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Ingobbi 6

11/2/2015

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Come dicevo all’inizio di questa serie di post sugli ingobbi,
per determinare il rivestimento non smaltante più adatto ad una specifica argilla
per prima cosa bisogna conoscere il suo scopo:
l’effetto finale che si vuole raggiungere,
ad esempio un certo colore o una particolare grana della tessitura superficiale
ma è anche necessario conoscere le modalità di applicazione dell’ingobbio e la sua compatibilità con l’argilla sottostante (e pure con lo smalto, se c’è) sia in fase di lavorazione, sia in cottura e poi, ancora, durante la vita dell’oggetto;
tutto ciò è regolato da una serie di fattori che possono essere modificati intervenendo sulla composizione dell’ingobbio,

è chiaro che se si usa una slip, un’argilla pura liquefatta, non c’è altra scelta che individuarne una che abbia la composizione compatibile all’argilla da rivestire
il che si traduce normalmente con l’utilizzo dello stesso materiale;
se, invece, l’obiettivo è la realizzazione di un impasto che funzioni da ingobbio, allora la scelta dei componenti e il relativo dosaggio determineranno i fattori fisici che caratterizzano il singolo ingobbio, influenzando le modalità di applicazione, l’interazione con l’argilla da rivestire, la risposta in cottura e l’aspetto finale. 
I parametri di cui parliamo non sono facilmente quantificabili;
a differenza degli smalti, per i quali esistono metodi di calcolo, tanto più accurati quanto maggiore è la conoscenza della composizione chimica dei componenti, che ne consentono la costruzione a tavolino con caratteristiche note e ben definite,
per gli ingobbi si deve procedere sperimentalmente:
di solito si parte dall’individuazione di una ricetta semplice, che abbia i requisiti idonei almeno sul piano qualitativo, con cui si iniziano i test;
normalmente si parte con la verifica delle proprietà fisiche, poi si verifica la compatibilità con gli altri elementi (argille da rivestire e smalti) nelle varie fasi del processo, quindi, se necessario, si torna indietro per sintonizzare nuovamente le proprietà fisiche, procedendo così per successive approssimazioni,
evidentemente la chiave per rendere il processo meno laborioso sta nella scelta iniziale:
individuare qualitativamente i requisiti idonei è la parte essenziale del lavoro.
Quindi su cosa ci si deve soffermare?
In primo luogo e soprattutto, come dicevo la volta scorsa, sul ritiro;
ma non solo,
si devono considerare altri fattori:
  • la fluidità, il contenuto d’acqua, la viscosità, la capacità di gelificazione e la velocità di essicamento: fattori influiscono sulla scelta delle modalità di applicazione e che sono in qualche misura modificabili intervenendo sui componenti (vedi post Ingobbi 4);
  • il grado di maturazione o di vetrificazione che deve essere adeguato alle caratteristiche richieste per la superficie del pezzo ed è regolato dalla componente fondente. Mentre gli slip-glazes (che sarebbero gli smalti matt) fondono come gli smalti normali, i rivestimenti non-smaltanti di solito hanno un contenuto più basso di fondente e sviluppano, pertanto, superfici con caratteristiche che sono una via di mezzo tra l’argilla nuda e lo smalto. Un ingobbio più vetroso dell’argilla sottostante aderisce meglio ad essa; il limite di questo ragionamento risiede nel fatto che per rendere l’ingobbio più vetroso si deve aggiungere fondente e troppo fondente avvicina l’ingobbio ad uno smalto modificando in maniera sostanziale le sue caratteristiche (vedi punto successivo) e le interazioni con lo smalto eventualmente applicato sopra;
  • gli ingobbi sono più opachi e più coprenti degli smalti (anche con spessori modesti), quindi possono rivestire un’argilla modificandone colore e caratteristiche superficiali: sono, quindi, in grado di rendere lisce superfici altrimenti rugose o grezze; di coprire un colore non voluto o macchie e imperfezioni (es. da ossidi di ferro); di sigillare superfici porose; di sbiancare superfici per dare lucentezza agli smalti sovrastanti; viceversa, non è in grado di prevenire il deposito di sali solubili (provenienti dall’argilla sottostante) sulla sua superficie, una volta che è evaporata l’acqua che li conteneva;
  • i rivestimenti non smaltanti di solito sono permeabili;
  • gli ingobbi presentano caratteristiche proprie dopo la cottura: possono essere lisci, serici, lucidi, aridi, puntinati, ecc. queste caratteristiche si possono controllare mediante il grado di fusione, la composizione e i metodi di applicazione;
  • il coefficiente di espansione termica: affinché l’interazione argilla/rivestimento funzioni anche dopo la cottura è necessario che i due elementi abbiano lo stesso coefficiente di espansione termica. Ciò significa che quando l’oggetto subisce repentini sbalzi termici, durante l’uso, le piccole contrazioni o dilatazioni di argilla e rivestimento che ne conseguono devono essere simili. Il rivestimento è un’entità più o meno integrata al pezzo su cui è applicato ed ha un proprio coefficiente di espansione termica indipendente da quello del pezzo stesso. Se non è garantita la giusta compatibilità tra rivestimento ed argilla sottostante sarà sufficiente un brusco sbalzo termico per provocare la rottura dei legami tra le due parti con sfaldamento dell’ingobbio. La situazione si complica quando sul pezzo viene applicato anche lo smalto e l’espansione termica dell’ingobbio deve essere compatibile sia con l’argilla del pezzo sottostante che con lo smalto sovrastante. Di solito è bene partire assicurando la compatibilità dello smalto con l’argilla del pezzo. Si va poi ad adattare lo strato di ingobbio assumendo come dato l’abbinamento smalto/argilla. Su questo noi abbiamo un’esperienza piuttosto limitata, di fatto non ci è mai capitato di veder saltare il rivestimento di un pezzo finito, durante l’uso, a causa di sbalzi termici (e quindi per effetto dell’espansione termica. Probabilmente il fatto che lavoriamo preferibilmente con ingobbi vetrosi, sottili e cotti a temperature tali da garantire la parziale fusione di argilla e rivestimento Comunque, se si vuole procedere ad una verifica di compatibilità argilla/ingobbio/smalto bisogna prima testare l’aderenza dello smalto al pezzo (mediante cicli di immersioni in acqua bollente e acqua ghiacciata per rilevare la formazione di cavilli o scheggiature oppure comparando la robustezza di barrette smaltate con quella delle barrette non smaltate). Una volta individuato lo smalto idoneo, si passa a verificare l’adesione ingobbio/pezzo per assicurarsi un buon legame sul prodotto cotto. Infine, si procedere alla verifica di compatibilità smalto/ingobbio come si è visto per smalto/argilla.
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