è una storia interessante perché Karatsu, per la sua posizione geografica, di fatto è la porta del Giappone verso la Corea,
probabilmente molte delle innovazioni tecnologiche, dal tornio ai forni per le alte temperature fino agli smalti di cui parliamo, è arrivata in Giappone proprio passando di qui;
nel post di oggi parlerò solo della ricostruzione moderna dei tre tipici smalti usati nella ceramica di Karatsu;
la fonte è il testo "KARATSU WARE - A tradition of diversity" di Johanna Becker O.S.B. (Ed. Kodansha Internationale Ldt. 1986).
uno lattiginoso, traslucido, feldspatico detto choseki;
un secondo, a base di cenere di paglia di riso, instabile e screziato è detto madara (screziato, appunto) o namako;
infine c'è il tenmoku.
In effetti si può semplificare ulteriormente considerando solo due smalti base: uno con maggiore percentuale di feldspato, rispetto agli altri ingredienti; l'altro con alta percentuale di silicio (cenere di paglia di riso). Il tenmoku si ricava aggiungendo ossido di ferro a uno dei due.
Tralascio, almeno per adesso, le modalità con cui i ceramisti di Karatsu usavano e usano questi smalti, ne parlerò poi, dedicando qualche post alle tecniche tradizionali di questo luogo.
Quindi, tornando agli smalti, ecco le ricette così come sono state ricostruite.
Bisogna tenere sempre presente che si tratta di ricostruzioni;,
gli originali, infatti, contenevano materiali grezzi e differivano da luogo a luogo...
un esempio per spiegarmi meglio: il feldspato che conosciamo oggi è un materiale raffinato, praticamente puro; all'epoca, il processo di produzione prevedeva la semplice macinazione della roccia originaria ma non la successiva raffinazione e, quindi, restavano dentro anche altre componenti (di fatto altri allumino-silicati). Inevitabilmente, questo fatto comporta che oggi dobbiamo compensare il contributo di quelle componenti che nel feldspato puro non sono più presenti con maggiori quantità di argilla.
L'argilla di cui si parla nelle ricette è, normalmente, la stessa con cui sono realizzati i pezzi. Noi, di solito, utilizziamo grès bianco macinato.
La terracotta non credo funzioni bene, sia perché abbasserebbe troppo la temperatura di maturazione, sia per l'apporto non desiderato di ossido di ferro.
Resta, comunque, sempre valido il principio della sperimentazione che ci consente di personalizzare e adattare alle nostre esigenze, oltre che alle nostre possibilità, l'esperienza maturata in altri luoghi da altri ceramisti.
Allora:
Choseki (lattiginoso, traslucido) | Feldspato 40 Argilla 30 Cenere di legna 30 |

Incrementando la percentuale di cenere, oltre rendere lo smalto più opaco, si può favorire l'effetto di "sangunamento" dei disegni ad ossido di ferro sotto-smalto, mentre per fissarli e renderli netti si deve aumentare il contenuto di argilla.
(bianco opaco screziato) | Feldspato 30 Argilla 30 Cenere di legna 40 Cenere di paglia di riso 30 |

Se la quantità di cenere dovesse essere maggiore, il colore dello smalto può virare sul verde pallido come un celadon annacquato.
Valgono, anche qui, le considerazioni fatte parlando dello smalto nuka,
in mancanza di cenere di paglia di riso si può ricorrere alla cenere di paglia o di erba oppure utilizzare direttamente il quarzo puro; ovviamente questi adattamenti richiedono la calibrazione delle percentuali.
Purtroppo la foto non rende giustizia allo smalto che, in realtà, presenta una puntinatura di colore azzurrognolo.
Tenmoku | Feldspato 40 Argilla 30 Cenere di legna 30 Ossido di ferro 5 - 15 |

Il colore dipende sia dalla quantità di ossido di ferro che dall'atmosfera del forno: in ossidazione il colore tende ai toni dal bruno all'ambrato mentre in riduzione si vira verso il nero con sfumature rossastre dove lo spessore è più sottile (ad esempio sui bordi).
Nota, il tenmoku sulla tazza in foto è realizzato utilizzando come argilla una terra di Tolfa molto refrattaria (ricca di caolino) che conferisce un aspetto arido. Usando un grès la superficie diventa più lucida e vetrosa e il colte tende al nero.