Pensiero partenopeo
Vengo da Napoli, Città associata al Vesuvio nell’immaginario collettivo ma plasmata forse anche di più dal super-vulcano dei Campi Flegrei, che non sembra un vulcano ma lo è, eccome. Dentro ci vivono 600.000 persone. Alle falde del Vesuvio sono quasi 700.000. In mezzo la città. È strano, a pensarci, che tanta gente viva a stretto contatto con un vulcano attivo. Strano, ma così frequente in giro per il mondo. Fatalismo? Incoscienza? Sospensione della memoria? Forse semplice necessità. I vulcani sono lì che vivono in un loro tempo dilatato e inconcepibile, per noi umani, un tempo, per noi, paragonabile all’immensità, immensità che ce li fa apparire immutabili, fermi mentre tutto intorno la vita brulica; vita quotidiana di spostamenti veloci e luoghi consueti, la nostra vita fatta di macchine, schermi e aperitivi all'aperto. Solo ogni tanto, un leggero tremore della terra ferma il tempo e il sangue nelle vene. Ogni anno vado una settimana a Vulcano, nelle isole Eolie. Lungo la costa erosa dal mare e dal vento la falesia mostra le rocce stratificate che raccontano di successive eruzioni e di migliaia, centinaia di migliaia di anni, e io faccio il bagno in quel mare subito blu profondo e così, sospeso a oltre mille metri dal fondo marino, mi guardo intorno e, anno dopo anno, sembra tutto fermo, immutabile; ma poi mi immergo in acque attraversate da flussi bollenti che risalgono dal fondale; osservo la cima del monte, gialla di zolfo e fumante di gas mefitici; e no, non è tutto fermo e immutabile; solo sospeso. Lavoro con le rocce vulcaniche per rivestire i miei cocci: le raccolgo, le macino, le mescolo tra loro e con altri materiali; le fondo. Faccio smalti da ceramica. La strada porta verso il vulcano. Tutto introno la vita brulica; ma ogni tanto, in un leggero tremore, avverto il respiro profondo dell’immensità.
0 Comments
Venerdì abbiamo inaugurato la vetrina al ME.SIA S.PACE col mio "Cratere - Ceramica, ferro e vulcano". (vedi post precedente).Diverse condizioni di luce (naturale e artificiale) restituiscono diversi riflessi cromatici. Il rosso sul basamento di ferro e quello della ciotola all'interno del cratere sono di rame. Tutto il resto è ferro. Il basamento è stato realizzato da Martino Stenico, fabbro. Venerdì c'è l'inaugurazione dell'esposizione nella vetrina del ME.SIA S.PACE di una mia opera.
Per chi volesse incontrarmi, sarò lì dalle 18:00. Solo qualche giorno fa ho appreso della scomparsa di Phil Rogers. Lo considero uno dei miei maestri. Qui una piccola yunomi che feci qualche anno fa studiando il suo lavoro.
Mi piace ricordarlo con le sue parole riprese da una recente intervista: “I think it’s about what a potter injects into a piece. A lot of today’s boring, shallow, urban tablewares, usually in porcelain and with pale, uninteresting glazes, lack any sense of adventure. We potters have little to do these days other than express something in our work. People don’t NEED our pots; metal and plastic are cheaper and readily available. They buy them because they want to see an artistic expression, to feel a connection with the maker. They want to see that a potter has endeavoured to find a new avenue of exploration and succeeded by daring to fail. Safe, banal, boring work is better made in a factory and contributes little to our world of clay.” Qualche giorno fa ho pubblicato un post su Instagram: la foto di uno schizzo veloce - matita su carta - e un testo breve.
Riporto di seguito sia l'una che l'altro. Il post ha ricevuto un apprezzamento molto inferiore rispetto alla media degli altri post. Ovviamente, è possibile che ciò sia dovuto a una bassa qualità del post nel suo insieme e bisogna anche considerare che l'argomento susciti poco interesse in chi segue il mio profilo - generalmente si tratta di ceramisti e appassionati di ceramica. Il disegno non è granché, me ne rendo conto, ma mi serviva un'immagine adatta al testo; il quale, dal canto suo, presenta un contenuto difficilmente riproducibile con foto di ciotole vere: la fotografia deforma l'immagine, l'appiattisce, rendendo complicata la resa della qualità degli spazi definiti dalla forma ceramica. Però l'oggetto del post su Instagram era il testo, non il disegno. Un errore mio non aver considerato il fatto che su quel social l'immagine vale di più mentre il testo ha una funzione accessoria, di supporto o di comunicazione, oltre che di contenitore di hashtag. Il concetto espresso discende da una riflessione di Shoji Hamada e, secondo me, merita attenzione da parte di chi realizza ciotole di ceramica per lo stimolo che offre a riflettere sulla geometria e sulla percezione tattile e visiva. A quanto pare la ceramica mareroncina non piace.
Ho portato questa ciotola all'ultimo mercato nel quale ho esposto le mie cose. Naturalmente non è stata degnata di uno sguardo eppure ne è passata gente, molti si sono fermati nel mio stand e si sono lasciati attrarre dai pezzi con smalti bianchi come glassa (nuka); quasi tutti hanno apprezzato gli ineffabili azzurri (Jun); anche i butterati bianchi e rosso ruggine (shino) e gli aridi asciutti e ruvidi (arabo) hanno avuto attenzione. Diverse ciotole e vari vasetti sono stati acquistati ma lei non è stata degnata nemmeno di un'occhiata; nessuno l'ha presa e rigirata tra le mani e questo perché a uno sguardo superficiale appare marroncina, credo. Catalogato tra i marroncini, un pezzo di ceramica è praticamente spacciato, soprattutto dal punto di vista commerciale. Però lo smalto sottile, tipo shino, che riveste la questa ciotola, osservato con un minimo di attenzione rivela una gamma di colori più ricca di quanto ci si aspetti a prima vista. Insomma, al solito, le apparenze ingannano. Dal Vocabolario on line Treccani
riprodurre v. tr. [comp. di ri- e produrre] (coniug. come produrre). – 1. Produrre di nuovo quanto già era stato o si era prodotto: ... 2. a. Produrre, ricavare da un originale o da un prototipo uno o più esemplari più o meno esattamente corrispondenti ... rielaborare v. tr. [comp. di ri- e elaborare] (io rielàboro, ecc.). – Elaborare di nuovo, con criterî e fini diversi ... Dopo tanti anni, il processo di apprendimento e di crescita continua a essere la successione delle due azioni definite dai verbi riprodurre e rielaborare. Osservare il lavoro di ceramisti antichi e contemporanei. Riprodurne (o tentare di farlo) il loro lavoro per coglierne l'essenza per poi rielaborarlo secondo il mio stile. Sempre più spesso, ultimamente, la fase di riproduzione avviene solo su carta ma non smetto di dedicare tempo a questo aspetto del processo. Soprattutto mi piace ancora farlo. Per esempio la ceramica etrusca ... chissà, l'anno prossimo, magari. Intanto studio BoccaneraQuasi uno shino classico; tre quarti di feldspati e felspatoidi e un quarto di argille. In più c'è l'aggiunta di carbonato di sodio; e quest'ultimo è il responsabile dell'orlo nero che borda la bocca della ciotola. Il carbon trap, un effetto tipico degli shino di scuola statunitense. L'effetto è limitato e complessivamente lo smalto non rientra a pieno titolo nella categoria degli shino detti, appunto, carbon trap. Il carbon trap (trappola del carbonio) si produce per la presenza del carbonato di sodio che anticipa la fusione dello smalto rispetto a quanto non avvenga normalmente alle alte temperature. Lo smalto inizia a+'098fondere già durante il picco della fase di riduzione, che inizia intorno ai 970°C e prosegue fino a oltre i 1000°C per poi iniziare a decrescere all'aumentare della temperatura. Poiché durante la fase di forte riduzione si producono fumi all'interno del forno, fumi che contengono carbonio, questi vengono catturati dalla massa fondente dello smalto dove restano intrappolati conferendo la colorazione grigio/nerastra. La spiegazione è estremamente semplicistica ma spero che il concetto sia chiaro. Gli smalti definiti a carbon trap contengono quantità elevate di carbonato di sodio, normalmente non presentano le smagliature degli shino tradizionali (crawling) ma sono lisci e lucidi e presentano macchie più o meno estese che virano sui toni del grigio e del nero. Sono stati sviluppati negli Stati Uniti negli anni '60. Qui, invece, ho riprodotto uno shino tradizionale con i suoi "difetti" tipici: - le smagliature (in inglese crawling) e le puntinature (pineholing); - i salti di colore dal bianco al ruggine al rosso, sono funzione dello spessore dello smalto. Il rosso è dato dalla cristallizzazione dell'ossido di ferro presente sul corpo del pezzo (e non nello smalto). Gli originali giapponesi, e comunque gli shino che sono sottoposti a cotture estremamente lunghe, fanno emergere la colorazione rossa anche in punti dove lo smalto è piuttosto spesso. MacchiaQuesta ciotola presenta una delle formulazioni più semplici dello smalto shino, composta solo da nefelina e ball clay.
Valgono anche qui le stesse considerazioni sui difetti tipici dello smalto shino e quelle sui colori di cui ho parlato prima. In questa versione dello shino non c'è carbonato di sodio, quindi niente chiazze grigio/nere. In più su questa chawan, ho aggiunto uno schizzo di ossido di ferro. Il prossimo fine settimana (10-11 ottobre) sarò alla Fiera dell'Artigianato e del Design con tante novità della produzione di primavera ed estate 2020.
I dettagli nella pagina Eventi. Un celadon del Monte CiminoSmalto di cenere di legna di pino (lavata); roccia del Cimino (probabilmente una trachite); quarzo.
Il colore, tenue, è quello del celadon. Un tenero celadon che ricava l'ossido di ferro (agente colorante) sia dalla roccia che dalla cenere (la legna di pino è tra quelle che contengono più ossido di ferro). Le colature sono quelle tipiche degli smalti di cenere. Il quarzo, un 20% circa, l'ho aggiunto semplicemente per mancanza di coraggio. Lo dico perché adesso sto cercando di ricordare, senza riuscirci, il motivo che mi ha impedito di utilizzare una semplice formula 50/50 roccia-cenere; allora devo pensare che avessi bisogno di inserire il materiale nuovo (la trachite) tra almeno due materiali conosciuti (cenere e quarzo). Questa scelta, in qualche modo, deve avermi rassicurato. Naturalmente tutto ciò accade per la pigrizia; altrimenti avrei preparato i provini per una linear blend (una serie di miscele variabili tra due materiali) e, successivamente, per testare una composizione a tre materiali. Insomma quello che si deve fare in caso di sperimentazione di un muovo materiale. Ok, allora farò così. Intanto, per essere chiari, trovo questa ciotola bellissima. |
AutoriVesuvioLab Archivio
Ottobre 2023
Categorie
Tutti
|