Oggi, insieme a Martino, che ringrazio, ho iniziato a costruire il nuovo forno. Martino è il padrone di casa, è un fabbro, è uno che sa fare le cose e soprattutto è uno che ha voglia di farle. Già che ci sono, oltre a Martino devo ringraziare la sua splendida moglie, Francesca, che ha avuto e ha un ruolo determinante nel creare le condizioni perché questo progetto si concretizzi. Nell'ultimo post sui forni, ad agosto, avevo parlato del vecchio forno che ho smontato. Oggi inizio a parlare del nuovo forno che stiamo per realizzare. Cominciamo dal luogo: nelle campagne tra Ardea e Aprilia, tra i vigneti; dentro quello che era il recinto esterno di una stalla, sotto un grande olmo Uno sguardo al progetto: le misure, la posizione... ... ben liscia.
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Venerdì scorso, il 14 di agosto, ho iniziato le operazioni per lo spostamento del forno. Ne avevo già parlato, ora l'opera è avviata; il primo passo, naturalmente, è stato quello di smontare il forno che stava in Sabina; non è stato un passo facile, non voglio dire doloroso ma sicuramente non l'ho fatto a cuor leggero, in fondo quel forno che poi dovrei dire quei forni perché l'ultimo è stato il risultato di una lunga evoluzione, quel forno, dicevo, con tutto il suo contorno: lo spazio esterno dove era collocato, la stanza che usavamo come laboratorio, tutto insieme rappresenta la nostra storia con la ceramica fino ad oggi; come si dice in questi casi: finisce un'epoca. Per fortuna, a mitigare l'inevitabile malinconia so che a breve inizierà una nuova avventura: il progetto del nuovo forno è quasi pronto, ne parlerò presto; nelle campagne del basso agro romano, giù verso il mare, Martino ha già individuato il luogo per il laboratorio e il forno nuovo abbiamo iniziato a lavorarci... Ma per oggi chiudo con le foto dell'ormai "vecchio forno" mentre lo smonto Qui sotto la volpina appena ho tolto il tetto Un'ultima occhiata all'interno la parte interna della volta di copertura è ancora su mentre la parete frontale è ormai quasi del tutto andata ed ecco ormai solo un cumulo di mattoni
… vediamo …
è qualche giorno che mi giro tra le mani ciotole e piattini usciti dal forno del 1° maggio credo sia il momento di iniziare ad esaminarli più in dettaglio ma non so bene da dove iniziare forse posso iniziare mettendo le mani avanti ‘ché le mani avanti, se le devi mettere, e meglio metterle subito Dunque, le mani Le mani dicono, Non aspettatevi cose belle, gradevoli, desiderabili; certo, semmai qualcuno ha trovato belli, gradevoli, desiderabili i nostri cocci; le mani dicono, Un forno sperimentale, come questo, si può dire riuscito se è in grado di fornire le informazioni richieste, non se produce bei pezzi. E questo andava detto. Quindi, per la prima disamina, un pezzo facile: una coppia di ciotole, forse tra le poche cose non strettamente sperimentali, Una coppia di ciotole aperte, molto aperte; argilla refrattaria di colore rosso chiaro foggiata a pizzico; smalto nuka con inserto in tea dust tenmoku, si vede, all'interno, anche un alone definito da un bordo scuro, si tratta di una pennellata sottos-malto di iron stain, volevo verificare l'effetto coprente di questo smalto. Il nuka, all’esterno, ha perso il biancore ed è virato sul trasparente, credo sia un problema legato allo spessore e, forse, all’esposizione alla fiamma con conseguenti temperature molto elevate; ma propendo più per lo spessore. Mi ero ripromesso di non scrivere più fino a quando non avessi, finalmente, fatto la cottura che aspettava da mesi;
sul foglio degli appunti con l'elenco dei pezzi da cuocere e gli smalti corrispondenti c'è scritto "Forno di gennaio 2015", quindi un giorno ho detto, Basta! del resto l'attività sul blog dovrebbe seguire quella fatta con l'argilla e il fuoco, non viceversa insomma, eccomi vuol dire che ho infornato che ho cotto; ancora non so come sono venuti i pezzi ma l'importante è aver ripreso, poi, certo, il risultato... devo ricordarmi che si tratta di un'infornata sperimentale tanta cenere, anche pura, cenere e argilla, smalti originari di Corea e Giappone, non ho pensato molto a produrre oggetti belli che mi piacessero, quello che mi interessa è capire come funzionano alcuni materiali in particolare approfondire la mia conoscenza della cenere; insomma, vedremo intanto, qui le foto mentre caricavo il forno Con questo capitolo chiudo, almeno per adesso, il ciclo sulla monocottura;
ci tornerò la prossima volta che ci capiterà di fare un'infornata a cottura singola provando a verificare quanto ho raccontato fin qui. Quindi, oggi i temi sono due: preparazione degli smalti e modalità di smaltatura. La preparazione, qui c'è poco da dire di più rispetto alle consuete procedure: miscela a secco dei componenti, diluizione in acqua, passaggio a setaccio; se, però, si volesse aggiunta la bentonite (post del 5 dicembre scorso) allora bisogna fare attenzione perché si possono formare dei piccoli fiocchi o filamenti grigi in sospensione sulla superficie dello smalto, per evitare questo problema si può operare in vari modi: - se lo smalto è ancora da preparare, allora conviene aggiungere anche la bentonite a secco prima di diluire il tutto in acqua; - se lo smalto è già pronto ma non c'è dentro la bentonite, allora, prima di aggiungerla conviene trattarla separatamente tenendola in ammollo in acqua per alcune ore, oppure, in alternativa, se non c'è tempo per aspettare che la bentonite si idrati, è possibile mescolarla in poca acqua con un minipimer. Infine, ripeto quanto già detto, la cosa principale è il contenuto d'acqua; perché l'argilla del pezzo assorba in fase di smaltatura la minor quantità d'acqua è importante che lo smalto sia denso, più denso possibile, compatibilmente con le modalità di applicazione e con lo spessore voluto; sicuramente più denso di quanto non sia quando, lo stesso smalto, è applicato sui biscotto. L'applicazione, in generale può avvenire in tutti i modi consueti: per immersione, versando lo smalto sul pezzo, a pennello, a spray; ho già parlato del momento per smaltare, se lo si fa a durezza cuoio è bene non anticipare troppo; lo spessore dipende dalle esigenze ed è condizionato dalle modalità di applicazione, è chiaro che la tecnica a spray consente l'applicazione di strati molto sottili che possono essere sovrapposti senza grossi problemi anche perché si asciugano rapidamente; l'immersione credo sia il modo più rischioso perché il pezzo appena smaltato assorbe acqua e diventa fragile, inoltre è più difficile controllare lo spessore; l'applicazione a pennello è una via di mezzo e, con un po' di pratica, consente più o meno le stesse cose dello spray. Quando dico, con un po' di pratica, non mi riferisco tanto alla mano che usa il pennello quanto a quella che intanto maneggia il pezzo. Per quanto riguarda lo spessore, poiché, molto spesso, gli smalti da monocottura contengono quantità importanti di componente argillosa (caolino, bentonite, terracotta, ball clay, ecc) lo spessore dello smalto umido può apparire maggiore di quanto realmente non sia a causa della tendenza delle argille a rigonfiare quando è imbevuta d'acqua. Infine, ripeto uno dei concetti principali della smaltatura di pezzi ancora crudi: smaltare un lato (interno/esterno) alla volta e aspettare che si asciughino completamente, parete del pezzo e smalto, prima di smaltare l'altro lato. Detto ciò, se qualcuno, avendo provato la monocottura o lavorandoci abitualmente, volesse condividere la propria esperienza può scrivere e raccontare. nei post sulla monocottura
parlando della preparazione degli smalti adatti a questo processo ho accennato alle esperienze di Steven Hill il quale, nella sua personale ricerca durata oltre venti anni, ha tentato si sfatare la comune credenza che vuole per gli smalti da monocottura un contenuto di argilla importante, fino al 30% del totale; Steven Hill, che lavora smaltando pezzi a secchezza osso, è arrivato a comporre smalti con un contenuto di argilla tra il 5% e il 10% l'unica accortezza di cui riferisce, è l'uso di un particolare additivo: la bentonite in quantità pari al 2% o 3%. Questo materiale, appartenente alla famiglia delle argille, è un prodotto della decomposizione delle ceneri vulcaniche ha una composizione chimica simile alle altre argille (un allumino-silicato di magnesio con sodio) ma presenta proprietà fisiche differenti che ne impediscono lo stesso utilizzo a causa: - della forte tendenza a rigonfiare quando viene a contatto con l'acqua; - della peculiare proprietà a virare alla consistenza di gel; - della forte vischiosità; - del ritiro notevole in fase di asciugatura. La bentonite, quindi, è generalmente utilizzata per incrementare la plasticità degli impasti argillosi per questa funzione è sufficiente aggiungere quantità di bentonite pari a 1% o 2% del totale quantità analoghe sono utilizzate negli smalti come agente di sospensione per rallentare la sedimentazione delle particelle più pesanti. La bentonite andrebbe introdotta agli altri componenti dello smalto quando sono allo stato secco, prima dell'aggiunta dell'acqua, altrimenti non si miscela correttamente. Tornando agli smalti da monocottura l'aggiunta di quantità di bentonite variabili da 1% a 6% rende praticamente qualsiasi smalto adatto alla monocottura anche per smaltare pezzi a durezza cuoio data la tendenza ad incrementare il ritiro infatti, gli smalti che contengono poca argilla, possono meglio adattarsi al ritiro dell'argilla del pezzo fino alla fase di secchezza osso; naturalmente risulta utile la proprietà di agente di sospensione soprattutto in fase di applicazione; inoltre, conferisce resistenza allo strato di smalto una volta essiccato sul pezzo. La bentonite non modifica in maniera sensibile la superficie dello smalto una volta cotto e ha effetti piuttosto limitati sul colore. Dando per acquisito quello che ho già detto nei precedenti post sull'argomento
vediamo come regolarsi se si decide di smaltare i pezzi crudi quando si trovano a durezza cuoio; i due punti chiave sono sempre gli stessi: ritiro relativo smalto/argilla e condizioni del pezzo da smaltare; in questo caso, lo smalto dovrà seguire il ritiro che l'argilla del corpo deve ancora scontare tra lo stato a durezza cuoio e quello a secchezza osso; del resto, i pezzi a durezza cuoio sono molto meno fragili e delicati di quelli secchi. Per compensare il ritiro si usano, di solito, smalti e ingobbì ricchi di componente argillosa: argille, terraglie, terrecotte, caolini, ball clay fino al 30% del totale si tratta, è chiaro, di una regola a carattere del tutto generale la regola principale resta sempre la stessa: sperimentare infatti esistono smalti con componenti argillose modeste o proprio assenti che però funzionano bene lo stesso perché contengono, ad esempio, ossa calcinate o ossido di zinco i quali contribuiscono ad aumentare il ritiro complessivo dello smalto inoltre, ciò che conta è la compatibilità argilla/smalto e quindi bisogna conoscere la percentuale di ritiro dell'argilla che potrebbe (e dovrebbe) essere contenuto con aggiunta di chamotte o sabbia insomma, la parola finale sulla compatibilità la può dare solo una prova sperimentale. Lo spessore dello smalto dovrebbe essere leggermente maggiore rispetto a quelli previsti a secchezza osso o sul biscotto dal momento che l'argilla ancora umida ha una minore capacità di assorbire (deve prima liberarsi della propria acqua) in queste condizioni le pareti di argilla smaltate tendono ad indebolirsi ecco perché si consiglia di realizzare pezzi con pareti un po' più spesse quando si decide di smaltarli ancora a durezza cuoio. Diciamo che il primo forno in monocottura andrebbe preparato con pezzi realizzati con diverse argille e rivestiti con diversi smalti incrociando i materiali e provando diverse soluzioni in fase di smaltatura le cose venute meglio, dal punto di vista funzionale, quindi quei pezzi che non si sono danneggiati, che risultano ben impermeabilizzati dallo smalto e privi di difetti dello smalto indicheranno la strada da percorrere. Spesso può sembrare semplicistico rimandare alla sperimentazione però, come dicevo ieri, le variabili sono talmente tante che la ricerca del punto di equilibrio è veramente complessa e necessariamente personale; qualcuno potrebbe dirvi con quale argilla lavorare, come realizzare il pezzo, con quali caratteristiche geometriche e come comporre lo smalto e quando smaltare e come farlo poi, magari, lui ha un forno elettrico e voi a gas e questo fatto potrebbe rimettere tutto in discussione. E' così, e per me è l'aspetto più interessante della cosa. Come dicevo la volta scorsa,
la prima decisione da prendere, quando si è deciso di lavorare in monocottura, riguarda le modalità di smaltatura, in particolare, se si smalta il pezzo a secchezza osso oppure a durezza cuoio; non mi ripeterò, quindi, per oggi, diciamo che abbiamo deciso di smaltare i pezzi a secchezza osso in questo caso la scelta, per la realizzazione dei pezzi, ricadrà su argille plastiche che presentano, in genere, ottime caratteristiche meccaniche a secchezza osso; di solito, come detto, si tratta di argille o impasti che contengono quantità importanti di ball clay: per chi volesse preparare il proprio impasto rimando a quanto abbondantemente pubblicato su carta e in internet, (elencare formule che non ho nemmeno sperimentato non mi piace) per chi, invece, vuole usare argille commerciali può partire da impasti di porcellana o grès, poi si deve sperimentare ed eventualmente apportare qualche correzione: le alterazioni tipiche prevedono l'aggiunta di ball clay per migliorare la resistenza secchezza osso e se necessario grog o chamote per compensare l'eccessivo ritiro; infatti, la presenza importante di ball clay comporta un elevato ritiro durante l'asciugatura particolare che, come dicevo l'altra volta, sconsiglia la smaltatura di questo tipo di impasto a durezza cuoio a causa delle possibili incompatibilità col ritiro degli smalti. Per la smaltatura vera e propria è necessaria qualche accortezza: l'argilla secca, infatti, assorbirà l'acqua contenuta nello smalto, rigonfiando per ridurre il problema è meglio usare uno smalto "grasso" con poca acqua oppure inserire nella miscela un deflocculante (di cui dirò qualcosa presto); inoltre bisogna ricordare di smaltare prima l'estero e poi l'interno o viceversa, l'importante e che dopo aver fatto uno dei due lati si aspetta che lo smalto e l'argilla del corpo siano completamente asciutti prima di passare dall'altra parte; infine, chi ha la strumentazione, può smaltare a spray in modo da dosare al meglio quantità di smalto e, perciò, l'acqua. Mi sembra di aver detto poco eppure con queste scarne nozioni ho iniziato a fare qualche esperimento e la risposta è stata incoraggiante; almeno sul piano funzionale, l'aspetto estetico qui non interessa; per farsi un'idea si veda la pagina del sito Estate 2014. La prossima volta dirò come muoversi nel caso di smaltatura a durezza cuoio. C'è una vecchia regola secondo cui gli smalti per la monocottura debbano contenere una quantità di almeno il 20% di argilla;
in realtà le cose non stanno proprio così, l'esperienza di alcuni ceramisti, ad esempio John Britt e Steven Hill, dimostra che si può utilizzare praticamente qualsiasi tipo di smalto a patto di avere chiari alcuni concetti, uno in particolare: la compatibilità tra argilla e smalto. Come al solito, trattando di ceramica, è importante cercare un punto di equilibrio tra diversi fattori: non si tratta di considerare buono un tipo di smalto e inadatto un altro tipo, così come non è necessario escludere una tipologia di argilla per privilegiarne un'altra in via assoluta, come al solito, dicevo, è necessario adattare lì'argilla con cui è realizzato il pezzo, le modalità con cui si smalta (in particolare in quale punto di essiccazione si trova l'argilla quando viene smaltata) e il tipo di smalto. La questione da porre, quindi, riguarda la compatibilità tra l'argilla del corpo e lo smalto, in particolare, è necessario che i due elementi abbiano lo stesso ritiro. Chi ha esperienza di ingobbi sa di cosa parlo, l'argilla, asciugandosi, tende a ridurre il proprio volume ne consegue la riduzione delle dimensioni del pezzo tra la foggiatura, la fase a secchezza osso e, infine, dopo la cottura, è chiaro che questa riduzione riguarda anche l'argilla presente negli smalti, ed è noto che la quantità di questa riduzione non è uguale per tutte le argille ma varia, e non di poco, tra argille plastiche e non plastiche, tra argille che contengono sabbia o chamotte e argille fini, insomma, anche se è difficile avere una conoscenza esatta della percentuale di ritiro nelle varie fasi per le diverse argille, non è poi difficile averne un'idea di massima, ed è un buon inizio. A questo punto si aprono due strade: smaltare i pezzi quando si trovano allo stato di durezza cuoio oppure smaltarli a secchezza osso; nel primo caso sappiamo che il pezzo deve ancora "scontare" parte del ritiro, sarà necessario utilizzare smalti che contengano argilla affinché seguano meglio il ritiro del pezzo stesso; nel secondo caso, poiché il ritiro tra secchezza osso e biscotto è minimo, possiamo pensare di procedere quasi come se stessimo smaltando un biscotto; in questo caso non è necessario formulare lo smalto con alte percentuali di argilla. La scelta può essere determinata da varie cause; Steven Hill, ad esempio, riferisce di aver scelto di smaltare i puoi pezzi a durezza osso per un motivo pratico, infatti, la smaltatura a durezza osso rende libero il ceramista di smaltare quando vuole, una volta che l'argilla si è essiccata può rimanere lì sullo scaffale ad aspettare, se si sceglie di smaltare a durezza cuoio questa libertà non c'è più, in questo caso comanda l'argilla che transita allo stato di durezza cuoio in un preciso momento e si deve smaltare in quel preciso momento. Fatta la scelta ne viene di conseguenza un'altra: l'argilla, dividendo le argilla in due gruppi: le plastiche e le non plastiche; le prime presentano un ritiro elevato e ottime caratteristiche meccaniche a secchezza osso, di solito contengono quantità importanti di ball clay (nelle formulazioni proposte da Hill la ball clay raggiunge il 40% del totale); di contro, smaltare pezzi realizzati con argille plastiche quando si trovano allo stato di durezza cuoio può dare qualche problema causato dalla loro tendenza ad assorbire molta acqua; le argille non plastiche, invece, presentano un ritiro minore, assorbono meno acqua e sono più fragili allo stato di secchezza osso, quindi, sono più adatte alla smaltatura in fase di durezza cuoio. In via del tutto generale, parlando di alte temperature, di solito sono plastici le porcellane e alcuni tipi di grès; altri gres e argille refrattarie tendono ad essere meno plastici. Ognuno dei due metodi presenta qualche difficoltà: l'argilla a secchezza osso è molto fragile ma si adatta bene agli smalti usati per i biscotti; la durezza cuoio rende la smaltatura più semplice ma presenta qualche difficoltà in più nella formulazione corretta dello smalto (ai fini della compatibilità del ritiro argilla/smalto). La prossima volta cercherò di fornire qualche dettaglio in più sui due metodi di lavoro. Riprendo il discorso sulla monocottura,
inizio daccapo il post del 19 giugno scorso, come non fosse mai stato scritto, da allora è accaduto che ho fatto una monocottura un'esperienza pratica che mi aiuta a ragionare meglio dunque credo sia chiara la differenza tra cottura singola o monocottura e cottura doppia: biscottata (primo fuco) e smaltatura (secondo fuoco) in sostanza nella monocottura si elimina la fase della biscottaura e si mettono i pezzi nel forno crudi e già smaltati si tratta di un processo antico sicuramente la doppia cottura è un metodo che potremmo definire moderno del resto, parlando degli smalti, abbiamo visto come nelle prime cotture ad alta temperatura si formava accidentalmente una patina vetrosa, poi sfruttata spolverando i pezzi con argilla e cenere prima di infornarli ecco, questo si può considerare il primo processo di smaltatura e avveniva, di fatto, in monocottura. Le cose sono andate avanti così per secoli anche quando gli smalti hanno cominciato ad essere più strutturati, dalla composizione più complessa e consapevole allora, perché si è passati al doppio fuoco? direi, principalmente per motivi pratici smaltare un pezzo crudo è piuttosto rischioso gli smalti vengono dati allo stato liquido l'argilla cruda anche se secca, assorbendo acqua, perde rapidamente le proprie caratteristiche meccaniche si indebolisce, rigonfia e se poi non si asciuga adeguatamente può esplodere in cottura, inoltre, quando è cruda, durante la prima fase della cottura rilascia gas e vapore acqueo che, nel caso della monocoltura, devono attraversare lo strato di smalto ancora crudo e c'è il rischio che lo danneggino; credo sia piuttosto intuitivo comprendere che la smaltatura di un biscotto, quindi di un pezzo... come dire, solido, dalle caratteristiche fisiche e meccaniche stabili sia più semplice e sicuro, inoltre, se si commette un errore si può lavare il pezzo e rismaltarlo, è anche più semplice operare smaltature parziali con rimozione di parti di smalto eccedente insomma, si: è un processo più semplice e sicuro. Quindi i motivi per cui è invalso il sistema della doppia cottura mi pare sia di natura pratica. D'altro canto, gli estimatori della monocottura, sostengono che con questo sistema si risparmia lavoro, tempo e combustibile (o energia elettrica), è vero? non tutti sono d'accordo probabilmente è vero sicuramente il rischio di rotture e danneggiamenti è maggiore sia in fase di smaltatura che in cottura e quindi il conto del tempo e del costo eventualmente risparmiati si fa più complesso Il punto decisivo, però, sembra un altro e su questo ho iniziato a riflettere durante la mia prima esperienza; la monocottura è un processo piuttosto difficile richiede sicurezza e certezza nel gesto e nelle intenzioni la fase di smaltatura non consente ripensamenti non perdona errori non concede nulla alle eventuali debolezze dei pezzi - differenze di spessore, bordi sottili, stati di stress durante l'essiccazione - in cottura richiede attenzione fin dall'accensione del forno, tutte le cautele del primo e del secondo fuoco messe insieme; proprio per questo, però, crea una stretta relazione tra il processo di foggiatura e quello di smaltatura, la decorazione, insomma, ritorna ad essere un'estensione della fase di creazione della forma se si smalta un pezzo foggiato poco prima si chiude subito il processo iniziato quando ci si è messi al tornio con una palla di argilla l'intenzione iniziale è ancora viva e più probabilmente se il lavoro è onesto e la mano è allenata il pezzo avrà personalità e carattere insomma, sarà un buon pezzo. Certo acquisire immediatezza nella smaltatura richiede una buona confidenza col gesto e non è facile. In effetti il biscotto, se ci si pensa, è un oggetto spento neutro privo della vitalità che ancora c'è nello stesso pezzo prima della cottura. La connessione stretta tra foggiatura e smaltatura la rimozione di tutto il tempo che passa tra quando il pezzo lo realizziamo e quando alla fine abbiamo tra le mani un biscotto da smaltare sono, probabilmente, i motivi più rilevanti tra quelli che possono rendere interessante, oggi, il processo di monocottura. Nei prossimi post sull'argomento cercherò di fornire le conoscenze tecniche di base, i fattori da valutare, diciamo i primi elementi teorici per procedere con questo sistema; tutto il resto sta nella comprensione di quanto ho cercato qui maldestramente di raccontare. |
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Ottobre 2023
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