nella forma NaKO dato che alcune fonti di ossido di sodio contengono anche ossidi di potassio (es. i feldspati).
​Fonti insolubili: fritte, feldspati e felspatoidi di sodio. Inoltre è presente, in misura minore, nei feldspati di potassio e nel ceneri vulcaniche. In realtà fritte e nefelina sienite presentano una leggera solubilità.
Fonti solubili: carbonato e bicarbonato di sodio; sale da cucina; borace; cenere di legna non lavata e colemanite.
Ossido di potassio K2O: p.f. 750°C - fondente alcalino, molto simile all’ossido di sodio, rispetto al quale è un po' meno potente come fondente e produce smalti leggermente più duri e resistenti. Come il sodio  favorisce l'insorgenza di cavillature.
Fonti insolubili: feldspati e ceneri vulcaniche cui si aggiungono fritte che sono leggermente solubili.
Fonti solubili: ceneri di legna non lavate.

Ossido di litio Li2O: p.f. 800°C - il più potente fondente alcalino a tutte le temperature; con appena il 2% di litio nello smalto si può ridurre la temperatura di maturazione di un cono. Quindi, seppure questo fondente, come sodio e potassio, ha una bassa viscosità che favorisce la formazione di cavillature nello smalto, il suo forte potere fondente consente di aggiungere silice, allumina e calcio che compensano tale tendenza e aiutano a produrre superfici di smalto dure.
Interviene sui colori prodotti da ossidi coloranti modificandoli.
​Fonti insolubili: carbonato di litio e fritte (entrambi leggermente solubili); minerali di litio, tra i quali petali te, spodumene e lepidolite.
Ossido di calcio CaO: p.f. 2570°C (anche se inizia il processo di fusione a 2012°C) - fondente alcalino-terroso; uno dei principali fondenti per temperature medio-alte. Produce smalti forti, durevoli, resistenti a graffi e acidi.
In quantità superiori al 30% il carbonato di calcio (principale fonte di ossido di calcio) favorisce l'insorgenza di rivoli, piccole colature, all'interno dello smalto, inoltre, se il raffreddamento è lento, produce un effetto opacizzante. L'ossido di calcio in quantità elevate tende a sbiadire i colori prodotti dall'ossido di ferro, mentre, in quantità minori, non incide in modo significativo sui colori.
Fonti solubili: colemanite, cenere di ossa, cenere di legna.
Fonti insolubili: carbonato di calcio, roccia calcarea, wallastonite, dolomite e fritte.
Ossido di magnesio MgO: p.f. 2800°C anche se inizia l'azione fondente già a 1170°C - Fondente alcalino-terroso adatto alle alte temperature. Conferisce allo smalto una superficie liscia, opaca o matt (in lingua inglese si trova spesso descritto come buttery mattes o fat mattes). Tende un po' a sbiadire i colori anche se con lo stagno produce un bel bianco. La formazione di silicati di magnesio negli smalti può dare vita a cristalli screziati verdi da cui gli smalti detti tea dust.
L'ossido di magnesio ha un basso coefficiente di espansione che, di conseguenza, riduce la formazione di cavillature.
Conferisce agli smalti durezza e durabilità. 
Fonti non solubili: talco, dolomite e carbonato di magnesio (quest'ultimo ha una leggera solubilità).
Fonti solubili: solfato di magnesio.
Ossido di bario BaO. p.f. 1923°C - Fondente alcalino-terroso molto attivo alle alte temperature.
Produce colori vividi soprattutto con rame e cobalto e belle superfici opache e satinate; la combinazione superficie opaca e colore vivido è proprio tipica di quest'ossido.​
Anche se l'ossido di bario ha un'alta viscosità, dato il suo alto potere fondente, se la temperatura nel forno sale troppo, gli smalti che lo contengono tendono a colare.
L'espansione termica è media.
​L'ossido di bario è tossico! Lo è in forma di polvere per chi lo maneggia nella composizione degli smalti (in certe condizioni può essere assorbito dalla pelle) e lo può essere negli smalti cotti, pertanto non va mai utilizzato nella ceramica funzionale.
​Fonti non solubili: solfato di bario che per rilascia fumi sulfurei in cottura. Il carbonato di bario è leggermente solubile come anche le fritte.
Ossido di zinco ZnO: p.f. 1975°C - fondente secondario (o ausiliario) per cotture in ossidazione. In riduzione, invece  vira nella forma metallica e volatilizza sopra i 950°C. Per questo è meglio non utilizzar
​lo per cotture in riduzione, infatti, volatilizzando uscirebbe dal camino con i fumi e ricadrebbe nell'intorno del forno sotto forma di polvere tossica.
La risposta cromatica dello zinco può essere ottima, ad esempio in combinazione con rame e cobalto, o piuttosto deludente come col cromo e col ferro.
Conferisce durezza e durabilità allo smalto.
Funziona anche come opacizzante.
È particolarmente utile per la sua caratteristica di aiutare la cristallizzazione; quando lo smalto raffredda, soprattutto in smalti a basso contenuto di allumina. 

Gli smalti contenenti zinco presentano un forte ritiro nella fase iniziale della cottura che ne favoriscono la tendenza a formare grumi (mi sfugge il termine in italiano... in inglese si dice crawling); per questo, spesso, si usa ossido di zinco calcinato.
Ossido di piombo Pb3O4: p.f. 880°C - noto come "piombo rosso" è un potente fondente alle basse temperature. In forma di ossido è tossico e inquinante, per questo viene usato normalmente sotto forma di fritta. Il piombo vivacizza i colori. Sopra i 1180 °C volatizza creando un gas tossico e dannoso per il forno.
Ossido di bismuto Bi2O3: p.f. 825°C - fondente alle basse temperature. Non è tossico.

Tipi strani

Ossido di boro B2O3: p.f. 700°C, ma inizia a fondere già a 300°C - è un ottimo fondente per le basse temperature; è usato come fondente secondario anche in quelle alte (sebbene volatilizzi oltre i 1150°C); malgrado la sua formula chimica sia simile a quella dell'allumina, l'ossido di boro, oltre che  fondente, è anche un vetrificante.
Gli smalti contenenti boro hanno una buona risposta cromatica agli ossidi coloranti; in particolare, alle alte temperature sono caratteristici i toni bluastri e, più in generale, gli effetti striati.
L'ossido di boro conferisce agli smalti un basso coefficiente di espansione termica che limita la tendenza alla cavillatura, del resto, quanto tale ossido è presente in quantità superiori al 10% lo smalto perde elasticità vanificando gli effetti positivi della bassa espansione termica.
A differenza del piombo, non è tossico ma non produrre la ricchezza e vivacità dei colori degli smalti piombici.
Normalmente è introdotto nello smalto sotto forma di fritta  o attraverso la colemanite, entrambe leggermente solubili.
Altre fonti solubili 
di boro sono la borace, l'acido borico.
Ossido di fosforo P2O5: p.f. 580°C - preso da solo è tossico ma, normalmente si trova combinato con ossido di calcio perdendo la sua tossicità (su questo è necessario un approfondimento anche se una delle principali fonti di fosforo sono le ossa calcinate le quali non mi risulta che presentino particolari problemi di tossicità).
Tecnicamente l'ossido di fosforo è un vetrificante. In realtà non può sostituire il silicio nemmeno parzialmente. Quello che accade, con modeste percentuali di fosforo (praticamente tracce) all'interno di uno smalto siliceo, è che si producono piccole goccioline vetrose di fosforo disperse nella matrice vetrosa di natura silicea. Queste micro-goccioline hanno effetto sulla diffusione della luce e, quindi, sulle caratteristiche dello smalto. Quantità maggiori di fosforo tendono ad opacizzare lo smalto.
L'elevata espansione termica del fosforo è relativamente poco rilevante dato l'utilizzo in quantità molto modeste di quest'ossido negli smalti.
Fonti solubili: alcune ceneri vegetali e ossa calcinate.
Fonti insolubili: ambigolite e fritte.

Ossidi coloranti e opacizzanti

Coloranti


Ossido di ferro rosso (Fe2O3); magnetite (Fe3O4);  ossido di ferro nero​ (FeO); idrossido di ferro (Fe2O3.H2O): p.f. 1548°C - è uno dei principali coloranti utilizzati in ceramica; molto sensibile all'atmosfera (ossidante o riducente) di cottura; in funzione della quantità, delle caratteristiche dello smalto in cui viene introdotto e delle modalità di cottura può produrre una gamma di colori che comprende un'ampia gradazione di marroni, gialli, verdi, azzurri, celadon. Con riferimento alla ceramica dell'estremo oriente, dobbiamo agli ossidi di ferro i celebri tenmoku, i kaki, i tea dust ed  effetti quali l'oil spot e i colori metallici.
Molto spesso è presente naturalmente nei materiali naturali usati per comporre gli smalti. In diverse percentuali è presente nei feldspati, in quasi tutte le argille naturali, nelle ceneri e, combinato cn altri ossidi in molti coloranti.
Funziona a tutte le temperature.
Sopra il 4% contribuisce all'effetto fondente. 
L'ossido di ferro rosso è caratterizzato da particelle molto sottili e si distribuisce molto bene negli smalti mentre, quello nero, presenta normalmente una granulometria un po' più grossolana che tende, in alcuni casi, a produrre macchioline nere sulla superficie dello smalto cotto.
Oltre agli ossidi di ferro commerciali, con diverse gradazioni di purezza, altre fonti sono l'ocra, la terra di Siena, argille come la terracotta, solfato di ferro, rutilo, ilmenite, magnetite.

Ossido di rame (CuO) carbonato di rame (CuCO3): p.f. ossido 1326°C; p.f. carb. 200°C - insieme al ferro è uno dei principali coloranti, utilizzato consapevolmente fin dall'antichità. In ossidazione fornisce una bella varietà di verdi e turchesi. In riduzione vira sui rossi. Nelle diverse cotture fornisce neri e rosa. Nella tradizione orientale è il colorante fondamentale per il cosiddetto "peach Bloom"  Fondente. Alle alte temperature il rame "salta", per meglio dire: evapora, questo vuol dire che si diffonde nell'atmosfera del forno e può passare da un pezzo ad un altro vicino durante la cottura.
L'ossido di rame ha un alta espansione termica e quindi gli smalti che lo contengono possono essere maggiormente soggetti alla cavillatura.
Il carbonato si diffonde molto bene negli smalt mentre l'ossido, più grezzo, può produrre quei tipici puntini neri.
Oltre all'ossido di ferro (polvere nera) e al carbonato di rame (polvere verde), il rame può trovarsi in commercio come solfato (polvere azzurra utilizzata in agricoltura) o come ossido di rame rosso (Cu2O) che, però, è un po' completato da mescelare; se vi capitata fatemi sapere che un consiglio lo posso dare.
In generale i prodotti del rame sono tossici e vanno usati con cautela.

Ossido di cobalto (Co3O4): p.f. 905°C - potentissimo colorante, fornisce il blu in tutte le condizioni. Ne bastano quantità modeste, lo 0,25% in uno smalto è sufficiente per ottenere un bel blu pieno. E' anche molto fondente ma le quantità minime introdotte negli smalti rendono quesa proprietà quasi ininfluente.
​Oltre all'ossido (polvere nera), il cobalto si può trovare nella forma di carbonato (CoCO3 polvere rosa) leggermente meno colorante dell'ossido ma con ottima capacità di diffondersi nello smalto.
Anche ossido e carbonato di cobalto sono tossici e vanno usati con le dovute precauzioni e cautele.

Ossido di cromo (Cr2O3): p.f. 2435°C - colorante molto forte, ne basta uno 0,5% nello smalto per avere un verde deciso sia in riduzione che in ossidazione. In quantità più elevate vira verso il nero. Molto usato in combinazione con altri ossidi per ottenere un'ampia gamma di colori; per esempio con lo stagno può fornire il rosa; con lo zinco il marrone; negli smalti contenenti bario o sodio, col cromo si può ottenere un giallo/verde.
Le polveri di cromo sono pericolose; inoltre, poiché volatilizza a 1241°C, produce fumi velenosi. Va utilizzato con cautela e soprattutto con consapevolezza.

Ossido di manganese (MnO): p.f. 1080°C - produce negli smalti colori tra il marrone e il melanzana. Usato anche per produrre smalti neri. Usato in piccole quantità si dissolve bene negli smalti mentre, in quantità maggiori tende a fornire superfici opache a causa della cristallizzazione.
​L'ossido di manganese è tossico e, alle alte temperature, evapora, quindi va utilizzato con attenzione.

Ossido di titanio (TiO2): p.f. 1850°C - come colorante tende ai colori giallo e crema.
Molto usato come rutilo (TiO2+FeO), p.f. 1825°C una forma di titanio e ferro, fornisce colori crema, bronzo e bluastro con tipiche striature.
Funziona anche come opacizzante (vedi).

Ossido di nichel (Ni2O3): p.f. 1990°C - ne so poco a parte il fatto che è tossico. Tossica la polvere e, siccome ad alta temperatura evapora, crea fumi tossici.
​Ossido di zirconio (ZrO2): vedi negli opacizzanti. Come colorante è bianco.

Opacizzanti

Ossido di stagno (SnO2): p.f. 1150°C - opacizzante; tipicamente usato nella produzione dello smalto bianco da maiolica, quindi, per la bassa temperatura.
A differenza dello zirconio che conferisce un bianco freddo, il bianco dello stagno tende verso toni più caldi e morbidi, come il bianco latte.
In atmosfera riducente e alle alte temperature, lo stagno perde la caratteristica di opacizzante e prende un colore grigiastro.
​Ossido di zirconio (ZrO2): p.f. 2700°C - le particelle di zirconio restano sospese nella matrice vetrosa dello smalto senza fondere e questa caratteristica produce la qualità opacizzante.
Conferisce un colore bianco freddo che gli anglosassoni chiamano "refrigerator w
hite" (mi rendo conto che l'aggettivo freddo ha a che fare in qualche modo col sostantivo frigorifero, ma direi che la loro coesistenza nella frase appena scritta, sia solo una coincidenza).
Ha bassa espansione termica da cui ridotta propensione al cavillo dello smalto.

Nella forma di silicato di zirconio perde la qualità opacizzante a causa della componente vetrificante (silicato). In questo caso resta la funzione di colorante (bianco).
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Ossido di titanio (TiO2): p.f. 1850°C - come opacizzante agisce creando piccoli cristalli nella matrice vetrosa dello smalto.
Ossido di zinco (ZnO): p.f. 1360°C - opacizzante, negli smalti a basso contenuto di allumina favorisce la tendenza alla cristallizzazione. Funziona anche come fondente. Interviene a modificare il colore degli altri ossidi coloranti.
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Poi, col tempo, magari tornerò su questi ossidi per ampliare, approfondire, ed eventualmente, correggerne le descrizioni.
​Col tempo...
Col tempo magari comprenderò anche se tutto ciò ha un senso.
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Smalti - 2

1/3/2020

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COMPONENTI DELLO SMALTO

Il Vetrificante

Il componente vetrificante degli smalti è rappresentato dall’ossido di silicio (SiO2), detto silice.
La silice pura fonde a 1723°C.
In combinazione con altri ossidi il punto di fusione sarà determinato dall’eutettico (vedi rimando in fondo al riquadro) della miscela.
Presenta uno dei più bassi coefficienti di espansione termica tra gli ossidi usati in ceramica (insieme all'allumina e al boro).

In linea generale, sempre nell’ambito degli ossidi utilizzati in ceramica, la silice si comporta come elemento refrattario. 
Negli smalti, la silice costituisce la matrice vetrosa che ingloba tutti gli altri componenti ed è il principale, e spesso l’unico, ossido vetrificante; altri ossidi con questa funzione rappresentano eccezioni e, in prima battuta, li possiamo trascurare.
Nella maggior parte degli smalti lo SiO2 complessivo raggiunge e supera, il 60% degli ossidi presenti (vale la pena accennare al fatto che la silice è il componente principale anche delle argille, della porcellana e, in generale, degli impasti ceramici, nei quali il suo contenuto arriva e supera il 70%).
Negli smalti la silice è introdotta attraverso diversi materiali. Oltre al quarzo, infatti, la silice è presente in tutte le argille, nelle fritte, nei feldspati, nelle ceneri vulcaniche, in alcune ceneri vegetali.
Il quarzo è un minerale naturale costituito praticamente al 100% dalla silice. Nelle ricette di smalti in lingua inglese spesso si trova il termine
flint, la selce in italiano, una roccia sedimentaria composta da (micro)minerali di quarzo. Quindi quarzo e selce, come in inglese, quarz e flint, indicano minerali e rocce, composti da SiO2 allo stato puro (nella selce può esserci una piccola componente di impurità come il carbonato di calcio). 
Ma lo SiO2 che costituisce il minerale del quarzo è qualcosa di completamente diverso da quello presente in altri minerali e rocce e ceneri vegetali.
Ad esempio nei feldspati si trova combinata chimicamente con l’allumina (Al2O3) e con altri ossidi (KNaO) con i quali forma minerali cristallini; in questo caso parliamo di silicati.
Anche le argille sono costituite da allumino-silicati.
Analogamente le ceneri vulcaniche contengono silicati combinati con allumina e altri elementi chimici secondo composizioni molto varie in funzione dei luoghi di provenienza.
Poi ci sono altri tipi di silicati come la wollastonite che combina la silice al calcio (CaSiO3).

La silice può entrare nello smalto attraverso le cosiddette "fritte" (vedi riquadro sui fondenti) in forma di vetro.
Infine c'è anche la possibilità di utilizzare alcune ceneri vegetali, in particolare la cenere di crusca di riso e, più in generale, le ceneri di paglia, che contengono alte quantità di silice (fino e oltre il 90%). Questo tipo di silice ha due caratteristiche peculiari: le dimensioni ridottissime delle sue particele e il legame con altri elementi chimici caratteristici delle ceneri vegetali (es. il fosforo).

In conclusione, la silice è fornita da diversi materiali e può trovarsi in forma cristallina (quarzo); microcristallina (selce); come silicato, combinato chimicamente con altri ossidi (feldspati, argille, wallastonite, ecc); in forma ancora più minuta e comunque in combinazione chimica con altri elementi (ceneri vegetali); in forma vetrosa (fritte). Tutti questi materiali, cedendo la loro quota parte di SiO2, contribuiscono alla formazione della fase vetrosa dello smalto.
Ma non lo fanno tutti allo stesso modo
.
Diversi materiali si dissolvono (e dissolvono la loro componente di silice) nel fuso a una velocità e, quindi, a una temperature che sono funzione della natura e dimensione delle particelle di silice e dei legami con altri elementi. Questo aspetto è importante perché, ad esempio, se si introduce lo stesso quantitativo di silice richiesto da una ricetta sotto forma di quarzo o utilizzando la cenere di crusca di riso il risultato sarà differente, sia per la diversa natura della silice che per la presenza o meno di altri elementi chimici legati ad essa.

Generalmente aumentando la silice in uno smalto si ottengono i seguenti risultati:
- aumento della temperatura di fusione;
- maggiore viscosità dello smalto allo stato fuso (diminuisce la fluidità);
- aumento della resistenza dello smalto (come prodotto finale) agli agenti chimici (maggiore resistenza alla lisciviazione); 
- migliorare legame tra lo smalto e il corpo del pezzo;

- maggiore durezza e brillantezza dello smalto (per incremento della componente vetrosa);
- minore coefficiente di espansione termica con conseguente riduzione della tendenza alla cavillatura;
- aumento della devetrificazione.

L’ultimo è un concetto su cui porre un po’ d’attenzione perché fa riferimento a specifiche condizioni. In particolare, un eccesso di silice in smalti cotti ad alta temperatura, con tempi lunghi di raffreddamento, può dare origine a un processo di cristallizzazione.
Vetro siliceo e cristallo si silice, come noto, non sono la stessa cosa pur avendo entrambi  come componente prevalente l’ossido di silicio. Senza scendere troppo in profondità in concetti di chimica, basta pensare che il vetro ha una struttura non ordinata, le molecole che lo compongono sono disposte come in un liquido (si dice che il vetro è un liquido sopraffuso); i cristalli, invece, hanno una struttura molecolare ordinata, di solito favorita dalla lentezza del raffreddamento della massa fusa. A parità di contenuto chimico, vetro e cristallo si presentano in modo diverso. Tanto per fare un esempio, il magma che si raffreddi molto lentamente all’interno della crosta terrestre genererà rocce formate da cristalli tanto più grandi quanto più il processo sarà lungo; esempio tipico è il granito con i suoi cristalli di quarzo, di feldspato, di mica. Se il magma fuoriesce attraverso i vulcani, la lava, pure ricca di silicio, raffreddandosi repentinamente può produrre ossidiana, un vetro naturale, del tutto simile a quello di produzione umana. In conclusione, gli smalti più trasparenti e lucenti sono quelli vetrosi mentre la cristallizzazione tende ad opacizzarli.
Mi sono dilungato ma parole come cristallizzazione o devetrificazione, parlando di ceramica, non sempre risultano chiare.
Eutettico

Lo Stabilizzante o Refrattario

Il principale ossido refrattario è l’allumina (ossido di alluminio Al2O3) che, in percentuale più o meno elevata, è presente in tutte le argille.
Negli smalti da gres e porcellana la quantità di ossido di alluminio è compresa tra il 9% e il 15%.
Le sue principali funzioni sono:
- conferire resistenza e viscosità dello smalto crudo che ne rendono più facile l’applicazione;
- stabilizzare lo smalto fuso impedendo alla silice di colare quando raggiunge il punto di fusione;
- rendere lo smalto più refrattario in cottura ma al contempo conferisce al prodotto finito durabilità e resistenza.
L’allumina viene introdotta negli smalti principalmente attraverso i feldspati e le argille (es. ball clay e caolino in particolare per le alte temperature); in parti minori con le ceneri vulcaniche. È utilizzata anche l’allumina (idrata o calcinata).
L’allumina pura fonde a 2072°C.

Il Fondente

I fondenti possono essere a base piombica, boracica, alcalina (sodio, potassio, litio) o alcalino terrosa (carbonato di calcio e/o di magnesio).

Per smalti alle temperature da grès e porcellana, i principali ossidi con funzione di fondente sono gli ossidi alcalini (sodio, potassio e litio) e alcalino-terrosi (calcio e magnesio), inoltre ci sono da segnalare il bario (che però è velenoso), il boro e lo zinco. Per le basse temperature, invece, prevalgono gli ossidi di piombo (con i suoi noti problemi di tossicità), di boro e, anche qui, gli alcalini (sodio, potassio e litio).

Come detto, gli smalti non sono composti dagli ossidi puri ma da ingredienti che li contengono; si tratta di materiali più facilmente reperibili, economici e più scuri per la salute di chi li maneggia. Spesso questi materiali, oltre agli ossidi fondenti apportano anche un contributo alla componente vetrificante e/o a quella refrattaria oltre a poter contenere coloranti o opacizzanti.
Alle alte temperature, tra i principali ingredienti degli smalti che introducono gli ossidi con funzione di fondente (a titolo non esaustivo) troviamo i feldspati, il carbonato di calcio, la cenere di legna, le ceneri vulcaniche, la dolomite.
I feldspati e le ceneri vulcaniche forniscono fondenti dato il loro contenuto di alcali (sodio, potassio, litio e calcio). A titolo di esempio le formulazioni dei principali feldspati sono: feldspato potassico K2O.Al2O3.6SiO2 e feldspato sodico Na2O.Al2O3.6SiO2. I carbonati, invece, si decompongono durante la cottura liberando anidride carbonica in forma gassosa fornendo ciò che resta: l’ossido di calcio (e di magnesio nel caso della dolomite). La cenere di legna* contiene sia alcali che carbonato di calcio in proporzioni variabili a seconda dell’essenza arborea di provenienza.
Per le basse temperature è più difficile trovare materiali in grado di scomporsi in cottura per fornire gli ossidi fondenti. Il problema è stato risolto con le “fritte”. Si tratta di materiali prodotti mediante fusione degli ossidi fondenti insieme alla silice e, in alcuni casi, anche con l’allumina. Quando il composto è allo stato fuso viene versato in acqua; il raffreddamento istantaneo lo fa vetrificare. Il composto viene macinato finemente (praticamente polverizzato). Le fritte hanno, alle basse temperature, un funzionamento piuttosto simile a quello dei feldspati alle alte temperature. Le fritte più comuni sono a base di piombo (piombica) o di boro (boracica) o di alcali (alcalina).

*Attenzione a non includere nella categoria delle ceneri vegetali da usare quali fondenti le ceneri di paglia o di crusca o di erba poiché si tratta di materiali completamente diversi che, come vedremo, contribuiscono a sviluppare tutt’altre caratteristiche.

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Opacizzanti e coloranti

Si tratta di componenti accessori degli smalti perché, a differenza di vetrificanti, refrattari e fondenti, è possibile realizzare uno smalto da ceramica senza ricorrere necessariamente ad essi.
La loro funzione è ovvia.
Come per gli altri elementi che compongono gli smalti, anche coloranti e opacizzanti possono essere visti dal punto di vista dei materiali utilizzati per introdurli negli smalti o da quello degli ossidi, contenuti in questi materiali, che effettivamente svolgono l'azione di modificare il colore o la trasparenza di uno smalto. Bisogna però dire che, a differenza dei fondenti, coloranti e opacizzanti sono spesso utilizzati in forma di ossido puro. Un'alternativa frequente sono i carbonati (es. carbonato di rame o di cobalto). Esistono anche  materiali naturali come il rutilo (ossido di titanio quasi puro) e gli ocra (idrossidi di ferro).


Diagramma Silice/Allumina

Nello studio degli smalti c’è un dato utile a prevederne l’aspetto finale: è il rapporto silice-allumina da cui dipende la minore o maggiore opacità o, di contro, trasparenza.
​Contenuto basso di silice e alto di allumina produce uno smalto più opaco e meno lucido.

Ad esempio, un rapporto silice/allumina di 5/1 è tipico di smalti opachi mentre 10/1 di quelli lucidi.
In seguito proporrò uno studio di questo tipo di diagramma per alcuni smalti.

Nel prossimo post fornirò un elenco con i principali ossidi fondenti, coloranti e opacizzanti e delle principali fonti utilizzate per introdurli negli smalti ceramici.
Quindi proseguirò con la descrizione dei principali ingredienti degli smalti.

COMPOSIZIONE DELLO SMALTO

La composizione chimica degli smalti è utile per studiare smalti già cotti (es. smalti antichi), per studiare nuove ricette di smalti e per modificare ricette note.
Mi rendo conto che non si tratta di un modo immediato di vedere uno smalto e sicuramente non può sostituire le classiche ricette, anche perché, come detto, gli smalti li componiamo con feldspati, argille, fritte ecc. e non con i singoli ossidi, ma col tempo mi sono reso conto che, quando è nota, la composizione chimica aiuta a comprendere la natura dello smalto con cui abbiamo a che fare consentendoci di prevederne alcune caratteristiche oppure di modificarne comportamenti che non vanno bene.
Riporto qui di seguito la tabella con la composizione in ossidi di alcuni smalti scelti senza un criterio prestabilito; ciò che interessa è solo l'osservazione di generiche composizioni.
In questa tabella non è inserita la cosiddetta L.O.I. (loss on ignition) che si riferisce alla quantità in peso del materiale «perso» durante la cottura (tipico il caso del carbonio).
Cenere di legno 70 Terracotta 30 è un irabo composto, ovviamente, dal 70% di cenere di legna e dal 30% di un'argilla fusibile. Chiaramente la composizione chimica di questo smalto può variare anche sensibilmente data la forte variabilità dei due ingredienti. Matura intorno a Cono 9.
4:4:2 Modificato è uno smalto basato sulla classica formula 4:4:2 dello smalto composto da 4 parti di feldspato, 4 di cenere e 2 di ball clay. Matura tra Cono 9 e 10.
Celadon Yue è uno smalto cinese del X secolo di cui non è nota la composizione in termini di ingredienti. Le analisi di laboratorio ne hanno fornito la composizione chimica. Smalto foto ad alta temperatura.
Nuka (ricostruito) è la ricostruzione di un celebre smalto formulato da Shoji Hamada. L'originale è composto da una parte di Terayama Stone; una di cenere di legna e una di cenere di crusca di riso. La ricostruzione prevede la sostituzione della Terayama Stone con feldspato di potassio e la cenere di crusca di riso con cenere di paglia o direttamente con silice. Matura a Cono 10.

Composto eutettico è un composto di tre ossidi puri (vetrificante, refrattario e fondente) che presenta il punto più basso di fusione. Anche questo composto è riferito alle alte temperature e, pertanto, come fondente prevede l'ossido di calcio. Inizia a fondere a 1170°C.

Trasparente lucido a Bassa Temperatura: è un generico smalto da terracotta il cui fondente principale è una fritta toracica di calcio. Fonde tra Cono 04 e 02.
Foto
Come già detto, di norma non si realizza uno smalto unendo gli ossidi puri ma materiali che li contengono e che hanno il vantaggio di essere meno costosi, meno pericolosi da maneggiare e più facili da reperire.  
A titolo di esempio:
  • l’allumina è costosa mentre i prodotti alternativi sono tra i più economici e facilmente reperibili (es. argille);
  • gli ossidi di sodio e potassio sono caustici a contatto con pelle e occhi mentre i feldspati e le fritte non presentano questa controindicazione;
  • l’ossido di calcio è irritante per la pelle mentre il carbonato di calcio si può maneggiare senza rischi.

Alcuni minerali usati nella preparazione degli smalti forniscono più di uno dei componenti richiesti. Ad esempio:
  • molte argille comuni contengono tutti i componenti necessari per fornire uno smalto completo: silice, allumina, carbonato di calcio (fondente), oltre a ossidi coloranti come ferro e manganese;
  • i feldspati sono degli allumino-silicati contenenti alcali;
  • la wollastonite è un silicato di calcio e, quindi, introduce silice (vetrificante) e calcio (fondente).​
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Smalti - 1

16/2/2020

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SMALTI E VERNICI

Smalti e vernici sono rivestimenti vetrosi, non porosi le cui funzioni principali sono:
  • la protezione del corpo argilloso dagli agenti esterni;
  • rendere la superficie impermeabile e facile da pulire;
  • conferire colore, lucentezza.
Riassumendo, il rivestimento ceramico ha funzioni protettive, igieniche e decorative.

Normalmente gli smalti sono polveri stese sull’oggetto allo stato umido e fissati ad esso per azione del calore che ne provoca la fusione.
​
Il componente principale dello smalto è la silice (o anche anidrid​e silicica, o biossido di silicio SiO2) che, fusa, produce il vetro.
La silice, in ceramica, rappresenta l’elemento vetrificante.
La fusione della silice avviene a 1726°C, una temperatura molto più elevata di quella usata nella ceramica tradizionale, compresa tra 700°C e 1400°C.
Per abbassare il punto di fusione della silice è necessario, quindi, utilizzare un elemento fondente.
I fondenti sono composti chimici che, miscelati alla silice, ne riducono la temperatura di fusione. A titolo indicativo e non esaustivo, si utilizzano a questo scopo: il piombo; gli alcali ((K2O, Na2O); la borace; gli ossidi di metalli alcalino-terrosi (CaO, MgO). Ognuno presenta caratteristiche peculiari che lo rendono più o meno idoneo ai diversi materiali da rivestire, ai processi produttivi adottati (es. temperatura e atmosfera di cottura) e agli altri componenti dello smalto.  
Infine, ottenuta una temperatura di fusione della silice più bassa, si pone un altro problema: la silice fusa passa allo stato liquido e non è in grado di rimanere aderente al corpo ceramico su cui è stata applicata; colerebbe via raccogliendosi sul fondo delle ciotole o sulle lastre d’appoggio dei forni.
Per la composizione dello smalto è necessario, allora, un terzo componente, che sia in grado aumentare la viscosità del composto stabilizzandolo anche alle temperature in cui avviene la fusione (temperature di maturazione dello smalto). Questo componente è detto refrattario o stabilizzante.


In conclusione, i componenti principali di smalti e vernici per ceramica sono tre: i vetrificanti, i fondenti e i refrattari (o stabilizzanti).
 



Generalmente i rivestimenti ceramici sono detti vernici, quando sono trasparenti, e smalti se opachi.
Nell’ambito delle vernici si utilizzano anche i termini di vetrina o cristallina per riferirsi a rivestimenti trasparenti a base di piombo (vernice piombifera) che  fondono a temperatura relativamente bassa. Per estensione, oggi, cristallina e vetrina possono indicare genericamente i rivestimenti trasparenti nella ceramica cotta a bassa temperatura.
L’equivalente per gres e porcellane, cotte ad alta temperatura, è coperta; si tratta di vernici boraciche e feldspatiche con punti di fusione più elevati.
Lo smalto è tipicamente un rivestimento opaco per tutte le temperature.. 
In letteratura, però, il termine smalto, così come accade all’equivalente inglese glaze, può indicare genericamente un qualsiasi rivestimento vetroso. In seguito, per non appesantire la trattazione, mi riferirò anche io ai rivestimenti vetrosi in genere, senza distinzione tra trasparenti e opachi.

Vetrificanti, fondenti e refrattari, come vedremo, sono rappresentati da ossidi. 
  • il vetrificante, come detto, è l’ossido di silicio (SiO2); 
  • i fondenti, per gres e porcellane, quindi per le alte temperature, sono, di solito, ossidi alcalini e alcalino-terrosi (K2O, Na2O, CaO, MgO); 
  • lo stabilizzante è l’allumina (Al2O3).
In letteratura sono indicati altri ossidi cui sono attribuite funzione di vetrificante e/o di stabilizzante, come, ad esempio, l’ossido di boro B2O3, ma non sono utili ai fini pratici.
Silicio e allumina mantengono la propria funzione per smalti cotti a qualsiasi temperatura mentre, per le basse temperature, i fondenti sono a base di piombo o sono le cosiddette fritte (sia boracica che alcalina).
Nel prosieguo mi riferirò a smalti e vernici adatte alle alte temperature. Va detto, però, che i principi che regolano il funzionamento di uno smalto sono sostanzialmente gli stessi sia per le alte che per le basse temperature. Ciò che cambia tra smalti da gres e da porcellana cotti ad alta temperatura e smalti da terracotta cotti a bassa temperatura sta nel diverso rapporto che si crea tra rivestimento e corpo argilloso alle diverse temperature.
 
Gli smalti non vengono realizzati componendo gli ossidi allo stato puro, benché ciò sia teoricamente possibile, perché gli stessi ossidi si possono trovare in maniera molto più pratica ed economica, all’interno di rocce, argille, ceneri, quindi, sostanzialmente, in materiali di più facile reperibilità e con minori rischi per la salute.
Inoltre, l’uso di materiali naturali e dei loro derivati discende da lunga tradizione storica.
Ancora oggi, le materie prime sono in gran parte di provenienza naturale (rocce, argille), sia per piccoli laboratori che per produzioni industriali; ciò che cambia sono le modalità estrattive e i processi di lavorazione che forniscono materiali più o meno raffinati.

Quando si parla di ingredienti delle ricette degli smalti ci si riferisce a materiali di origine minerale come le rocce (argille, feldspati, quarzo, carbonato di calcio, pomici …) o a materiali naturali (ceneri di legna, di paglia …) ma, in realtà, è con gli ossidi che li compongono con cui avremo a che fare nella produzione degli smalti. È utile avere sempre presenti tutti e due i punti di vista.
Infine, oltre ai tre componenti di base, negli smalti ne vengono introdotti altri per modificarne l’aspetto, la superficie, il colore, ecc.
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