Qualche giorno fa un lettore mi ha chiesto informazioni sul processo di macinatura delle rocce. La macinatura, ovviamente, serve per rendere il materiale lapideo adatto alla produzione degli smalti; il prodotto finale è una polvere sottile con una granulometria che, nella letteratura ceramica, viene solitamente espressa in mesh: si tratta del numero di maglie (del setaccio) presenti per un pollice di lunghezza. Una granulometria di 80 mesh corrisponde ad una dimensione massima dei granuli di 0,177 mm; di 200 mesh a granuli di 0,074 mm. La mia strumentazione non mi consente macinare troppo finemente il materiale, credo di attestarmi proprio tra mesh 80 e mesh 200 (una piccola percentuale è anche più grossolana) ma va bene così, mi piace la tessitura non troppo liscia che questo tipo di materiale produce. Devo anche dire che, una volta composto lo smalto si può ripassare nel mulino raffinandolo ulteriormente. Senza scendere in dettagli, accenno solo al fatto che la granulometria dei materiali che compongono lo smalto incide sulle caratteristiche non solo fisiche ma anche chimiche dello smalto. I componenti dello smalto, infatti, durante la cottura si scompongono iper fornire gli ossidi che poi si ricompongono generando lo smalto. Intuitivamente si può comprendere come questo processo sia più o meno facilitato dalla dimensione dei componenti di partenza. Tornando al mio modo di macinare. Se il materiale è tenero, come quello nelle foto sopra - pomice - già durante questa parte del lavoro si produce, almeno parzialmente, polvere sufficientemente sottile. Tutto il resto va nella giara del mulino. Il "mulino a palle" è composto da una giara che contiene delle sfere di materiale molto duro (sempre alluminosilicati); nella giara, mischiata alle sfere, si versa la sabbia da macinare e l'acqua; quindi si fa girare la giara per alcune ore provocando la frantumazione dei grani di sabbia ad opera delle sfere. Si tratta di un lavoro piuttosto faticoso alla fine del quale riesco a produrre tra 1,5 kg e 2 kg di polvere. Inizialmente in forma liquida. Ancora qualcosa non passa attraverso il setaccio. Mischiata tra la pomice c'era qualche pietra di ossidiana, più dura che ha resistito, ma anche granelli grossolani di pomice. Li scarto e li recupero per la prossima volta. A seguire una ciotola di caolino di Lipari appena macinato Una volta asciutto il prodotto si presenta così, come la polvere di trachite del Cimino, nelle foto sotto;
la roccia più dura con cui ho a che fare. Non inganni l'aspetto di quelli che sembrano sassi, in realtà sono solo grumi residuo della massa umida, si frantumano facilmente tra pollice e indice; bisogna solo avere l'accortezza di filtrare lo smalto prima di usarlo.
7 Comments
Marco
23/8/2021 12:11:18 pm
La ringrazio davvero per la più che esauriente spiegazione. Tutto davvero utile. Grazie
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Marcello
5/10/2021 10:56:09 am
Ciao Maurizio imamgino che tu lo sappia ma per faciliare la polverizzazione delle rocce è possibile calcinarle nel forno a 1000°. Fatto questo lavoro si riducono in polvere con molta più facilità. meglio proteggerle con un contenitore in mattoni perché potrebbero scoppiare e danneggiare le pareti del forno. Cari saluti
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Cono9
9/10/2021 01:42:23 pm
Si, ho utilizzato questa modalità col granito e facilita di molto il lavoro. Grazie Marcello, hai fatto bene a ricordare la cosa a beneficio di tutti.
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14/10/2022 01:28:28 pm
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17/10/2022 12:54:21 pm
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22/10/2022 12:18:06 am
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AutoriVesuvioLab Archivio
Ottobre 2023
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