tra quelli persi
che ho voglia di riprendere perché rappresenta, nel mio lavoro,
un modo per orientarmi nelle scelte.
Si tratta di quella distinzione
secondo me oggettiva
tra disegno e materia
tra oggetti (ovviamente parliamo di ceramica) realizzati facendo risaltare una figura, come fosse la rappresentazione tridimensionale di un idea e
oggetti piegati alle ragioni della materia di cui sono fatti.
Sembra che l'unico elemento in comune
e non è poco
sia la funzione
ma su questo aspetto ci tornerò poi,
per adesso diamola per scontata.
Per spiegami meglio, già allora, avevo proposto le foto di due pezzi che abbiamo a casa
le ripropongo perché continuo a pensare che siano esplicative.
La tazzina cinese è un oggetto leggero, sottile
talmente sottile da lasciar passare la luce
la materia con cui è realizzata, porcellana bianca, si direbbe un mero supporto per i motivi decorativi
bere un caffè da questa tazza è come farlo direttamente dal disegno dipinto a smalto sull'esterno;
la tazza in gres, invece, sembra ricavata con il minor numero possibile di colpi da un blocco di argilla
un dito dentro per aprire la coppa e qualche taglio di stecca all'esterno per sagomare il piede
il resto lo fa la materia.
E' chiaro che la tazzina è porcellana
così come la tazza di grès presenta forma e disegno
però, la prima è replicabile
infatti fa parte di un servizio da sei pezzi identici,
la tazza è un pezzo unico e non avrebbe senso replicarla.
Naturalmente si tratta di due estremi
nel mezzo c'è tutto il resto,
nel decidere cosa fare, quando inizio un nuovo lavoro,
mi rendo conto che tendo a muovermi lungo l'asse che collega i due poli.
Generalmente mi tengo sempre più vicino al campo della materia
ma mi avvicino o mi allontano dall'estremo cercando di scegliere consapevolmente il punto di equilibrio tra materia e disegno.
Qualche volta va bene, altre volte tradisco le aspettative
ma questo è un altro paio di maniche.