oggi avevo tra le mani un pezzo,
uno di quelli cotti nell'infornata del 30 aprile scorso, di quelli preparati per Open House. è vero, non ho scritto le consuete disamine sull'ultima infornata, confesso di non averne avuto voglia, succede, il fatto è che girando quest'oggetto tra le mani è accaduto un fatto: c'è che altre volte mi è capitato, osservando una ciotola, un piatto, fatti da me, di rivedere le mie mani mentre lo foggiano, o anche di ritornare al momento in cui l'ho rivestito, smaltato; oggi no, non proprio, oggi sulla superficie ruvida, grezza; sui bordi frastagliati e rotti; nella consistenza pesante e grossolana; nella decorazione solo abbozzata; in tutto questo ho rivisto le mie mani per quello che sono, come ritratte; in tutto questo c'è come vedo ora me stesso. non tragga in inganno la sequenza di aggettivi non proprio lusinghieri, mi piace questa ciotola, mi piace molto ma il punto non è questo, il punto è che mi rendo conto di quanto la realizzazione di un oggetto la si possa considerare riuscita quanto più esso è in grado di definire il suo artefice. lo so, è cosa ovvia, in via teorica lo sapevo già, volevo solo condividere un nuovo piano, direi emotivo, di comprensione di questo semplice concetto.
2 Comments
Francesco Campoli
11/6/2016 09:08:09 pm
Devo dire che questo lavoro é quello che anche a me ha colpito di più.
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Francesco Campoli
11/6/2016 09:20:01 pm
sculturaecultura.altervista.org
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