Ecco, ho aperto il forno. L'ho fatto venerdì scorso, sotto l'ennesima pioggia di questo maggio quasi autunnale; oggi c'è il sole, finalmente primavera matura. Ho disposto tutte le ciotole sul tavolo e ho iniziato a guardarle; ho già detto, nel post precedente, che si trattava di un'infornata sperimentale e che, in più, avevo bisogno di tirare fuori una ciotola per una mostra (che purtroppo è stata annullata). Il tema della mostra erano le stagioni; io avevo scelto l'Autunno: nella forma e nei colori. Quindi cerco da tutte queste ciotole nuove indicazioni di lavoro e una sola che rappresenti l'Autunno. Allora, disposti i pezzi in modo che possa vederli tutti, presi in mano uno ad uno, confrontandoli con le schede che preparo durante il lavoro, ne trovo di belli e di meno belli (non vorrei dire brutti ma credo che alcuni lo siano). Ci sono cose interessanti, che aprono nuovi percorsi e altri risultati, come dire... anonimi, senza futuro. Naturalmente non c'è alcuna corrispondenza tra i pezzi di bell'aspetto e le risposte interessanti ai nuovi esperimenti e viceversa (una ciotole può essere veramente poco interessante o attraente eppure ricca di suggerimenti per il mio lavoro). Insomma, c'è materiale su cui lavorare e nei prossimi post presenterò la parte per me interessante di questo lavoro. Intanto voglio fare una premessa, il vero oggetto di questo post. Il lavoro preparatorio per questa infornata è stato caratterizzato da una prassi progettuale ancora più spinta di quanto già fatto fin qui. A differenza di quanto ho visto fare ai giapponesi, quelli del '900 a cui spesso faccio riferimento, che hanno una modalità che vede nel gesto - il modo di dare uno smalto o una semplice pennellata di ossido di ferro per riprodurre un disegno stilizzato - la sua essenza. Hamada ripeteva continuamente lo stesso disegno fino ad interiorizzarlo, al punto che la mano sembrava agire autonomamente. I giapponesi hanno alle spalle la filosofia zen. Io no. Credo che questo vada considerato. Io ho studiato ingegneria. Appartengo a una cultura diversa. Io ho imparato a progettare. Questo vuol dire che all'idea segue uno studio volto a definire le possibilità e i modi di eseguirla. Il progetto è quel processo che sta tra l'intenzione e la realizzazione. La forma mentale è questa. Qui sotto c'è la foto del foglio sul quale ho appuntato le forme delle ciotole che ho pensato, via via di realizzare: la parabola, la "S" (di cui ne ho fatta solo una), la squadrata, la bacinella, la coppetta deformata. Inoltre c'è il programma temporale, il cronoprogramma, delle ultime tre settimane per arrivare pronto ala cottura del 25 maggio. Nella foto di copertina ci sono tutti i fogli del progetto dispiegati sul pavimento.
Non credo sia utile soffermarsi sulla qualità degli elaborati. Quello che mi interessa dire riguarda il loro contenuto, il fatto di ripensare il mio processo creativo dilatando l'importanza di quella parte di lavoro che si fa a tavolino, con le mani pulite e che detta l'azione al me ceramista in laboratorio: al tornio; agli smalti. Sarebbe divertente scambiarsi i progetti con altri ceramisti per vedere che effetto fa eseguire un lavoro pensato da un altro... chissà. Nei prossimi post presenterò alcune ciotole insieme al lavoro preparatorio. Intanto qui sotto un esempio.
2 Comments
Giulia
2/6/2019 11:13:38 am
Uno , nessuno e centomila ... nel leggere i tuoi post ti immagino sdoppiato e poi ancora sdoppiato in tanti Maurizi ognuno dei quali è coerente a se stesso ma ha diverse capacità e agisce in modo diverso a seconda delle sue competenze : Maurizio ingegnere progettista, Maurizio artista designatore, Maurizio ceramista e chissà quanti altri ce sono.. ognuno di loro è unico ma tutti concorrono al risultato che per questo è unico anch’esso . Tutto qs sproloquio per dire che non so cosa e come facciano gli altri ceramisti a cui ti riferisci ma a me piace molto quello e come lo fai tu 😉
Reply
Maurizio
2/6/2019 08:53:07 pm
Grazie Giulia ; )
Reply
Leave a Reply. |
AutoriVesuvioLab Categorie
Tutti
Archivio
Dicembre 2024
|