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La cottura 9 - Inversione e conversione del quarzo

19/9/2014

3 Comments

 
La silice si può presentare in natura con diversi abiti cristallini detti fasi;
quindi, può assumere strutture cristalline differenti in funzione delle condizioni esterne (temperatura, pressione, durata del raffreddamento);
la possibilità di cristallizare con diverse strutture si chiama polimorfismo;
il composto SiO2, noto come silice, presenta ben 22 differenti fasi di cristallizzazione;
la fase principale, la più diffusa in natura, è il quarzo, presente in abbondanza nelle rocce magmatiche acide (cioè ricche di silice), sia intrusive che effusive;
poi vi sono le strutture della Tridimite e della Cristobalite che pure sono stabili a pressione atmosferica;
infine la silice può trovarsi in fase non cristallina, presentando struttura amorfa tipica del vetro.
Il passaggio da una fase all’altra è detto “conversione della silice”.
La materia non deve necessariamente essere fusa per cambiare fase (tranne che per produrre il vetro, ovviamente). Per il cambio di fase è necessario solo un’elevata temperatura che fa aumentare la mobilità delle molecole assieme ad un adeguato intervallo di tempo e, in alcuni casi, elevate pressioni.

Ognuna delle precedenti fasi cristalline ha due o più forme (alfa e beta, beta uno, ecc.);
il quarzo presenta due forme: quarzo-α e quarzo-β,
partendo dal magna in fase di raffreddamento, il quarzo inizialmente cristallizza nella forma quarzo-β, stabile a più alta temperatura;
non appena la temperatura scende al di sotto dei 573°C, limite di stabilità tra le forme alfa e beta a pressione ambiente, avviene la trasformazione di tutto il quarzo-β in quarzo-α;
questa trasformazione è reversibile e, perciò, il cambio che avviene durante il riscaldamento avviene in senso inverso durante il raffreddamento;
queste variazioni sono dette “inversione del quarzo” e ad esse, purtroppo, sono spesso associate repentine variazioni del volume.
In generale sono due le inversioni importanti, che bisogna conoscere a causa delle variazioni volumetriche che comportano durante il riscaldamento ed il raffreddamento:
la prima è l'inversione del quarzo di cui sopra tra la forma alfa  e la forma beta ed avviene, come detto, piuttosto rapidamente a 573°C provocando una leggera espansione, circa 1%, del reticolo cristallino;
la seconda è l’inversione della cristobalite che avviene ai 226°C, ed è leggermente peggiore della precedente perché produce una repentina variazione del volume di circa il 2,5%. 
Comunque, mentre tutte le argille hanno una certa quantità di quarzo, non è vero altrettanto per la cristobalite e se non ce n'è nel corpo dell’argilla non ha senso parlare della sua inversione. La cristobalite si forma naturalmente e lentamente durante il raffreddamento a partire da cono 3 (conversione della silice) e si forma meglio se viene aggiunta in forma pura nell’argilla in modo da “seminare i cristalli” o in presenza di catalizzatori (es. il talco nella terraglia).
E' chiaro, allora, che ci si deve preoccupare dell'inversione della cristobalite soprattutto per corpi argillosi che hanno già subito cotture ad alta temperatura (oltre cono 3);
situazione piuttosto rara.

Come già notato, le singole particelle di quarzo nell’argilla virano dalla forma alfa a quella beta e tornano indietro rispettivamente durante il riscaldamento e poi durante il raffreddamento alla temperatura di 573°C.
È importante comprendere che questo passaggio fisico riguarda solo i singoli cristalli di quarzo e non tutto il corpo dell’argilla e nemmeno di tutto il silicio in esso contenuto.   
I problemi maggiori possono sorgere quando la matrice argillosa si presenta come solida massa vetrosa intorno ad ogni cristallo di quarzo; il rapido cambio di volume di quest’ultimo, infatti, può facilmente essere causa di micro-fratture che si irradiano da essa. Dal momento che il quarzo può formare lo scheletro dell’intera struttura, le onde della variazione possono manifestarsi attraverso tutto il pezzo facendo estendere le micro fratture in fratture maggiori.

In conclusione, l'inversione del quarzo non è molto preoccupante nel primo fuoco, sia durante il riscaldamento o che durante il raffreddamento dei biscotti; in entrambi i casi, infatti, la porosità dell’argilla compensa le modeste variazioni di volume.
Tuttavia, bisogna fare attenzione al secondo fuoco:
una certa attenzione nelle terraglie;
molta attenzione nel gres;
veramente molta attenzione nella porcellana.
Bisogna stare attenti alle eccessive quantità di polvere di quarzo nei corpi di argilla densi che non vetrificano completamente durante la cottura. In questi casi il quarzo non si dissolve per l’azione del fondente ma resta parte di una matrice non omogenea.
Se possibile, è meglio utilizzare la polvere di quarzo più raffinata disponibile per ridurre il problema delle fratture in fase di raffreddamento.

Questo post è stato brutto da scrivere,
 figuriamoci da leggere...
3 Comments
marina orlando link
29/7/2018 07:08:51 pm

comprendo che possa essere stato brutto da scrivere, ma decisamente molto, molto interessante da leggere. Grazie

Reply
Cono 9
3/8/2018 03:55:53 pm

grazie a te

Reply
ale
10/12/2020 10:28:35 pm

un post ben scritto e molto interessante. ho trovato la risposta che cercavo! grazie

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