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Forno di maggio - Disamina 2

22/6/2019

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Il Progetto

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Continuo a chiamarlo Irabo;
Irabo è il termine giapponese che indica un particolare tipo di smalto da ceramica composto solo da cenere di legna e argilla;
ne ho già parlato QUI                                        e QUI;
post del 8/3/2019 “Irabo”
post del 29/11/2014 “Gli smalti 4 – Irabo”
quindi si tratta di un proto-smalto;
proto: dal greco πρωτος (protos): il primo; 
con questa semplice miscela… con l’aggiunta di argilla alla cenere di legna, di cui si era intuita la funzione vetrificante e coprente, inizia, molto probabilmente, la piena consapevolezza dell’uso del rivestimento smaltante in ceramica. L’argilla serve per stabilizzare la cenere che altrimenti, alle alte temperature, colerebbe.
Alcune volte è così: quattro righe per spiegare diversi secoli di lavoro, studio, sperimentazioni, prove, fallimenti, intuizioni, errori, incidenti fortuiti. 
Poi la conoscenza si mette in viaggio: prima i cinesi, poi i coreani, infine i giapponesi;
​ognuno con la propria sensibilità, cultura e, soprattutto, con i materiali a 
disposizione.
Questa è la storia.
Molto dopo, in epoca moderna, con alle spalle l’evoluzione millenaria dell’uso degli smalti, ogni tanto qualcuno ricomincia da qui: dal proto-smalto; dalla miscela di argilla e cenere di legna.
Oggi, però, nel bagaglio del ceramista ci sono conoscenze di chimica, di fisica e di mineralogia, oltre alla possibilità di approvvigionarsi di materiali prodotti industrialmente o provenienti da posti diversi e 
lontani.
Le possibilità sono maggiori, ma questo non ci rende migliori, sicuramente abbiamo perso la sensibilità nel trattare i materiali che abbiamo tra le mani; è un concetto generale, anche il fuochista, per esempio, oggi dispone di computer che controllano la cottura, di pirometri e tutta la strumentazione per la regolazione del fuoco ma pochi o nessuno saprebbe dedurre la temperatura dal colore della luce nel forno.
Nozioni e tecnica da un parte; sensibilità dall'altra: è così? c'è un equilibrio da ricercare tra queste diverse facoltà?
Le maggiori conoscenze e la strumentazione sofisticata ci devono rendere più responsabili. 
Recuperare tecniche antiche non vuol dire rifiutare l'ampio contenuto del nostro bagaglio ma, al contrario, ci mette nelle condizioni di operare consapevolmente attingendo alle conoscenze che scienza e tecnica ci mettono a disposizione... affinando così la nostra sensibilità.
Ne ho già parlato; ne parlerò ancora; è un tema centrale della nostra epoca.
Sono partito dalla formulazione che prevede l’uso di terracotta, quindi di un’argilla fusibile, in rapporto 50/50 con la cenere di legna lavata.
Non sono certo dell’origine di tale formulazione: cinese? coreana?
immagino che la prima, la proto-formula, fosse diversa; probabilmente prevedeva l’uso di gres, cioè della stessa materia usata per foggiare il corpo dei pezzi da rivestire; così come la cenere, molto probabilmente, non era lavata.
Ecco che con due semplici ingredienti si è già aperto un ampio ventaglio di possibilità;
poi ci sono da considerare l’effetto dello spessore di questo smalto e l’interazione con l’argilla sottostante.
Procedo modificando un parametro alla volta. 
Allora, tenendo a mente il tema dell’infornata di maggio: l’Autunno, vediamo come ho declinato il mio proto-smalto.
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Precisazioni a carattere generale: 
ho mantenuto fissa la formulazione 50/50 terracotta/cenere lavata;
la terracotta è una semplice terraglia rossa commerciale;
la cenere lavata è di legno di pino;
il corpo è di grès bianco;
le variazioni consistono nell’aggiunta di ossidi metallici per modificare il colore dello smalto.
In un prossimo post presento, per lo stesso smalto, sia la variazione dell’argilla del corpo che la presenza di un altro smalto sotto l'irabo.
Annoto sul diario la necessità di riprendere la sperimentazione con la cenere vulcanica, sia miscelata con la cenere di legna, al posto della terracotta, che viceversa. Nel secondo caso uscendo dalla categoria irabo. Forse anche il primo caso è fuori ma trovo la cosa irrilevante.

Ciotola A

Qui ho usato lo stesso smalto sul medesimo gres del corpo usati per i pezzi del post richiamato sopra (“Irabo” del 8/3/2019). 
Anche su questo pezzo ho dato schizzi di iron stain.
È chiaro, che quello che cambia, tra questa ciotola e quelle del post di marzo, è lo spessore dello smalto;
qui c'è solo una pallida e piatta colatura verdastra, lì le colature hanno corpo e spessore e caratterizzano, definendolo, tutto il rivestimento.

A pensarci bene anche lo smalto… qui la cenere usata è di legno di pino, nell’altro caso era di quercia. Per adesso, però, penso di più allo spessore;
questo vuol dire che seguiranno prove con spessori maggiorati.

Comunque devo ricordarmi di riprovare con la cenere di quercia.
Il risultato è una ciotola dall’aspetto un po’ troppo arido, con poca profondità nel colore e priva di elementi decorativi che, risaltando, prendano rilevanza.
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Ciotola B

Lo smalto è lo stesso di prima, pure sul medesimo gres bianco e con gli schizzi di iron stain, ma con aggiunta di diossido di titanio puro in ragione del 2%; in progetto pensavo di metterne meno, l'1%.
Diossido: il suffisso di-dal greco δις (dis) che significa due, doppio; equivalente del latino bis, quindi è come dire biossido; due atomi di ossigeno e uno di titano: TiO2. 
Qui l’ossido è puro, una polvere bianca.
Il titanio tende a far virare il colore verso i toni del giallo.
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Ciotola C

Ancora stesso smalto e stesso gres bianco stessi schizzi, ma con aggiunta nello smalto di Rutilo in ragione del 5%;
Il rutilo è… biossido di titanio.
Non mi è ancora chiara la differenza con il biossido di titanio puro. Il rutilo si presenta come una polvere marrocina. Probabilmente, essendo un minerale naturale e non estratto chimicamente contiene delle impurità. 
Qui è difficile cogliere le differenze tra i due smalti perché la percentuale di biossido di titanio introdotta nella ciotola B è meno della metà di quella del rutilo nello smalto C.
​Insomma, devo approfondire.
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